la Repubblica, 19 novembre 2014
La rivolta a Rupert Murdoch non era mai stata tanto aperta e diffusa come in occasione dell’ultima assemblea della News Corporation: gli azionisti indipendenti lo hanno sfidato, chiedendo di cambiare un sistema di votazioni ideato in modo da assicurare al tycoon e ai suoi figli il controllo dell’azienda, sebbene ormai ne detengano di fatto soltanto una piccola percentuale
Le avvisaglie si erano già viste negli ultimi due anni, con critiche e proteste contro di lui e la sua famiglia, accusati di corresponsabilità morale negli scandali che hanno travolto uno dei più potenti gruppi editoriali del pianeta. Ma la rivolta non era mai stata tanto aperta e diffusa come in occasione dell’assemblea della News Corporation che si è tenuta la settimana scorsa: gli azionisti indipendenti hanno sfidato Rupert Murdoch, chiedendo di cambiare un sistema di votazioni ideato in modo da assicurare al tycoon e ai suoi figli il controllo dell’azienda, sebbene ormai ne detengano di fatto soltanto una piccola percentuale. È cominciata, insomma, una caccia allo Squalo, come viene soprannominato il magnate di origine australiana. Questa sembra più agguerrita e intensa di altre da cui è stato costretto a difendersi in passato.
Il sistema in cui sono strutturate le azioni assegna ai Murdoch il 39,4% dei voti, pur essendo la famiglia in possesso solamente del 14% della società. La cosiddetta struttura “dual class”, a classe doppia, è storicamente una caratteristica abbastanza comune nell’industria dei media, nota il Financial Times, e si è manifestata recentemente anche in aziende del settore tecnologico in cui i fondatori cercano di conservare il maggior controllo possibile della compagnia. Ma gli investitori dissidenti ora la contestano all’interno della News Corporation, chiedendo di introdurre un sistema in cui a un’azione corrisponde un voto, come è la norma nella maggioranza delle altre società per azioni. La questione è stata messa ai voti su proposta di Laura Campos della Nathan Cummings Foundation, uno degli azionisti dissidenti, e ha raccolto il 47,4% dei voti: non sufficiente a fare approvare la riforma, ma assai vicina a farlo, un campanello d’allarme per Murdoch, che ha prevalso soltanto grazie al sostegno di un vecchio alleato, il principe saudita Alwaleed bin Talal, la cui società di investimenti detiene il 6,5% della News Corporation («non votiamo mai contro il nostro partner mister Murdoch», commenta un portavoce).
Laura Campos definisce il risultato «un ripudio delle regole di buon governo» di un’azienda e si è ripromessa di ripresentare la proposta sia in seno al consiglio di amministrazione della News Corporation, sia all’assemblea generale dell’anno prossimo. «Dopo una serie di acquisizioni di dubbio valore, piani per la successione nepotisti basati sui suoi figli e lo scandalo delle intercettazioni illecite (il Tabloidgate, che ha portato a indennizzi di milioni di sterline, alla chiusura di un giornale e a una serie di incriminazioni e inchieste parlamentari in Gran Bretagna, ndr.), la gente ha iniziato a comprendere che il signor Murdoch pensa esclusivamente ai propri interessi e non a quelli degli azionisti», afferma l’investitrice dissidente. I ribelli torneranno alla carica. La caccia alla Squalo continua. Resta da vedere se verrà messo nel sacco.