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 2014  novembre 18 Martedì calendario

Un esemplare del celebre cappello a due punte di Napoleone Bonaparte, nero e in pelle di castoro, è stato appena venduto a Parigi per 1,8 milioni di euro. L’uomo è anche ciò che indossa. E i grandi uomini, di solito, indossano icone. Dalla tuba di Abramo Lincoln al fez di Benito Mussolini fino ai territori del sogno e delle favole di celluloide: il borsalino di Humphrey Bogart in Casablanca o quello, versione fedora, di Harrison Ford nella parte di Indiana Jones

Chi sarebbe Napoleone Bonaparte senza il cappello bicorno? O Giuseppe Garibaldi senza la berretta floscia? O Ernesto Che Guevara senza il basco nero? La rivoluzione è sempre qualcosa che parte dalla testa. E non solo nel senso delle idee. Ma anche il conservatorismo, a pensarci bene. L’Inghilterra si sarebbe fidata di Winston Churchill anche se non avesse portato, con sicurezza e coraggio, il suo Homburg?
L’uomo è anche ciò che indossa. E i grandi uomini, di solito, indossano icone. Dalla tuba di Abramo Lincoln al fez di Benito Mussolini fino ai territori del sogno e delle favole di celluloide: il borsalino di Humphrey Bogart in Casablanca o quello, versione fedora, di Harrison Ford nella parte di Indiana Jones, o il cilindro di Willy Wonka esibito con sfrontata infantilità da Johnny Depp. Poi, c’è la letteratura: il deerstalker di Sherlock Holmes, il cappello a tre piume di Cyrano de Bergerac, la bombetta del commissario Maigret...
Il cappello è capo di abbigliamento, protezione fisica, indumento polisemico, icona (e anche strumento di propaganda politica: il simbolo dell’impero yankee, per i suoi nemici, è un cappello: il berretto da baseball). E le icone, patrimonio immaginario di tutti, quando qualcuno le vuole comprare solo per sé, costano caro. Un esemplare del celebre cappello a due punte di Napoleone Bonaparte, nero e in pelle di castoro, è stato appena venduto a Parigi per 1,8 milioni di euro. A comprarlo, ha riferito la casa d’aste Osenat, è stato un uomo di nazionalità sudcoreana. Elegante melting pot iconico. Il copricapo bicorno è uno dei 19 esemplari lasciati dall’imperatore alla sua morte e che si conservano ancora oggi al mondo. Faceva parte della collezione di Palazzo del Principe di Monaco.
A proposito di pezzi storici. Nel 2012 la bombetta che Charlie Chaplin indossava quando interpretava il vagabondo Charlot fu battuta per 58mila dollari (mentre il bastone fu acquistato a meno, 42mila). Uno dei famosi cappelli di feltro nero fedora di Michael Jackson nel 2009 è stato venduto all’asta per 22mila dollari. E tra cinema, leggenda e storia, the green beret di John Wayne, simbolo del bellicismo patriottico americano, due anni fa è stato acquistato insieme con altri oggetti dell’attore per 180mila dollari.
A dimostrazione che anche il mito ha un prezzo. Ma non l’eleganza. Presente in tutte le civiltà, dagli antichi copricapi egizi alla «paglietta» a tesa corta hipster-style di oggi, il cappello è un simbolo culturale che segna l’appartenenza, è un codice comunicativo, dichiara una visione del mondo ed è metafora della creatività individuale. Per pochi, parla a tutti. E il fatto che l’uomo – a differenza delle donne che lo ostentano – non lo indossi più, o quasi, significa che stiamo perdendo la memoria della nostra storia e un certo senso della bellezza.
Che il capello sia un simbolo, e non un semplice accessorio, del resto, ce lo insegna uno degli uomini più autorevoli del mondo, che poi è una donna. La regina Elisabetta, la quale nel corso del proprio regno ha indossato 5mila cappelli. Diversi. Ma che rappresentano sempre la stessa cosa. Una corona.