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 2014  novembre 19 Mercoledì calendario

Mentre Hamas fa strage in Sinagoga la Mogherini vuole riconoscere lo Stato di Palestina

L’orrore per il massacro sacrilego a colpi di accetta di quattro rabbini dentro la loro sinagoga di Gerusalemme ad opera di palestinesi  si moltiplica di fronte alla sua piena rivendicazione da parte di Hamas. Cresce all’infinito di fronte agli osceni dolci offerti in segno di tripudio e festeggiamento dai suoi militanti nella festa subito organizzata in un quartiere di Gaza. Questa è Hamas, a questa banda di assassini, maggioritaria a Gaza e fortissima in Cisgiordania le anime belle vorrebbero consegnare lo Stato Palestinese. Perché Hamas è oggi al governo della Autorità palestinese, la stessa Hamas che inneggia alle accette assassine in Sinagoga. E Hamas è al governo in Palestina perché così ha voluto quel «moderato» Abu Mazen che deplora sì l’efferato assassinio, ma essenzialmente perché è avvenuto in un luogo di preghiera.
La strage di ieri, la prima in una Sinagoga in tutta la storia tormentata di Israele, dimostra che quel che muove Hamas, e che Abu Mazen tollera, non è antisionismo, non è lotta armata per liberare la terra. No, è antisemitismo, il più atroce, il più schifoso antisemitismo che permea tutti i documenti, tutte le dichiarazioni di Hamas. Quella stessa Hamas che Ahmad Assaf il portavoce di al Fatah, il partito che fu di Yasser Arafat e che oggi è di Abu Mazen, ha definito il 10 novembre «l’altra faccia della medaglia dell’Isil di Abu Bakr al Bakhtiari. Dichiarazione netta, condivisibile, emessa il giorno dopo di una serie di attentati di Hamas contro esponenti di al Fatah, diffusa da tutte le agenzie del mondo ma che nessuno ha ripreso, perché «scomoda». Scomoda anche per un’incredibile Federica Mogherini che l’8 novembre ha rischiato di non potere recarsi a Ramallah a seguito proprio degli attentati di Hamas contro al Fatah, ma che nella sua prima missione come lady Pesc ha trovato il modo di non deprecare, di non condannare né le decine di migliaia di razzi e missili lanciati, a freddo, dalla Gaza di Hamas contro Israele, né l’assassinio barbaro di tre ragazzini ebrei che Hamas ha rivendicato trionfalmente. Né ieri ha avuto la decenza di bollare con parole di fuoco la rivendicazione dell’eccidio nella sinagoga, limitandosi a parole di circostanza «contro la violenza». Anzi, ha aggiunto che «la mancanza di progressi verso una soluzione a due stati sistematicamente genererà altra violenza». Siamo arrivati all’assurdo del portavoce di al Fatah che paragona Hamas al Califfato nero e di una Mogherini che omette colpevolmente ogni critica ad Hamas e che addirittura vorrebbe consegnargli quello Stato palestinese che invoca. Ma la Mogherini non è sola – purtroppo – in una Europa sempre più ignava verso Israele. Dopo la Svezia e la Norvegia, ieri il Pse spagnolo ha presentato al voto una mozione che impegna il governo iberico a riconoscere lo Stato Palestinese. Quello Stato, retto in potenza da una Hamas che rivendica il massacro di 4 rabbini a colpi di accetta! E mozioni per il riconoscimento di questo Stato retto da macellai attendono il voto anche nel Parlamento italiano.
Questa è l’Europa di oggi, quella stessa che si commuove al ricordo della Shoà, ma che fa finta di non vedere, anzi supporta di fatto, l’antisemitismo sbandierato da Hamas e da tanti palestinesi e che li spinge a massacrare ebrei inermi. Un’Europa che è spesso stata ipocrita con Israele, che nel 1980 riconobbe l’Olp terrorista di Arafat solo per ingraziarsi gli arabi e avere il loro petrolio, ma sino alla presidenza Obama era comunque bilanciata dall’appoggio fermo e incondizionato degli Usa nei confronti di Gerusalemme. Ma oggi, Barack Obama ha interrotto anche quella pluridecennale tradizione che faceva onore agli Usa e ha portato i rapporti con Israele al livello più basso degli ultimi 50 anni. Basti pensare che ieri dopo avere definito «orribile» l’attentato alla sinagoga, ha subito sminuito e relativizzato la condanna affermando che «troppi israeliani e palestinesi sono morti negli ultimi mesi».
Duplice la ragione di questa ennesima politica fallimentare di Obama in Medio Oriente. Una totale incomprensione delle dinamiche interne al mondo arabo e all’islam,con conseguente totale sottovalutazione della carica di violenza e odio oggi sviluppate da quello scisma islamico salafita a cui si rifanno sia Hamas, che i Fratelli Musulmani, che i seguaci del Califfato nero. Poi, l’arrendevolezza totale e supina all’Iran (l’attentato di ieri è stato esaltato anche da Jihad Islamica, eterocomandata da Teheran), nel vano tentativo di strappare uno «storico» accordo sul nucleare a cui ambisce come suggello della sua presidenza. A tal punto che si appresta ora a chiudere con gli ayatollah un accordo al ribasso, che di fatto permetterà loro di produrre un’atomica, se non ora, tra un anno o due.