la Repubblica, 19 novembre 2014
Le Olimpiadi cambiano e Roma spera per il 2024. Il Cio annuncia i nuovi criteri per le candidature: saranno Giochi costruiti sulle esigenze delle città, addio al gigantismo, gare anche all’estero. La capitale valuta l’abbinamento Giochi-Giubileo
Giochi nuovi. Più flessibili, più socialmente utili, più democratici. Le Olimpiadi cambiano pelle. O almeno ci provano. «Per venire incontro ai bisogni della società», ha detto Thomas Bach, presidente del Cio. 40 raccomandazioni che dovranno dare più forza allo sport e cambiare il processo di assegnazione olimpica, rendendolo più fluido e più accessibile a tutti. Per ora siamo all’annuncio, dato ieri a Losanna, il cambiamento delle regole dovrà essere approvato dal congresso Cio in seduta plenaria l’8 e 9 dicembre a Montecarlo.
Vediamo in cosa consiste la riforma. Cambia la filosofia della candidatura. Come ha sintetizzato Bach: «Nel passato il Cio è stato giudice e allenatore delle città candidate, d’ora in poi sarà il loro partner. Questo significa che i progetti potranno corrispondere alle esigenze sportive, sociali, economiche delle città». È una rivoluzione. Finalmente si passa ad una candidatura di sartoria, nel senso che ogni città potrà tagliare a sua misura la richiesta dei Giochi. E non dovrà più accettare l’imposizione dall’alto di un progetto-pilota del Cio. Vuol dire incoraggiare le varie località a costruire una loro idea olimpica, senza dover per forza adeguarsi a seguire un modello. Forse ha pesato il no di Oslo che con un referendum popolare ha detto no ad una candidatura ai Giochi Invernali 2022 diventando l’ottava città ad abbandonare la gara di assegnazione. Altra novità: la delocalizzazione dei Giochi. Finora attribuiti esclusivamente a una città. Tutto cambia: si potrà chiedere l’aiuto di altre località e anche di un altro paese limitrofo. «Se due nazioni condividono una montagna perché no anche una candidatura?», parole di Bach. Non c’è limite di distanza e di chilometri. Significa che nell’eventualità di una candidatura di Roma, altre gare possono disputarsi a Firenze, Napoli, Bologna, Torino, Milano e anche per dire a Nizza. Ma attenzione: a partire dai quarti di finale si torna alla città organizzatrice, che resta centrale.
Il dislocamento dei Cinque Cerchi è per evitare la costruzione di cattedrali nel deserto, per un miglior utilizzo degli impianti già esistenti, e per ridurre i costi delle nuove infrastrutture, la cui gestione post-olimpica risulta quasi sempre onerosa. Altra notizia importante: il Cio metterà scritto nel contratto con la città il suo contribuito finanziario: una cifra attorno ai due miliardi di dollari. E vengono anche ridotte a tre le presentazioni delle candidature in giro per il mondo. Il numero di atleti è fissato nella quota di 10.500. Cambia la dizione: i Giochi passano da un programma «sport-based» a uno «event-based». 28 eventi, 310 medaglie per le estive. Ma la città organizzatrice potrà a tre anni dai suoi Giochi introdurre un evento preferito che varrà solo per quell’edizione (mettiamo il baseball per Tokyo 2020) e che usufruirà solo in minima parte dei dividendi finanziari. La non discriminazione sessuale resta un punto importante, così come il lancio di una tv olimpica.
E ora veniamo all’idea di Roma per i Giochi 2024. Alla domanda se il 15 dicembre prossimo, in occasione dei «Collari d’oro», verrà annunciata la candidatura della città italiana, Giovanni Malagò, presidente del Coni, ha detto: «Può essere. Non mi sento né di confermarlo, né di escluderlo». Pare però troppo presto. Soprattutto per le difficili condizioni in cui versa il paese. È Roma, Italia, a doversi candidare, non il Coni. Ma non c’è dubbio che se passerà la riforma delle 40 raccomandazioni, Roma ne può trarre vantaggio. Perché cessa la filosofia della città stravolta dai Giochi. A luglio 2015 si voterà per i Giochi Invernali 2022. C’è un altro anno per riflettere. Il 19 dicembre il grande sport olimpico verrà ricevuto dal Papa. Certo a Messa non si fanno affari. Ma certi messaggi subliminali passano. Il prossimo Giubileo si terrà nel 2025. La Porta Santa si aprirà qualche mese dopo la fine dei Giochi, se Roma dovesse organizzarli. In più il 2020 gli Europei di calcio si giocheranno anche a Roma (quattro partite) e il Coni ha già stanziato 3 milioni e 800 mila per una ristrutturazione dello stadio Olimpico (abbattimento di barriere e altro). Le concorrenti di Roma dovrebbero essere Baku, Doha, Los Angeles, in attesa che Parigi decida. E che l’Italia non frani.