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 2014  novembre 20 Giovedì calendario

Elena Del Drago racconta le coppie di artisti del ’900: Camille Claudel e Rodin, Lee Miller e Man Ray, Gilbert e George e tutti gli altri. Il suo libro, C’eravamo tanto amati, racconta con passione vita e arte di ventuno coppie famose, colte non all’apice della loro fama ma all’inizio del loro sodalizio. Unioni spesso sbilanciate proprio nel ricalcare il teorema guida e discepolo

È l’estate del 1929. Lei è una modella di 22 anni di bellezza folgorante. Lui ne ha 17 di più, è un artista celebre nella Parigi dei Picasso, Cocteau, Duchamp, Breton. Lei vuole fare la fotografa e bussa con tanto di raccomandazione scritta da Edward Steichen alla sua porta, a Montparnasse, inutilmente. Delusa, scende al bar, ordina un Pernod e se lo vede davanti. «Sono la vostra nuova allieva» gli dice sfrontata. E lui: «Non voglio allievi. E sto partendo per Biarritz». «Anch’io» è la risposta conclusiva di lei. Si ameranno per tre anni, Lee Miller e Man Ray. Tre anni intensi, esclusivi, devastanti. Lui ne farà la sua musa e le insegnerà tutto. Lei lo lascerà per altre esperienze, per altri amori, spezzandogli il cuore.
Momenti paradigmatici di una passione che svelano come la storia dell’arte moderna possa essere raccontata e capita, più di pancia che di testa, studiando passioni, amori, odi, liti, ricongiungimenti, epici addii. Una ricostruzione cronologica dell’arte novecentesca, attraverso il racconto biografico delle coppie che questa storia l’hanno segnata, è quella portata a termine con successo da Elena Del Drago, storica dell’arte, conduttrice di trasmissioni radiofoniche, curatrice di mostre e documentarista. Il suo libro, C’eravamo tanto amati – Le coppie dell’arte nel Novecento (Electa, pp. 190, € 16,90) racconta con passione vita e arte di ventuno coppie famose, colte non all’apice della loro fama ma all’inizio del loro sodalizio. Unioni spesso sbilanciate proprio nel ricalcare il teorema guida e discepolo.
La scintilla maestro-allieva, lui che domina e lei che asseconda, scocca inesorabile tra Camille Claudel, scrittrice diciottenne, e Rodin, quarantunenne già celebre. Lui la lancia artisticamente ma la illude sentimentalmente. Rodin è sposato e, un classico del genere, promette ma non lascia mai la moglie. Lei, stremata, se ne andrà. Diventerà sì una scultrice famosa ma, lontana da lui, impazzirà. Anche la surrealista Leonora Carrington, con occhi color del mare, vive lo stesso dramma con Max Ernst. E la maledizione dei tre anni senza un domani. Lei ha 20 anni, lui 46 ed è sposato. Fuggono in campagna. È il ’37 e presto ci sarà la guerra: per Ernst, tedesco, c’è l’internamento, Leonora, fragile, sarà rinchiusa dai genitori in manicomio. Si ritroveranno molti anni dopo a New York. Lei sposata a un messicano; lui a Peggy Guggenheim. E sarà la stessa Peggy a rivelare che era stata Leonora la donna che Max aveva amato sopra ogni altra.
Pagina dopo pagina, ecco Alfred Stieglitz e Georgia O’Keeffe, una passione complicata intessuta di tradimenti, dove è lei a diventare più famosa di lui. Al netto sapore di interesse venale è l’amor competitivo tra Willem De Kooning ed Elaine Fried nella New York Anni Trenta. Più vicina a noi in termini temporali è Marina Abramovich che con Ulay finisce in un letterale corpo a corpo che si fa performance nel 1976.
Tante diverse situazioni, ma una sola domanda: questi grandi artisti sarebbero diventati tali se non avessero avuto accanto quella donna o quell’uomo? Se Robert Capa non avesse incontrato Gerda Taro, avrebbe mai osato fare il reporter di guerra? Se Frida Kahlo non avesse conosciuto i tormenti dell’amore che Diego Rivera le procurò sarebbe diventata l’artista che è stata? Che performance produrrebbe Gilbert senza George, il suo doppio? Inutile dire che è un interrogativo impossibile da soddisfare, però porta a relativizzare e a contestualizzare secondo un diverso calendario sia i trionfi, sia le cadute. Il poeta Igino Ugo Tarchetti, convinto che l’amore si sublimasse nell’espressione artistica, teorizzò: «Non so quale rapporto esista tra l’arte e l’amore, ma vi sono della fila invisibili che li congiungono: l’uno conduce all’altra, sono la causa e l’effetto, il principio e la fine. L’una è il mistero, l’altra la rivelazione».
In termini così aerei tutto è ammissibile. L’autrice ci avverte che la scelta delle coppie è stata del tutto arbitraria e tale ci si aspettava fosse in un universo che comprende l’emozione e il sentimento. Qui sono 42 compagni di vita e di arte a rappresentare mondi, nazionalità, stili diversi. Ogni racconto segue un tracciato preciso: l’incontro, lo sviluppo del rispettivo lavoro con particolare attenzione alle influenze reciproche, i risultati ottenuti, la separazione. Di capitolo in capitolo si ripercorre lo sviluppo artistico di quegli anni, i cambiamenti sociali e di costume, spesso impressi proprio da comportamenti non convenzionali. Non guastano le atmosfere affascinanti. D’immediato impatto l’omaggio al film C’eravamo tanto amati, di Ettore Scola, storia di tre amici partigiani accompagnati fino alla vecchiaia, anche loro indagati nelle rispettive intimità, nelle vite private e negli incontri fatali. «Straziami ma di baci saziami» si potrebbe concludere, basta che tu lo faccia ad arte.