Il Messaggero, 20 novembre 2014
Dei 530 miliardi di euro di cartelle fiscali emesse negli anni e non ancora riscosse dallo Stato, il ministro Padoan ne ritiene «recuperabili» soltanto 7 miliardi, dei quali «4 mld riferiti a carichi erariali»
È una montagna di soldi, ma sulla quale è meglio non contare troppo. Anche perché quelli realmente incassabili sono, rispetto all’ammontare di partenza, spiccioli. Dei 530 miliardi di euro di cartelle fiscali emesse negli anni e non ancora riscosse dallo Stato, il Tesoro ne ritiene «recuperabili» soltanto 7 miliardi. Il dato è stato fornito ieri dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, rispondendo in Parlamento ad un’interrogazione presentata da Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia. La previsione di incasso del ministero dell’Economia per le cartelle fiscali non pagate, ha spiegato Padoan, ammonta a 7 miliardi, dei quali «4 mld riferiti a carichi erariali». Del resto, ha fatto notare Padoan, «dal 2010 ad oggi, sono stati numerosi gli interventi normativi con i quali si è cercato di introdurre misure di più ampio respiro per i contribuenti morosi al fine di mitigare gli effetti della crisi». A partire, ha spiegato, dal «sistema della riscossione, incidendo significativamente sui poteri attribuiti a Equitalia – come sottolineato nel rapporto 2013 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei conti nel maggio 2013 – e, conseguentemente, anche sulle riscossioni».
STOP A NORME RETROATTIVE
Durante il suo intervento in Parlamento, il ministro dell’Economia ha fatto riferimento anche alla semplificazione dei rapporti tra contribuenti e Fisco e all’attuazione della delega. Quest’ultima in particolare, ha spiegato Padoan, «fornisce l’occasione per rivitalizzare i principi dello Statuto del contribuente e ribadisce il principio del vincolo di irretroattività delle norme tributarie in sfavore». Non solo. Il ministro ha anche parlato dell’ipotesi di congelare il pagamento delle tasse per i territori colpiti dal maltempo. La proroga, ha spiegato, «potrà essere oggetto di valutazione», considerati però i vincoli di finanza pubblica. Per il solo periodo tra il 10 ottobre e il 20 dicembre il costo dello stop sarebbe di 3 miliardi di euro.
Intanto sul versante della lotta all’evasione lLa Svizzera è diventata il cinquantaduesimo Paese firmatario dell’Accordo multilaterale tra autorità fiscali per lo scambio automatico di informazioni, sottoscritto a fine ottobre a Berlino sotto egida dell’Ocse. La decisione della Svizzera, spiega una nota, «le consentirà di avanzare con i piani per attivare lo scambio automatico di informazioni finanziarie per questioni fiscali con altri Paesi, a partire dal 2018», ma prima di divenire effettiva deve ricevere l’approvazione parlamentare. Una notizia, comunque, che potrebbe aiutare il provvedimento di rientro dei capitali italiano in discussione al Senato.