la Repubblica, 18 novembre 2014
Il Po ora fa davvero paura. Più di mille sfollati sulla riva destra. «Chiudiamo ponti e scuole. Fino a ieri il fiume era anche uno spettacolo, con la sua forza, i suoi colori. Ma la nuova piena sembra davvero pericolosa». Portata e pressione record dell’acqua da Cremona al delta
Prima le bestie, poi gli uomini. Cento cavalli, 14 vacche, qualche maiale, un gregge di pecore. Via dalla golena di Ghiarole, che è appena fuori il paese: in questa sera di pioggia il Po fa davvero paura. «Il nuovo colmo – dice il sindaco, Marcello Coffrini – arriverà stanotte o domattina. Ho fatto chiudere le scuole per i prossimi due giorni. La strada sull’argine maestro è vietata anche ai ciclisti e ai pedoni. Fino a ieri il fiume era anche uno spettacolo, con la sua forza, i suoi colori. Ma la nuova piena sembra davvero pericolosa». Ghiarole è dentro l’argine maestro ed è protetta da argini più bassi che dovrebbero salvare le case, i campi, gli animali. «I cavalli e le vacche sono state portate via con i camion. Le pecore le abbiamo spinte in un podere asciutto. Entro mezzanotte tutte le 235 persone che abitano in golena debbono andare via».
Nessuno protesta, per questo trasloco. «Nel 1994 – raccontano le donne e gli uomini impegnati a smontare i mobili di casa per portarli al primo piano – c’era chi diceva che l’acqua non sarebbe arrivata alle nostre case. E invece la piena è arrivata di notte e ha ucciso gli animali nelle stalle. Noi ci salvammo con le barche». C’è la Madonnina vista nei film di don Camillo e Peppone, alle Ghiarole. All’inizio del secolo scorso qui c’erano più di mille persone, che avevano i mulini o pescavano lucci, storioni e tinche. «Per fortuna – racconta il sindaco – quasi tutti hanno una casa anche in paese, difeso dall’argine grande. In albergo ho messo solo 65 persone, ma chissà per quanto tempo dovranno restarci. Cercheremo case in affitto, da assegnare con la garanzia del Comune, come abbiamo fatto per il terremoto». Nessuno dormirà, stanotte. Le porte e le finestre della case abbandonate sono state chiuse, «per paura degli sciacalli», dice il sindaco Coffrini. «Ma se l’acqua arriva forte, bisogna andare ad aprire tutto. Se il fiume trova ostacoli, li abbatte».
Sono più di mille e cento gli sfollati, solo sulla riva destra, fra Parma, Reggio, Ferrara. Altri 150 sono stati evacuati nella riva sinistra, fra Mantova e Rovigo. «La piena in corso – dice l’ingegnere Ivano Galvani, dell’Aipo, Azienda interregionale per il Po – arriva quasi a “tamponare” quella della settimana scorsa e il fiume è più alto di un metro. Abbiamo così una criticità pesante praticamente da Cremona al Delta. C’è una portata di 9.700 metri cubi al secondo, molto simile a quella della piena del 1994 e non distante da quelle del 2000 e del 1951. Ma per fortuna da allora sono stati fatti lavori importanti. Gli argini adesso sono più sicuri».
Luci accese, stanotte, anche a Luzzara. «Abbiamo messo delle brandine in Comune già da qualche giorno – racconta il sindaco Andrea Costa – ma non c’è nemmeno il tempo di usarle. Qui piove che Dio la manda. Dalla mia golena di Fogarino sono state evacuate 41 persone: ci sono aziende agricole, una cava di ghiaia e anche extracomunitari che lì hanno trovato un riparo a poco prezzo. Abbiamo messo tutto in sicurezza, staccando il Gpl e l’energia elettrica. La golena è già allagata perché abbiamo tagliato l’argine di protezione, alto 8,70 metri contro gli 11,5 dell’argine maestro. Bisogna fare così, per evitare disastri. Noi abbiano tagliato 20 metri così l’acqua fa meno pressione e soprattutto sostiene l’argine da ambedue le parti. Se non si taglia, la furia del fiume magari ti tira giù trecento metri».
Sono chiusi ponti importanti, come quelli di Boretto verso Viadana e di San Benedetto verso Bagnolo San Vito. Stalle vuotate anche a Quistello e a Motteggiana, il paese di Giovanna Daffini e delle sue canzoni di risaia. Fino all’ultima luce, nei tratti di argine verso il ferrarese (dove la piena per ora fa meno paura) il Po continua ad attirare migliaia di persone. «Hai visto, sembra il mare». C’è chi porta i bambini «così guardano la loro prima piena». È un «turismo», questo, che unisce le famiglie. Ci sono i ragazzi che fanno filmati e selfie davanti alla piena con i pioppi che sembrano annegati, ci sono i nonni che invece possono raccontare le piene del ‘51 e del 2000, quando «sono sceso dalla camera da letto e in cucina c’erano due metri d’acqua».
In questa Italia che intuba a torrenti e che si sfalda il Po è anche una lezione. Prima di San Benedetto, dall’argine maestro, non vedi nemmeno il letto del fiume, tanto è lontano. Gli uomini hanno capito che un grande fiume va rispettato e che se non gli lasci spazio, se lo riprende. Grano appena nato, risaie, cachi e kiwi nelle golene, ma gli uomini che lavorano qui sanno di essere in prestito. «Anch’io – dice Primo Tomaini, 80 anni, di Frassinelle Polesine – stamattina sono andato a guardare il Po. È alto proprio nel mezzo, mi fa paura». Chiede un passaggio in auto, per andare e rivedere il «posto della grande disgrazia». Un arco di pietre, una lapide, fiori freschi del Comune di Frassinelle. Proprio sabato scorso, il 15 novembre, era il 63esimo anniversario della strage del ‘51. «La sera prima il Po aveva rotto a Malcantone di Occhiobello, aveva portato via anche la mia casa. All’alba del 15 un camion di sfollati è stato travolto da un’ondata, ci sono stati 84 morti. Ne conoscevo tanti». Primo Tomaini dice che il camion doveva prendere un’altra strada, più alta, ma questa era piena di sfollati sui carri trainati dai buoi, non si passava. «La pietà dei viventi questo marmo eresse / ricordo dolorante dell’immane sciagura».
Gli argini, adesso, sono più alti. L’allarme, in caso di pericolo, arriva in un attimo. «Ma il Po qui è troppo vicino. Si sente il rumore della piena. Mi riporta a casa?».