Corriere della Sera, 20 novembre 2014
La Lega di Salvini va alle elezioni in Emilia puntando su un ingegnere folk, Alan Fabbri, e con un obiettivo preciso: prendere un voto in più di Forza Italia. Da qui parte la scalata al centrodestra?
«Devi passare una giornata con me? Che sfortuna...». Naturalmente l’ultima parola era molto ma molto più gergale. Alan Fabbri rappresenta l’anello di congiunzione tra i Modena City Ramblers, il gruppo folk-rock militante dell’Emilia Romagna, e il leghismo della prima ora, diciamo primi anni Novanta. Al mercato di Carpaneto Piacentino le signore con la sporta della spesa si chiedono perché i fotografi corrano dietro a quel ragazzone con barba incolta e i capelli raccolti in un codino. E a volte sembra chiederselo anche lui.
«Ho bisogno di te». Il messaggio di Matteo Salvini lo colse mentre si trovava in Bielorussia. Bondeno, il paese della Bassa ferrarese del quale è sindaco al secondo mandato, ha un gemellaggio in corso con il villaggio di Orsha, e ogni estate accoglie in vacanza i bimbi ospiti degli orfanatrofi dell’ex Unione sovietica. Appena dieci giorni dopo uno spaesato e candidato Alan faceva ingresso nella villa di Arcore per siglare l’accordo politico con Forza Italia per le elezioni regionali in Emilia Romagna. Dopo la cena e le consuete barzellette, Silvio Berlusconi chiese di rimanere solo con lui. «Sei anche di bell’aspetto» gli disse l’ex Cavaliere. «Ma almeno i capelli e la barba dovresti tagliarteli». Fabbri guardò quell’uomo famoso che aveva visto solo in televisione. «Gli risposi che la peluria facciale mi sembrava un bel valore aggiunto. Lo so, è una cazzata, ma la verità è che non sapevo cosa dire».
Gli aneddoti vengono snocciolati durante lo slalom tra i mercati dei paesini e del centro di Piacenza. A gentile richiesta, Fabbri si mette in posa reggendo le cassette della frutta. I suoi genitori gestiscono una azienda agricola che produce zucche e ortaggi, un compromesso storico agricolo con papà Fabrizio democristiano e mamma Angela che rimane una irriducibile comunista modenese. «Poi sono arrivato io, la pecora nera». Gli ultimi manifesti portano il suo nome senza il suo volto, sostituito da quello di Matteo Salvini. Ma non c’è problema. «Se non era per lui non credo proprio che si parlerebbe di me. Credo nel suo progetto di una Lega trasversale. Oh ragazzi, questo ha fatto un miracolo, ci ha resuscitati». In una intera giornata Fabbri non riesce proprio a lanciarsi in una delle tirate anti immigrati care al suo Capo. «Ma sono d’accordo, eh. Non è che se una tavola viene apparecchiata per 5 si possono sedere in dieci, capisci?» Poi ci pensa sopra. Dipendesse da lui, è chiaro che raddoppierebbe le posate.
«Casa mia è la nebbia, è fare i salami l’otto di dicembre, il giorno che dalle nostre parti si disfa il maiale». Ogni estate organizza nel parco golenale del Po la Festa celtica di Bondeno. Nella frazione di Scortichino partecipa alla manifestazione folk al bar esibendosi nelle cover di De Andrè. Fabbri non dà mai la sensazione di prendersi troppo sul serio. Si porta dietro la consapevolezza di appartenere a un mondo di paese, che ama con tutto se stesso. È un indubbio pregio, che contribuisce a renderlo molto simpatico. Forse anche il suo limite.
Mentre passeggia sotto i portici di via Cavour scherza con i volontari al gazebo della Lega Nord. «Quelli del Pd hanno delle donne a distribuire i volantini. Noi siamo solo uomini, e neanche troppo belli». Passa un’auto che suona il clacson, il conducente si sporge dal finestrino per salutarlo. «Ciao ragazzo!» è la sua replica. Scusa Alan, chi era quel signore? «Ah, io non lo so mica». L’accoglienza è buona ovunque, le tensioni della visita al campo rom di Bologna sono un ricordo lontano. «Io ero seduto dietro, e ti dico che ho avuto paura. Non c’è un bel clima. Quando sono andato a Brescello a prendere il caffè nel bar degli ‘ndranghetisti di stanza in quel paese sono stato scortato dalla Digos. Ci vogliono impedire di andare in piazza».
Gli scherzi finiscono qui. Su questo ragazzone di 35 anni, ingegnere laureato a Ferrara, portatore di un salvinismo temperato, incombono come nuvole le speranze della Lega Nord di nuovo conio. A pranzo in una trattoria di Piacenza gli fanno corona gli uomini più fidati del Capo, a cominciare da Alessandro Marelli, capogruppo della Lega Nord a Milano qui presente in qualità di stratega e autista del furgone noleggiato a Bologna, e Andrea Crippa, suo assistente parlamentare a Bruxelles. Quando Fabbri si alza per la milionesima intervista radiofonica, i due spiegano bene qual è la posta in palio di queste elezioni regionali dove si corre per arrivare secondi. «Se prendiamo un voto in più di Forza Italia, Matteo può lanciare la scalata al centrodestra italiano». Si lanciano in percentuali. Poi il candidato Alan rientra e con un sorriso disegna un numero su un tovagliolo di carta. Se davvero ci arriva, altro che scalata. Lui comunque aspetterà i risultati a casa sua, con i suoi amici, al bar Il Mister, presso il campo sportivo di Scortichino. E i capelli non se li è ancora tagliati.