il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2014
Per l’Emilia Romagna, e in particolare per il Pd locale, il voto regionale 2014 è una pagina da dimenticare già prima che si aprano i seggi domenica, con previsioni di astensionismo mai viste da queste parti. Tremende le intercettazioni delle conversazioni tra i gruppi: «Giornalisti servi e troie»
Una campagna elettorale iniziata male. Finita ancora peggio. Per l’Emilia Romagna, e in particolare per il Partito democratico locale, il voto regionale 2014 è una pagina da dimenticare già prima che si aprano i seggi domenica, con previsioni di astensionismo mai viste da queste parti. Non bastava la fine traumatica della giunta di Vasco Errani, con la sua condanna in appello, arrivata a luglio. Non bastava ai primi di settembre, al via della campagna per le primarie, la notizia che Matteo Richetti e Stefano Bonaccini, i due favoriti nella corsa, erano entrambi indagati dalla Procura di Bologna nell’inchiesta per peculato sui rimborsi in consiglio regionale. Anche se per Bonaccini, ora diventato il candidato Pd a governatore, era poi arrivata la richiesta di archiviazione dai pm, il popolo democratico aveva fatto capire di non gradire le notizie degli scandali e il dato dell’astensionismo alle primarie del 29 settembre era stato altissimo.
Ora che l’incubo sembrava finito, ecco spuntare quelle due riunioni dei capigruppo registrate di nascosto, due anni fa, dall’allora consigliere del Movimento 5 Stelle in Regione, Andrea Defranceschi. Ore e ore di sbobinato adesso a disposizione degli avvocati dei 41 consiglieri regionali (di tutti i partiti) che hanno ricevuto la settimana scorsa gli avvisi di fine indagine, ancora nell’ambito della stessa inchiesta. Le frasi che fanno più effetto sono quelle dell’allora capogruppo Pd in Regione, Marco Monari. “Quelle teste di minchia che son qua sotto – dice il 26 settembre Monari, non sapendo di essere registrato, riferendosi ai giornalisti assiepati sotto i palazzi della Regione – che sono i servi della gleba di un’altra casta molto più potente della nostra, ma loro non lo sanno, sono pagati in nero, 8 euro a pezzo, darebbero via le chiappe pur di firmare perché pensano legittimamente, son tutti ragazze e ragazzi giovani, a una prospettiva di carriera quindi a loro li perdono, a chi li strumentalizza purtroppo no”. Monari, in un’altra riunione il 1 ottobre 2012 ne ha anche per una giornalista molto nota. A chi gli chiede se la sera prima ha visto Report, risponde: “Report, con quella troia della Gabanelli! Appena la vedo mi viene l’orchite”.
Nel settembre 2012 l’inchiesta giudiziaria è appena cominciata. Monari, anche lui ora tra gli indagati, ragiona coi colleghi: “Ora, tutto quello che è stato fatto fino adesso è difficile da spiegare”, dice ai colleghi. Parla anche l’allora presidente del consiglio regionale Matteo Richetti (anche lui oggi indagato): “La parte più critica delle spese ce l’abbiamo proprio su questo: pranzi, cene e rimborsi chilometrici”.
Secondo Monari i pm troveranno facilmente eventuali irregolarità: “La sostanza è che nei rendiconti c’è tutto e se uno è capace, cioè ha fatto la seconda magistrale e mette due fogli contro il vetro vede gli incroci, punto, bisogna saperlo... perché poi le mosse che facciamo per il futuro, cioè tentativo di portare le mutande in lavanderia”. Lo scontrino, in quei giorni in cui i furgoni della Guardia di finanza di Bologna fanno spesso visita in Regione, è lo spauracchio. “C’è, cioè è inutile che ci guardiamo con le facce beote eccetera, c’è! C’è, c’è lo scontrino del pub, c’è lo scontrino del panino”. Monari ammette di non aver potuto controllare i suoi colleghi di partito (in 18 su 25 del Pd sono finiti indagati): “Non posso sapere che cazzo fanno 25 consiglieri regionali dalla mattina alla sera in giro per l’Emilia Romagna, non lo posso sapere e soprattutto non lo voglio sapere”. Obiettivo di quella riunione di capigruppo (registrata di nascosto) era pensare una nuova normativa anche per ripresentarsi davanti ai cittadini: “Vogliamo fare lo striscione e adesso accoppateci tutti? Siam lì eh cioè!... Secondo me ci vuole una legge”. Monari, che nella giornata di ieri si è autosospeso dal Pd, ha chiesto scusa per quelle frasi sui giornalisti “inqualificabilmente carpite in un contesto informale. Era un periodo di fortissima pressione emotiva sono concetti che non penso, né ho mai pensato, della categoria e dei professionisti con cui ho vissuto in rapporto per tanti mesi e per tanti anni”.
Ieri intanto in procura sono iniziate le prime audizioni dei 41 consiglieri. Le pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari, che lavorano coordinate dal procuratore aggiunto Valter Giovannini, daranno priorità ai 12 indagati che si sono ricandidati per il voto di domenica prossima. Mentre di programmi politici sulla via Emilia non parla più nessuno.