la Repubblica, 20 novembre 2014
Si riapre il fascicolo sulle privatizzazioni. Una nuova tranche del cinque per cento di azioni Enel è a un passo dalla cessione. Poi l’intenzione è quella di mettere sul mercato il 40 per cento della holding delle Ferrovie
Sulla scrivania del ministro dell’Economia il dossier si è improvvisamente riaperto. Con alcune correzioni rispetto al passato, ma con una tempistica fatta di appuntamenti piuttosto scadenzati.Il fascicolo è quello delle privatizzazioni, messo in naftalina nella prima fase del governo Renzi e ora rispolverato e rivisto rispetto al programma studiato dall’esecutivo Letta. E con un paniere di aziende controllate dallo Stato decisamente ricco: dall’Enel alle Fs, dalle Poste all’Enav fino alla Sace. Ma il primo passo sarà proprio quello della società elettrica. La nuova tranche del 5% di azioni è a un passo dalla cessione.La procedura è ormai completata: basta un “clic” e si può avviare. A via XX Settembre aspettano solo il momento «buono». Ossia che il mercato sia in grado di raccogliere un’offerta di questo tipo. Che nelle aspettative dell’esecutivo dovrebbe portare nelle casse pubbliche circa due miliardi. Ad eccezione della prossima settimana, quando negli Stati uniti si festeggia il Thanksgiving (il giorno del ringraziamento) e generalmente l’attività borsistica si riduce sensibilmente, ogni giorno può essere allora quello giusto. Ovviamente le precauzioni riguardano l’obiettivo finale: che il valore delle azioni Enel non scenda ulteriormente (da metà giugno è passato da 4,46 euro a 3,69 anche se negli ultimi giorni è stato in costante risalita rispetto al picco negativo di 3,55 a metà ottobre) per assicurarsi un incasso di quasi due miliardi. Soldi necessari per rimpinguare l’”anemico” Fondo di ammortamento del debito pubblico.Il secondo shot è quello delle Poste. E cadrà in una fase in cui le risorse potrebbero essere decisive per affrontare un nuovo giudizio dell’Unione europea sullo stato di salute dei nostri conti. A partire proprio dal debito. Le difficoltà non mancano ma il dossier sull’azienda guidata da Caio, infatti, prevede una cessione di circa il 40% tra la primavera e l’estate del prossimo anno. Il presidente del consiglio Renzi ne aveva bloccato lo scorso inverno la privatizzazione: a suo giudizio era stata condotta con troppa fretta. E soprattutto senza tenere conto dei cambiamenti necessari. Bisognava attendere il rapporto dell’Agcom (l’Authority delle comunicazioni) sui fondi (350 milioni) indirizzati a Poste per il “Servizio postale universale” fornito in base all’accordo con il ministero dello Sviluppo economico. Per i prossimi anni quegli stanziamenti si ridurranno a 260 milioni e Caio sta predisponendo un piano che sarà presentato nelle prossime settimane per illustrare proprio come il servizio postale “classico”, in poche parole le lettere, si trasformerà in conseguenza del taglio ai suoi trasferimenti. Una delle misure consisterà nella riduzione della frequenza nella consegna delle missive in alcune zone periferiche del Paese. In un 10-15% del territorio nazionale la distribuzione potrebbe avvenire a giorni alterni e non quotidianamente. Un passaggio obbligato questo per poi rendere operativa la cessione del 40% con un introito stimato di 4 miliardi.L’ultima e più consistente novità riguarda poi le Ferrovie dello Stato. Il plico che contiene la privatizzazione di Fs sta correndo velocemente tra il Tesoro e il dicastero delle Infrastrutture. Il gruppo di lavoro che è stato istituito ieri ha una finalità ben precisa: rendere possibile la vendita alla fine del 2015. E provare a smentire quel che diceva anni fa Giulio Andreotti: «Ci sono due tipi di matti: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che pensano di risanare le Ferrovie dello Stato». Ma una prima e concreta simulazione è già stata compiuta: l’intenzione è quella di mettere sul mercato il 40% della holding delle Ferrovie. Senza, quindi, procedere con uno “spezzatino” di beni e rete che pure era stato preso in considerazione. Un quota di questo tipo, negli auspici del governo, garantirebbe un incasso di quasi 5 miliardi, sempre che il mercato risponda positivamente. Nel 2015 poi torneranno nella raod map delle privatizzazioni anche l’Enav, la società che gestisce il controllo del traffico aereo, e la Sace che assicura il commercio con l’Estero. Per quanto riguarda quest’ultima, però, bisognerà procedere ad una preliminare modifica regolatoria.Un’altra novità infine riguarda l’Eni. Sull’azienda guidata da Descalzi, infatti, c’è stato l’altolà di palazzo Chigi. «È giusto andare avanti rapidamente con l’Enel – ripete da giorni il premier Renzi – ma con l’Eni no. Si tratta di un’azienda di una importanza delicata per noi e soprattutto che sta macinando utili su utili». Quindi questo dossier è stato già archiviato. Su tutto il resto, però, l’Economia ha deciso di spingere sull’acceleratore. Sapendo che Palazzo Chigi non vuole vendere a tutti i costi, soprattutto non intende svendere e chiede garanzie sugli incassi e soprattutto sul controllo pubblico delle società considerate strategiche. Nella sostanza boccia ogni ipotesi in cui società strategiche siano sottratte al “bene comune”. «Ad esempio – commentava ieri il capo del governo – avercene di privatizzazioni come Raiway. Era stata stimata per 150 milioni e ne abbiamo incassati 250. E c’è qualcuno che protesta pure. Ma questo deve essere il metodo».