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 2014  novembre 19 Mercoledì calendario

Le politiche di oggi sono belle, brave e intelligenti. La Moretti si fa la ceretta tutte le settimane, la Boldrini ha sempre la chioma curata

Alzi la mano chi in scapestrata gioventù sia mai andato volentieri ai congressi del Pdup, di Dp, persino talora del Pci. O alle manifestazioni delle femministe, o ai primi cortei leonkavallini. E non certo per mancanza d’interesse, avversione o indolenza. Macché. Non ci si andava volentieri per una particolare carenza di materiale umano, specificatamente di fauna femminile, in ultima analisi di senso estetico.
Non ce ne vogliano le tante meritevoli, appassionate, eccezionali (talvolta) donne che facevano dell’impegno ragion prima di vita. Chapeau a tutte loro. Però erano bruttarelle, anzi spesso brutte, diciamocelo in camera caritatis. Peggio: erano malcurate e, se femministe, vantavano la mancanza di cura come sol dell’avvenire. Una, splendida combattente, teorizzava che rasarsi i peli sotto le ascelle fosse cedimento borghese e connivenza con il nemico. Non era un caso che spesso attorno le si facesse il vuoto (non politico). Un’altra, come dirlo?, mostrò orgogliosa la foresta che occultava gambe (forse) splendide.
I tempi son cambiati, lo dicono tutti e pure la fantasmagorica Alessandra Moretti in una brillante clip realizzata da Nino Luca per il Corsera online. Stiamo sereni: il nostro non è «giornalismo di rinnovamento», come ebbe a dire la ministra Marianna Madia poche settimane fa alla Leopolda per sfuggire a una domanda di cui non ricordava la risposta. Dunque benvenuta Moretti che si fa bella, s’innamora di Massimo Giletti al punto da confonderlo con Marco Travaglio («li chiamerò per sempre Massimo Travaglio e Marco Giletti») e rivendica il ruolo di «brava, bella e intelligente». Per sé e per la pattuglia delle Renzi-girl, donne non di nuova generazione bensì di nuova alta categoria: Ladylike, spiega Alessandra. «La donna che deve piacere» (e probabilmente non chiedere mai). Decalogo che prelude a una stagione che non ci si stancherà mai di apprezzare. «Ho deciso di andare tutte le settimane dall’estetista – rivela la fiera -. A fare che cosa? Qualsiasi cosa: mi prendo cura di me, mi faccio le mechés, la tinta e non entriamo in altri particolari». In altri tempi ci sarebbe forse entrata, alla pari di quella delle gambe tutelate dalla Forestale.
Addio Rosybindi, addio Livieturco, addio Tinanselmi e a quello stile «austero, rigido, che mortificava la bellezza», spiega la «fatina» che senza bacchetta magica usa solo superlativi e vuole rappresentare la bellezza della politica in tutte le sue straordinarie forme. Dirompente leggiadria che distrae, che giustifica, che raggiunge lo scopo con tutt’altri mezzi. Che induce al perdono, all’assoluzione in gratia plena e senza pater noster. Perdono merita la Moretti per la serie interminabile di gaffe (persino nel video confonde Mino Reitano con Rino Gaetano); perdono per l’«elegante Madia» che passa venti minuti con il ministro dello Sviluppo economico pensando che si tratti di quello del Lavoro o che a un convegno non si tiene: «È più piacevole andare allo stadio che pagare le tasse». Con quel sorriso può dire quel che vuole, e così pure Maria Elena Boschi, autentica creazione della natura, che quasi quasi fa saltare forme e riforme istituzionali per l’incantevole improvvisazione (i più incavolati essendo i suoi compagni di partito, prima che l’insaziabile Gasparri). Assoluzione per Pina Picierno che le spara grosse sull’inattuale Camusso, «eletta con schede truccate», e che in maniera vajassa (così si direbbe dalle sue parti) rivendica due settimane di godimento con soli 80 euro (ma è costretta a procacciarsi scontrini della spesa per mostrarli in tivù). E perdono per Laura Boldrini, capostipite di questa generazione di sgallettate panterine del potere orgogliose di esserlo, alla faccia di noi maschi poveretti sempre con la lingua di fuori. La Boldrini che quando passa davanti ai picchetti d’onore non manca di scodinzolare la chioma appena restaurata, come modella d’Oréal – però mai nella barberia della Camera che la presidente ha aperto alle deputate, costringendo i solidi barbieri a corsi di trasmutazione genetica. Potete dire quel che volete, ma questa è la politica del consenso, la politica che piace e al diavolo tutte quelle complicate astruserie noiose, i pianti fasulli della Fornero e quelli autentici della Turco che non riconosce più il Partito. Il partito è partito: fuori a farsi il manicure.