il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2014
Con lo Sblocca-Italia è stato dato il via libera a super-trivellazioni in Basilicata in cambio di una pioggia di milioni: Eni, Shell, Total e politici esultano. Gli studenti vanno in piazza per protestare
Anche i lucani nel loro piccolo s’incazzano. L’Opa delle compagnie petrolifere sulla regione, l’offerta di comprarsela in blocco e trivellarla nel modo giusto, facendo zampillare una selezione tra i migliori dei 479 pozzi censiti e “assaggiati” (271 in provincia di Matera e 208 in provincia di Potenza) in cambio di una distesa di bigliettoni di euro alle comunità coinvolte deve ora vincere l’ultimo e più increscioso degli accidenti: la paura.
Un passo indietro. Matteo Renzi a maggio decide di trasformare la Basilicata nel nuovo Texas italiano e avoca al potere centrale, nel decreto Sblocca Italia, le competenze per l’ampliamento della produzione petrolifera. Lo chiedono le tre grandi sorelle interessate all’affare: Eni, Shell e Total. Dei 38 pozzi attualmente in produzione con 85mila barili al giorno, che diverranno 135 mila appena i 50 mila marchiati Total saranno sul mercato e 154 mila quando l’Eni attiverà l’estrazione dell’ultimo ceppo concordato nella vecchia intesa, si può succhiare da altri buchi altro meraviglioso oro nero. La cosa straordinaria è che la scelta di Renzi di evirare ogni autonomia alla Lucania ottiene fra gli evirati un indiscutibile successo. Vivissimo plauso da parte del pacchetto di deputati e senatori che detengono la Regione. Per Marcello Pittella, il governatore, si aprirebbero così “grandi opportunità” per il territorio. Marcello è fratello di Gianni, azionista di riferimento del Pd e capogruppo dei socialisti europei a Bruxelles che nel silenzio annuisce.
L’ex governatore Vito De Filippo è sottosegretario alla Sanità e figurarsi. L’altro ex conducator Filippo Bubbico, predecessore di De Filippo e Pittella, è viceministro all’Interno e stra-figurarsi. C’è da aggiungere che un altro potentino, Roberto Speranza, è capogruppo alla Camera e quindi sonnecchia con circospezione. Il sestetto di mischia si completa con un vero fan del petrolio, il deputato Salvatore Margiotta. I potenti e influenti politici locali dunque non solo applaudono ma rifiutano di accogliere la richiesta popolare di ricorrere alla Corte costituzionale contro l’articolo 38 che centralizza l’affare, spostandolo a Roma, lontano dal cuore. Resta, quasi solitario, il voto di Vincenzo Folino, anch’egli Pd: “Combatto contro questa posizione anche se so di perdere”.
Il contesto sembra far girare il vento per il verso giusto. Matera è intanto eletta capitale europea della cultura, e dunque festeggia i suoi Sassi infischiandosene della puzza e delle trivelle. Anche le parrocchie salutano compatte all’incipiente sequela di perforazioni. Del resto le tre sorelle del petrolio, sempre animate da spirito collaborativo, sostengono col loro marchio un decisivo volume della Cei dal titolo “Itinerari religiosi in Basilicata”. Federica Guidi, il ministro dello Sviluppo economico in una sua visita quasi lacrima per la gioia: non ha mai visto un popolo più tenero, disponibile e responsabile di quello lucano: “È veramente brava gente”.
Poi però qualcosa s’inceppa. Iniziano gli studenti medi, quelli dei licei. Programmano le cinque giornate, ma non è nulla di letterario. Ci saranno cinque giorni di proteste in piazza. Banale ma efficace la questione posta. Emanuele, uno dei leader, domanda a Renzi: “Vieni nella mia casa e non bussi alla mia porta?”. Manifestano il primo giorno, e sono migliaia. Pure il secondo giorno sono migliaia. E così il terzo. “Un modo per non andare a scuola”, snobbano i pretoriani. Allora le manifestazioni vengono spostate al pomeriggio: e sono migliaia comunque.
Turbolenze giovanili? Sì e no. Perché la rabbia dei giovanissimi si unisce a quella di chi non vive di petrolio ma di turismo e agricoltura. I materani, pur in festa, iniziano a interrogarsi sul fatto che il loro cielo si sporchi di nero per colpa dei potentini, dei quali non hanno grande simpatia (ricambiati, del resto). Dunque dopo Potenza anche Matera il 23 novembre scenderà in piazza. È un contagio lento ma che avanza. E dove non può la rabbia, ce la fa l’altra paura. La paura di vedersi ricco ma ammalato. Qui a Viggiano, capitale del petrolio, i soldi sono tanti ma anche la fifa è blu. Tanto che il sindaco Amedeo Cicala confessa: “Potessi direi no al petrolio. Ma come si fa? Mi preoccupa però l’economia drogata, ho terrore che la mia comunità sia espropriata dal diritto di governare la scelta industriale”.
Viggiano, 3200 abitanti, incassa 11 milioni di euro di royalties all’anno. Sono ricchi ma storditi. Ricchi ma impauriti. Infatti il consiglio comunale voterà il ricorso alla Corte costituzionale contro l’articolo dello Sblocca Italia che gli lega mani e piedi. La paura è che il petrolio produca danni alla salute. Gli ultimi dati disponibili riferiscono di un evidente, straordinario innalzamento delle patologie oncologiche. Sono 366 casi di cui 183 con decesso. Mesotelioma e carcinoma polmonare i principali killer riconosciuti. “Quando si alzano quelle fiammate lunghe decine di metri verso il cielo io tremo. E tremano anche quelli che fanno affari con il petrolio”, dice il sindaco di Viggiano. Le fiamme, i fumi. Anche Matera davanti a sè ha i gas dell’Ilva che quando sono poderosi si scorgono nitidi all’orizzonte, e dietro di sè il fuoco, o i veleni sotterrati nella piana del Basento.
Ma gli affari, incrociando le dita, vanno a gonfie vele. E qui però la terza e ultima novità: sta per approdare a riva una inchiesta della procura di Potenza, oramai avviata da mesi, sul business connesso al petrolio. Gli affari viaggiano sui tir che trasportano i reflui tossici, le scorie radioattive e i fanghi. Dove e come questi veleni vengono sotterrati? Quali le cautele e quali le imprudenze? È davvero tutto a norma di legge? Ed esiste o è un’invenzione di alcuni “cronisti straccioni” l’esistenza di un circuito politico che si abbevera ai pozzi? Sui cieli lucani turbolenza in arrivo, allacciare le cinture!