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 2014  novembre 20 Giovedì calendario

«L’Eurozona sull’orlo della deflazione». Il dg Rossi si appella alla Banca Centrale: credibilità sulla stabilità dei prezzi Dagli ultimi verbali, forte spaccatura nella Fed sui tempi del rialzo dei tassi

«L’area dell’euro è sull’orlo della deflazione». Tocca a Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia, lanciare un nuovo allarme sul virus che continua a indebolire una ripresa già fiacca. Le misure di contrasto messe in campo dalla Bce hanno finora contribuito a esacerbare le tensioni all’interno del board dell’Eurotower, senza produrre risultati efficaci nella lotta al calo generalizzato dei prezzi. Poche cifre servono a Rossi per inquadrare la gravità del fenomeno: in ottobre, «solo due Paesi su 18 hanno evidenziato un tasso d’inflazione superiore all’1%». Il target del 2% appare sempre più lontano, come visto da un binocolo rovesciato, mentre la deriva deflazionistica fa danni. Il braccio destro del governatore, Ignazio Visco, li mette tutti in fila, uno dopo l’altro: dalla risalita dei tassi d’interesse reali, all’impatto sul risanamento dei Paesi molto indebitati. Poi, Rossi va al cuore del problema, tirando in ballo la Banca centrale guidata da Mario Draghi: «La credibilità della Bce nel cogliere l’obiettivo della stabilità dei prezzi è chiamata in causa». Già, qui sta il punto. Secondo molti analisti, l’istituto di Francoforte dovrebbe rompere gli indugi e comprare titoli di Stato. Un’opzione che Draghi, ancora pochi giorni fa, non ha escluso. Ben sapendo, tuttavia, che l’impiego del bazooka monetario è osteggiato dalla Bundesbank e dai suoi alleati in seno al consiglio. Che l’argomento sia delicatissimo è ben chiaro anche alla Commissione Ue. Al punto che lunedì prossimo, quando presenterà le opinioni sulle leggi di bilancio 2015 di 16 Paesi, il rapporto annuale sulla crescita nella Ue e forse il piano d’investimenti da 300 miliardi, si potrebbe profilare una vera svolta. Secondo Radiocor, Bruxelles si asterrebbe dal richiedere immediate manovre aggiuntive, all’Italia o ad altri Paesi, e rimanderebbe alla primavera il giudizio sull’avanzamento delle misure di consolidamento e sulle riforme. Una linea volutamente morbida, incoraggiata dalla stessa Germania, per evitare che Draghi sia costretto a usare la più estrema delle armi non convenzionali. Fonti Ue affermano, tuttavia, che «nel weekend le luci ai piani alti resteranno accese a lungo» per definire le posizioni. 
La partita sulla flessibilità è, dunque, ancora aperta. Così come quella alla Fed sul timing del rialzo dei tassi. Dagli ultimi verbali, diffusi ieri, emerge che qualche banchiere voleva rimuovere dal comunicato ufficiale l’aggettivo «considerevole» in merito al tempo che può passare tra la fine del QE e l’inizio della stretta. Ma alla fine l’aggettivo fu lasciato per non creare malintesi con i mercati.