la Repubblica, 20 novembre 2014
Il prelievo forzoso di 150 milioni di euro dal canone Rai deciso da Renzi per finanziare parte del bonus da 80 euro fa infuriare i vertici della Rai che farà ricorso
La Rai respinge l’idea di dover subire il prelievo forzoso di 150 milioni chiesto dal governo. Dopo una serie di rinvii, ieri in un burrascoso cda, i consiglieri Rai hanno deciso a maggioranza di fare ricorso contro il taglio. Il membro del Cda Luisa Todini si è dimessa: «È immorale fare ricorso contro la propria azienda». Il dg Luigi Gubitosi ha definito il ricorso “inopportuno”. È stato così approvato l’ordine del giorno di Antonio Verro (area Fi) che punta a fare ricorso in tempi brevi al Tar, al giudice ordinario o ad entrambi. Ma il Consiglio si è irrimediabilmente spaccato. Hanno votato a favore del ricorso i consiglieri De Laurentiis, Rositani, Pinto, Tobagi e Colombo. Contrari Antonio Pilati e Luisa Todini. Si è astenuta, per il suo “ruolo di garanzia” il presidente Anna Maria Tarantola. Ora la palla passa alla Vigilanza Rai, che dovrà valutare se è il caso di sostituire Luisa Todini in un cda Rai in scadenza (mancano tre mesi) e che non riflette le forze dell’attuale legislatura. Il presidente Roberto Fico intende ascoltate il cda prima di muove ogni passo: “Ho visto già un po’ di casi in cui il cda è rimasto con un consigliere in meno”. La spaccatura si è consumata mentre a Piazza Affari si salutava il buon esordio di RaiWay, una operazione varata dai vertici aziendali in parallelo al prelievo. “Rai Way è una buona operazione. Il percorso di apertura al mercato procede. Si valorizza, non si svende”, scrive su Twitter il ministro dell’Economia Per Carlo Padoan. Ma il ricorso del cda Rai è un vulnus per il governo. “Credo che ci sarà un ripensamento della struttura di governance. Così com’è non può andare avanti” tuona il ministro Angelino Alfano.Secondo il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, il voto del cda è determinato solo da logiche politiche», anche se «questo non indebolisce affatto, semmai rafforza, la volontà del governo di liberare la Rai da vecchie logiche”. Dalla segreteria Pd trapela che, qualora il ricorso fosse accolto, si interverrebbe su altre voci. Lorenza Bonaccorsi, membro della segreteria Pd, su Twitter chiede le dimissioni di Tobagi e Colombo, indicati dal Pd, ma scelti dalla società civile. “Il nostro voto è un atto dovuto. Non è contro il risanamento Rai” hanno replicato i due consiglieri.
(le.pa).
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«Un’azienda non vota mai contro il suo azionista. Un consigliere che vuole farlo deve andar via». Il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi scuoteva la testa – ieri – durante il Consiglio di amministrazione di viale Mazzini. Da subito, si è opposto a un possibile ricorso contro il governo per il prelievo forzoso di 150 milioni di euro dal canone (deciso da Renzi per finanziare parte del bonus da 80 euro). Ma nulla è andato come sperava. «È sbagliato lanciare un segnale del genere in un giorno come questo, che è un giorno di festa – ha provato a dire – la quotazione in Borsa di RaiWay è andata benissimo; la Rai ha guadagnato 250 milioni di euro in 24 ore. Due terzi di queste risorse, che di fatto ricapitalizzano la tv di Stato, sono arrivate da primari investitori stranieri. Dovremmo stappare champagne, e invece...».Non c’è nulla che torni, nella vicenda che si è consumata ieri in cda. Il centrodestra si è diviso tra chi ha parteggiato per il governo (Luisa Todini e Antonio Pilati) e chi ha voluto invece mandare a Renzi un segnale tutto politico (Antonio Verro, Guglielmo Rositani, Rodolfo de Laurentiis). In più, si è creato un inedito asse tra i consiglieri in quota centrodestra e quelli espressi dal Pd attraverso la società civile. Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo hanno votato a favore del ricorso. E lo ha fatto perfino Marco Pinto, che in Consiglio rappresenta il ministero dell’Economia, e che ora intende impugnare una decisione di quello stesso ministero. Come se non bastasse, la presidente Anna Maria Tarantola ha prima litigato con Gubitosi, rifiutandosi di sospendere la riunione. Poi si è astenuta sostenendo che a dirle di farlo – come prova della sua imparzialità – sarebbe stato lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.Alla fine a dimettersi non è stato chi è andato contro l’azionista, ma chi lo ha difeso: quella Luisa Todini ormai incompatibile con la carica ricoperta perché nominata – proprio da questo Esecutivo – presidente di Poste Italiane. «Questa votazione ha reso palese il suo conflitto di interessi – dice il presidente della Vigilanza Rai Roberto Fico – ha fatto bene a lasciare. Con il prelievo, il rubinetto del governo nei confronti della Rai assume un carattere ricattatorio». Tobagi e Colombo tengono fede allo stile riservato che si sono imposti a inizio mandato, ma chi ci ha parlato li ha sentiti decisi a difendere le loro ragioni. Sono stati sentiti costituzionalisti ed esperti. Uno di questi – Alessandro Pace – è stato chiaro: prelevare quei soldi dal canone pagato dai cittadini ha profili di incostituzionalità; la Corte dei Conti potrebbe accusare i consiglieri di aver agito contro l’azienda, in caso di mancato ricorso. «Abbiamo varato la riforma delle news, non ci siamo opposti alla privatizzazione di RaiWay, tutti qui hanno dimostrato di voler risparmiare – dice chi era contrario al prelievo dei 150 milioni – ma non si possono stravolgere le regole scavalcando il principio che la Rai è una società a controllo pubblico cui deve essere garantita l’indipendenza dall’Esecutivo. E non si può cambiare una tassa di scopo in corso di esercizio».Fatto sta che il ricorso al Tar non ferma nulla, perché sarà la Consulta a dover decidere sulla legittimità del prelievo. Ci vorrà del tempo, e già quest’anno – con la Legge di Stabilità – si è decisa un’altra procedura: un taglio del 5% ai trasferimenti a viale Mazzini. A Palazzo Chigi, Matteo Renzi commenta laconico: «Contenti loro...». Fa mostra di non essere interessato allo scontro, il premier, e di essere invece molto contento del successo in Borsa di RaiWay. Prepara, però, una controffensiva politica: martedì alle 9, al Senato, si riunirà una commissione di lavoro pd chiamata a scrivere la riforma della governance Rai. Ne fanno parte 8 membri scelti, tra gli altri i capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda, il vicesegretario del partito Lorenzo Guerini, il sottosegretario alle Comunicazioni Antonio Giacomelli, i parlamentari della Vigilanza Margiotta e Peluffo. E bisognerà anche vedere se Forza Italia (cui spetta la poltrona) vorrà sostituire Luisa Todini, visto che il cda scadrà a breve, in aprile, oppure se punterà a cambiare l’intero sistema (magari d’intesa con Palazzo Chigi). E intanto anche il presidente della Vigilanza Rai Fico, da solo, lavora a un ddl analogo («Chi governa la Rai non potrà avere doppi incarichi o essere stato parlamentare per almeno 5 anni»). Quel che è certo e che, in Rai, la bufera è appena cominciata.
Annalisa Cuzzocrea e Aldo Fontanarosa