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 2014  novembre 20 Giovedì calendario

Con la nuova legge per tagliare le ferie ai magistrati il governo gliele ha aumentate: «Non hanno abrogato il precedente articolo che dice che i magistrati con funzioni giurisdizionali hanno 45 giorni. Quindi solo i fuori ruolo hanno ridotto le ferie». E devono essere netti, così i vecchi 45 giorni sono diventati 75

Cominciamo dalla fine: abbiamo il legislatore di una norma e abbiamo l’applicatore della norma che però coincide col suo destinatario. Troppo complicato? Allora ecco: il governo ha fatto una legge per tagliare le ferie ai magistrati, ma un magistrato dice che in concreto la norma allunga le ferie ai magistrati. L’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo, ora giudice di Cassazione, l’altro ieri ha partecipato a un convegno e ha fatto questo ragionamento: «Hanno introdotto un articolo bis per cui le ferie sono di 30 giorni, però», ha detto Davigo, «non hanno abrogato il precedente articolo che dice che i magistrati con funzioni giurisdizionali ne hanno 45. Quindi solo i fuori ruolo hanno ridotto le ferie». Non solo. «Nella nuova norma hanno detto che i giorni devono diventare netti, perché finora, durante le ferie, noi scrivevamo le sentenze: perciò, se diventano netti, io devo smettere di fare udienza 15 giorni prima, perché in quei 15 giorni devo scrivere le sentenze, e quando finisco le ferie non posso cominciare subito con le udienze, perché devo studiare prima i processi: quindi comincerò 15 giorni dopo». Ergo, secondo il ragionamento di Davigo, i vecchi 45 giorni di ferie sono diventati 75. «Dilettanti allo sbaraglio, c’è da avere paura» ha detto il magistrato a proposito del governo. Ora: il linguaggio colorito di Davigo non preoccupa, è sul merito che si vorrebbe capirne di più: possibile che il governo abbia fatto un disastro del genere? Il Guardasigilli presunto dilettante, Andrea Orlando, ieri mattina ha fornito una prima risposta durante «La telefonata» di Maurizio Belpietro su Canale5: «Noi riteniamo che la norma abroghi quelle precedenti». Riteniamo, ha detto. Una norma, ha aggiunto, che in ogni caso è stata scritta da magistrati e controllata da altri magistrati: «Considero che la norma venga interpretata come soppressiva di quelle precedenti». Considero, ha detto. «Se c’è qualche correzione da fare la faremo: ma, da quanto abbiamo potuto valutare, e per come hanno valutato anche soggetti terzi, la nostra valutazione è quella corretta». Se c’è da fare. Per quanto abbiamo potuto valutare. La nostra interpretazione. Urge capirne di più, anche perché c’è anche da capire se c’è incompetenza in chi fa le leggi o se c’è malizia in chi deve interpretarle. In questo caso, poi, il giro è discretamente vizioso: abbiamo, come detto, il legislatore della norma e abbiamo l’applicatore della norma che coincide col destinatario della norma. La norma sui magistrati la applicano i magistrati, si profila insomma un classico all’italiana che potrebbe precludere a polemiche, ricorsi, modifiche, aggiustamenti eccetera. Andrà così? Chissà. Sicuramente Davigo, che ha fama di precisino, ha trasformato in regole generali le sue valutazioni o anche solo le sue abitudini. Cioè: che molti giudici scrivessero le sentenze durante le ferie era una regola non scritta e non codificabile, così come lo è che per scriverle ci vogliano proprio 15 giorni o altrettanti per studiare i processi: tutto ha sempre riposato sulla totale discrezionalità del magistrato – chi lavora sempre, chi praticamente mai, ferie o meno – e dunque trasformare i tabellari di Davigo in scienza numerica pare davvero arduo. Così pure, che i 15 giorni di ferie debbano diventare «netti» è pura teoria: nessuno è mai venuto a sindacare su come un magistrato passi il suo tempo a casa propria, ferie o meno: è ben possibile che tanti magistrati in ferie continuino a scrivere sentenze lo stesso, ed è ben possibile che tanti magistrati non lo facessero neanche prima, mai. Così pure, ci sono magistrati che ogni tanto prendono e vanno a lavorare a casa. Non c’è norma che potrà mai regolare tutto questo. Dal ministro Guardasigilli Andrea Orlando, tuttavia, ci si attende che verifichi la corretta interpretazione della legge e non la lasci interamente nelle mani dei Piercamillo Davigo: anche perché era la patria del diritto, questa, ma è divenuta da tempo la patria della sua interpretazione.