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 2014  novembre 18 Martedì calendario

L’errore con la Croazia ha fatto entrare Buffon nel club dei paperoni. Da Kahn a Casillas, è capitato a tutti i grandi portieri. E Zoff, già «miope» nel ’78, vinse poi il Mondiale a quarant’anni

Buffon non si discute. Ma si può almeno dire e scrivere che quando sbaglia lui, come accade a qualunque altro grande portiere, allora è notizia, oltre che gol. Notizia di gaffe, nel football dicesi papera grazie a Umberto Mazza, rappresentante della commissione tecnica della nazionale italiana che il diciassette di marzo del Millenovecentododici così commentò uno dei quattro gol segnati dalla Francia: «El Vittorio stava in porta con piedi larghi e goffi, sembrava una papera». Vittorio era Faroppa, portiere debuttante che non trattenne un comodo tiro del francese Maes e fu fatto fesso dal successivo intervento di Mesnier. La Francia vinse 4 a 3 nel recinto di Piazza d’Armi vecchia, scambiato da qualcuno nel Filadelfia non ancora edificato. Faroppa fu il primo iscritto a paperopoli. Dopo di lui, il diluvio.
El Vittorio sarebbe poi passato alla Juventus, qualunque riferimento al Gigione nazionale è puramente voluto ma fa parte del gioco e dei giochi. È il destino dei portieri, dei portieroni poi in particolare. Vedi Dino Zoff che, stando allo scritto di Gianni Brera, nel mondiale argentino fu vittima delle miopie non avendo calcolato bene la traiettorie dei tiri da lontano di brasiliani e olandesi. Quattro anni dopo, lo stesso Zoff ipovedente per il maestro Brera, parò sulla linea un colpo di testa di Oscar nel decisivo Italia-Brasile e alzò al cielo la coppa del mondo dopo il trionfo sulla Germania.
Vanno così le cose tra i pali e sotto la traversa. Nessuno è mancato all’appello, da Kahn a Casillas, da Cech a Cudicini, da Arconada a Zubizarreta, al russo Akinfeev contro la Corea (chiedere a Capello) a Green in Inghilterra-Usa (richiedere a Capello). Il pallone è una saponetta, la sfera scivola tra i guantoni, la balistica inganna, il terreno di gioco tradisce, i tempi di reazione sono ritardati, la concentrazione non è massima, totale: gol. Gigi Buffon va sotto processo, il suo errore contro la Croazia non ha giustificazioni, lui stesso ha imprecato a santi e prostitute, rendendosi conto dell’errore che si è portato a letto e si trascinerà a lungo, come sempre, più di sempre. Se gli anni passano, i bimbi crescono, le mamme imbiancano anche i portieri, ogni tanto, devono capire che lo sport ha leggi bastarde dentro e fuori. Ma non si può giurare mai sul tramonto, così come Zoff, a quarantadue anni, dimostrò con il titolo mondiale conquistato. Il mestiere del portiere è diventato più complicato, la televisione non agevola, anzi, evidenzia, illustra la gaffe, smaschera l’esitazione, il mito traballa, la leggenda si offusca, non più ginocchiere, cavigliere, berretti, piuttosto maglie fosforescenti, guanti da clown, scarpe bicolori, fasce a cingere ondami di capelli, è cambiato il look, è cambiata la forma ma non la sostanza.
Annibale Frossi (2 scudetti con l’Inter, oro a Berlino e capocannoniere in quell’Olimpiade del ’36) diceva: il portiere deve parare il parabile non l’imparabile che, appunto, non fa parte dei miracoli dell’uomo. Ma se non para nemmeno il parabile allora sono guai e risate, degli avversari e non soltanto. Buffon lo sa e assapora il gusto amaro del football. Da domani altra vita, altri palloni da acciuffare con le sue grandi mani, come, del resto ha già fatto, dopo quel tiro croato.
Si entra nella cronaca e poi nella storia anche con un errore, agli attaccanti capita con un rigore sbagliato, magari in una finale mondiale o di Champions (siamo esperti in materia tra nazionale e clubs) ma nessuno dice e scrive che la loro è una gaffe, una papera colossale.
Soltanto perché, nel recinto torinese, Mazza Umberto si occupò dei piedi larghi e goffi di “El Vittorio”. Scrisse il cronista del tempo: «Quindi la gaia brigata si sciolse al canto di inni patriottici e delle più spigliate canzonette parigine». Come a San Siro. O no?