La Stampa, 19 novembre 2014
Italia-Croazia. Quelli che per comprare il biglietto hanno dovuto compilare la propria autobiografia, che hanno dovuto svitare il tappo della bottiglietta, che hanno perfino visto perquisire una bambina. E seicento ultrà sono-entrati-senza-controllo?
Mauro compra i biglietti di Italia-Croazia e domenica sera si presenta con la ragazza alle porte di San Siro. Svita il tappo della bottiglietta di plastica, assiste incredulo alla perquisizione di una bimba di sei anni e scopre che il settore dove avrebbe dovuto accomodarsi è stato invaso dagli ultrà croati. Lo sistemano in una zona confinante, presidiata da individui incappucciati di nero tra cui spunta una bandiera della Bosnia, che sui croati ha lo stesso effetto di una muleta. Il parapiglia è impreziosito da scariche di petardi e fumogeni. La ragazza di Mauro ha gli occhi pieni di nebbia e di paura, i padri scappano coi bambini piangenti per mano e gli steward impotenti spiegano che i seicento spaccatutto sono entrati senza controllo perché arrivati in massa all’ultimo minuto. Mauro è esterrefatto. Per comprare il biglietto ha dovuto compilare la sua autobiografia, all’ingresso gli hanno fatto svitare il tappo della bottiglietta, hanno perfino perquisito una bambina. E seicento ultrà sono-entrati-senza-controllo?
Nella costernazione di questo giovane lettore si riconosceranno in tanti. Dal contribuente che paga le tasse e si sente fare la morale dagli evasori al parrucchiere che si sottopone ad adempimenti di ogni genere mentre il concorrente cinese, invisibile agli occhi dello Stato, può permettersi di offrire a sette euro una messa in piega. Ci vuole una flebo di santità per rispettare le regole quando tutto intorno impera il Far West e la fedeltà al proprio dovere è percepita come un segnale di debolezza. Ma alla lunga anche i santi si stufano di esserlo. E, se nessuno li ascolta, finiscono per ascoltare Salvini.