Corriere della Sera, 19 novembre 2014
Piccoli accorgimenti per rendere felici i vostri cani e per imparare a conoscerli
Per gli italiani, gli animali domestici sono sempre più i migliori compagni di vita.
Lo dimostra il fatto che nelle nostre case ce ne sono poco meno di 60,5 milioni. Praticamente uno per ogni abitante. E si tratta di numeri in crescita, perché se nel 2012 erano il 41,7 per cento i nuclei familiari a ospitare almeno un animale domestico, oggi sono saliti al 55,3%. Le motivazioni sono diverse anche se, stando al VII rapporto Assalco-Zoomark, per il 94% degli italiani gli animali portano gioia e buonumore mentre per il 91% contribuiscono a tenere unita la famiglia e alleviano le preoccupazioni.
Fra gli animali accolti dalle famiglie circa sette milioni sono cani. È quindi molto importante sapere come accudirli, educarli e prendersi cura di loro.
«Chi vuole accogliere un cane in casa deve fare una scelta consapevole e deve sapere innanzitutto che ogni giorno occorre trascorrere del tempo con lui», spiega la veterinaria Zita Talamonti che collabora con l’ambulatorio per i problemi del comportamento del cane del Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università Statale di Milano. Non bastano pochi e sbrigativi minuti dedicati a delle carezze o una passeggiata al giorno. «Il tempo da trascorrere varia a seconda delle razze – spiega l’esperta – ma non deve mai essere meno di due ore al giorno».
Non solo. Occorre anche predisporre il proprio appartamento per lasciare spazi adatti al nuovo coinquilino. «La cuccia, per esempio, è molto importante e deve essere per lui un luogo piacevole, sicuro, dove riposarsi e in cui recarsi sia in nostra presenza sia nei momenti in cui rimane a casa da solo – continua la veterinaria —. Per questo, uno degli errori da evitare assolutamente è quello di rimproverarlo intimandogli di andare “a cuccia!”». Neanche il punto dove posizionarla è da lasciare al caso. «I cani amano la socialità, perciò sarebbe ideale che avessero due cucce – prosegue Talamonti —. Una nella zona giorno, dove l’animale può interagire con la famiglia, e l’altra nella zona notte, in modo da farlo sentire sempre vicino ai padroni».
Poi c’è il mondo fuori dalle pareti domestiche. I cani hanno bisogno di trascorrere tempo all’aria aperta. «Devono poter passeggiare almeno tre volte al giorno, sia per i loro bisogni sia per allenare l’olfatto – prosegue la ricercatrice —. Devono poter essere liberi di seguire tutte le tracce che trovano senza ricevere strattoni dai proprietari che li tengono al guinzaglio e devono sapere che la passeggiata è del cane, non la loro. L’ideale, quando si esce, sarebbe usare una pettorina, per non creare traumi al collo dell’animale e farlo interagire liberamente nelle tante aree verdi attrezzate dove può muoversi in sicurezza. Sapendo che il movimento serve alla sua salute».
I cani, come tutti gli animali, vanno seguiti anche dal punto di vista medico. «L’età migliore per introdurli in famiglia è quando compiono i due mesi – prosegue la dottoressa – ma occorre vaccinarli regolarmente da veterinari che monitorino pure lo stato globale di salute e diano consigli sulla dieta, perché non bisogna commettere l’errore di lasciare una ciotola piena di cibo e disinteressarsi dell’alimentazione». La dieta deve essere varia ma regolare. «I pasti cambiano a seconda delle razze e dell’età ma tendenzialmente i cuccioli devono mangiare tre volte al giorno per evitare cali glicemici. Con la crescita, i pasti devono ridursi continuando ad avvenire in orari prestabiliti e con l’uso di due ciotole, una per l’acqua e l’altra per gli alimenti, educandoli a non mischiarle».
L’educazione è fondamentale. «Molti proprietari mi dicono che i loro cani sono dispettosi, ma non è vero – conclude Talamonti —. L’errore è dei padroni, che considerano il cane un oggetto e magari usano metodi coercitivi e sbagliati. Bisogna conoscere il loro linguaggio e capirne le esigenze, sapendo che anche i cani hanno sentimenti». A volte più forti di quelli dei loro padroni.
È divenuto una presenza affettiva, giocosa, con l’unico ruolo, spesso irrinunciabile, di compagno di vita. E tanta conoscenza la troviamo anche nella serie di volumi in uscita per il Corriere della Sera . Un’opera che non trascura nulla di ciò che vogliamo conoscere sui cani, inclusi gli aspetti emozionali con i quali ci raffrontiamo con un po’ più di difficoltà, incorrendo a volte in fraintendimenti e antropomorfismi.
Insomma, le istruzioni su come nutrirlo, toelettarlo o portarlo al guinzaglio sono facili e ovvie da recepire, ma la loro sensibilità, le loro emozioni e i loro sentimenti sono materia spesso più sfuggente.
E pensare che, per farsi un’idea su sentimenti e capacità emotive non umane, basta proprio possedere un cane e dedicare un po’ di tempo ad osservarlo. Già, perché lui non si nega di certo e esprime tutto di sé. È davvero un libro aperto il «miglior amico dell’uomo» e, forse, lo è anche per questo.
Le emozioni — che nascono dal profondo e hanno fondamenti neuro-fisiologici — lasciano infatti tracce palesi nei comportamenti e fu Darwin che, nella sua consueta ottica comparativa, per primo descrisse, nel suo sempre splendido L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali , le tante e quasi sempre facilmente leggibili manifestazioni emotive della nostra e delle altre specie.
Eccone un passaggio: «Il mio cane, quando per gioco mi afferra con i denti la mano ringhiando, se mi fa un poco male e io gli dico piano, piano! continua a mordermi, ma scodinzolando e accucciandosi sulle zampe anteriori sembra dirmi non preoccuparti, è tutto un gioco!».
Osservazione straordinaria, anticipatoria di un fenomeno, quello della metacomunicazione, che sarà descritto dagli etologi solo moltissimo tempo dopo. Oggi le sofisticate tecnologie di indagine (come la risonanza magnetica) e le rigorose sperimentazioni, sempre e comunque mal sopportate dai cani, aprono scenari di grande rilievo sulla loro sfera emotiva.
È ad esempio scientificamente dimostrato che provano sentimenti di gelosia verso il padrone, come è scientificamente provata la loro tristezza e malinconia se sono lasciati soli. Insomma i loro sentimenti non sono lontani qualitativamente dai nostri.
È fuor di dubbio perciò che un padrone riconosca facilmente una manifestazione di gioia, di paura o di aggressività del proprio cane. Ma spesso si tende a semplificare o a interpretare sbrigativamente i loro comportamenti e il fraintendimento è sempre in agguato. «Mi ama», pensiamo quando ci viene incontro scodinzolando, o «vuole giocare», se ha una pallina o un bastone in bocca.
Ma è tutto così semplice? Chi studia e lavora coi cani insegna a dare molta importanza ai dettagli. Ad esempio fare coccole e toccare il nostro cane, per ricambiare sue manifestazione d’affetto, non è sempre detto che funzioni, perché le coccole un cane le sollecita, ma non gli vanno imposte. E se sta lontano da noi, accucciato con un gioco tra le zampe, non sempre significa che ci stia invitando al gioco, ma piuttosto teme che gli sottraiamo il gioco e non ha quindi piena fiducia in noi. O ancora, quando passeggiamo, loro ci guardano spessissimo in faccia. «Non mi vuole perdere», pensiamo. Ma non è proprio così. Il cane guarda sempre il padrone perché è lui il suo mondo di riferimento e di informazione. Ci guarda per capire, conosce ogni nostra espressione e atteggiamento ed è così che sa cosa succede.
Imparare dunque a riconoscere cosa prova il nostro cane, aiuta a creare un rapporto corretto ed equilibrato. Percepire ad esempio i primi segni di paura o di disagio e non sottovalutarli può evitare di complicare la vita a lui e a noi. Perché la paura è il motore dell’aggressività. Così, se si irrigidisce e si vede il bianco nei loro occhi c’è qualcosa o qualcuno che temono. E poi iperventilazione, tachicardia sono sintomi di stress e agitazione. Loro dunque sanno manifestare sentimenti, emozioni, paure e passioni, svelandole e offrendole al nostro sguardo senza mistificazioni e ritrosie.
È così che loro ci indicano la strada per una serena convivenza e per farli felici. A noi rimane l’obbligo di imparare a conoscerli e di amarli.