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 2014  novembre 20 Giovedì calendario

Storia di un’adolescente olandese che si è convertita all’Islam e di sua mamma che non si è data per vinta e l’ha recuperata in una roccaforte di Raqqa, in Siria. Strappandola dalle braccia dell’Isis

La storia dell’adolescente olandese Aisha somiglia a quelle di tante coetanee che negli ultimi due anni hanno abbracciato in fretta e furia l’islam e sono partite per la Siria. Unica è invece quella della madre, Monique che, forte dell’aver perduto tutto, si mette in viaggio verso il Califfato e, diversamente da Orfeo con Euridice, riesce a riportare la figlia nel regno dei vivi.
Mentre l’Europa rivede al rialzo le stime sulla minaccia dello Stato Islamico, si stima che almeno 3 mila giovani abbiano lasciato il vecchio continente sedotti dalle sirene di al-Baghdadi, Aisha abbandona Maastricht a febbraio per maritarsi a Raqqa con Omar Yilmaz, bellissimo ex militare olandese di origine turca arruolato dall’Isis nel ruolo di trainer di jihadisti in erba. I due si erano conosciuti sul web, racconta Monique ai media: una vera e propria folgorazione per la ragazza, che in poco tempo dimentica la musica e le altre passioni giovanili, e si vota all’islam più radicale. 
«Le conversioni avvengono di solito nel giro di tre mesi» spiega l’esperto francese di contro-radicalizzazione Pierre N’Gahane. Aicha mitizza subito Yilmaz, ricorda la madre: «Lo vedeva come una specie di Robin Hood». 
La favola però, nel caso dello Stato Islamico, è un bluff. Come già prima di lei, le austriache Samra Kesinovic e Sabina Selimovic – convinte di andare in paradiso per ritrovarsi disperate nell’inferno siriano – Aisha non ci mette molto a capire d’essere finita in un buco nero e chiama casa. Monique è lì ad aspettarla. Sa, come sanno le mamme. Sapeva anche la polizia olandese, che, allertata, aveva invano ritirato il passaporto alla ragazza partita poi con la carta d’identità. Il primo viaggio, a ottobre, è un fiasco: la donna non riesce a varcare il sempre più blindato confine turco e torna a Maastricht. La settimana scorsa, all’ennesimo SOS da parte della figlia, chiude le orecchie alle autorità del suo Paese che la sconsigliano e raggiunge Raqqa, la capitale del Califfato con le scuole senza ginnastica né matite colorate. Monique ce la fa. Laddove poche settimane fa Fouad el Bathy aveva fallito nel tentativo di riportare ad Avignone la sorella 16enne Nora fuggita in Siria a aprile, Monique riesce. È lo stesso Yilmaz a twittare l’avvistamento in Turchia della ex moglie (l’aveva sposata perché il suo vero promesso sposo era morto in battaglia ma si erano poi separati). 
Aisha è ora agli arresti, un fermo simbolico giacché, in assenza di reati dimostrabili, è difficile per la giustizia processare i volontari della jihad. Le donne, meno egocentriche degli uomini che gonfiano i muscoli sul web, si arruolano quasi sempre in nome dell’aiuto umanitario, salvo accorgersi presto di averne bisogno di loro. È una regola. Il lieto fine invece è l’eccezione.