Il Sole 24 Ore, 18 novembre 2014
L’inattesa recessione del Giappone è una doccia fredda per il premier Shinzo Abe che ora vuole elezioni anticipate e avverte: «Il Paese indebolito non può reggere aumenti della pressione fiscale senza franare»
L’inattesa recessione nella terza economia mondiale – che si avvia a elezioni politiche anticipate come a una sorta di referendum sull’Abenomics – getta un’ombra sulle prospettive di ripresa dell’economia globale, dove solo gli Usa sembrano marciare sicuri, a fronte del ristagno europeo, della tendenza al rallentamento in Cina e delle difficoltà di vari Paesi emergenti. Il Giappone ha chiuso a sorpresa il terzo trimestre con un Pil reale negativo (-0,4% sul secondo trimestre e -1,6% annualizzato) che segue il crollo dell’1,9% del Pil nel periodo aprile-giugno (-7,3% annualizzato, rivisto ieri al ribasso) connesso all’aumento dell’Iva dal 5 all’8% scattato il 1° aprile.
È una doccia fredda per il premier Shinzo Abe, già irritato dalla notizia dell’elezione a governatore di Okinawa del candidato che si oppone ai piani di riassetto del dispositivo militare americano nell’isola.
Reduce da un G-20 australiano in cui aveva decantato le conquiste della sua Abenomics (da un indice di Borsa balzato da sotto 10mila punti a circa 17mila, alla fine della deflazione, fino al “sorpasso” delle offerte sulle richieste di lavoro), Abe è stato accolto da impietose statistiche: i consumi ristagnano ancora (con un modesto +0,4% dopo il -5% nel secondo trimestre) e le imprese sono riluttanti a investire (-0,2%) nonostante i maggiori profitti generati dallo yen debole (che a sua volta non riesce più a spingere più di tanto l’export). La Borsa – reduce da un +10% in due settimane dovuta alle nuove mosse espansive della banca centrale e alla svolta aggressiva nelle strategie di asset allocation del Fondo pensioni pubblico – ha ceduto ieri il 3% sull’onda di dati che non erano stati previsti dagli analisti, fiduciosi fino all’ultimo in una ripresa del Pil.
Forse rammaricandosi per aver introdotto il primo aprile scorso l’unico provvedimento non espansivo della sua Abenomics (appunto l’incremento dell’Iva dal 5 all’8%), il premier Shinzo Abe dovrebbe annunciare oggi lo scioglimento della Camera Bassa e le elezioni anticipate al 14 dicembre, in contemporanea al rinvio del nuovo aumento dell’Iva al 10% già previsto dall’ottobre 2015. Abe lancerà quindi al mondo il messaggio secondo cui una economia indebolita non può reggere un ulteriore incremento della pressione fiscale senza franare fino al punto da vanificare l’obiettivo di un maggiore gettito fiscale: per questo motivo – condivisibile da altri Paesi in situazioni simili – il Giappone, pur essendo il Paese più indebitato dell’Ocse, non rispetterà gli impegni tabellari presi sul percorso temporale per il contenimento del debito pubblico. Anzi, secondo le indiscrezioni, il premier – fiducioso di vedersi riconfermare il mandato dagli elettori, anche se con una maggioranza parlamentare meno ampia – sta già pensando a introdurre una nuova manovra di stimoli all’economia. Secondo alcuni analisti, anche la Banca del Giappone potrà vedersi costretta ad allentare ulteriormente – ricorrendo a nuovi strumenti – la sua politica monetaria.
L’opposizione, sia pure ancora frammentata e debole promette di dare battaglia al grido che l’Abenomics sta fallendo. Il segretario del Partito democratico, Yukio Edano, ha dichiarato che «le politiche economiche degli ultimi due anni sono state efficaci probabilmente nel gonfiare la Borsa, ma non nel campo dell’economia reale». Secondo Masaaki Kanno di JP Morgan Securities, la prospettiva più pericolosa è quella che, a inizio 2017, l’economia si troverà a dover fronteggiare il doppio colpo del rialzo dell’Iva e dell’inevitabile avvio dell’exit strategy della banca centrale dalla sua politica monetaria ultraespansiva. Tomo Kinoshita di Nomura evidenzia piuttosto che «non è necessario vedere nero nell’economia»: se l’aggiustamento delle scorte non avesse tolto 0,6 punti percentuali al Pil, la recessione tecnica sarebbe stata evitata. È pur vero che la domanda reale, escludendo questo fattore, sarebbe salita solo di un 1% annualizzato, ma andrebbe considerato, a suo parere, che il clima avverso dell’estate scorsa – con due grandi tifoni – ha depresso ulteriormente la spesa per i consumi (amplificando la riluttanza delle imprese verso nuovi investimenti). E conclude: «Il rinvio dell’aumento dell’Iva dovrebbe combinarsi con l’ulteriore indebolimento dello yen per spronare un trend di ripresa dell’economia».