La Stampa, 17 novembre 2014
A Varese un nonno e sua nipote muoiono sotto tre metri di fango e sassi. Cronaca dell’ennesima tragedia annunciata
Sua madre, il suo compagno e quattro carabinieri accorsi subito dopo l’allarme hanno scavato a mani nude nella notte per ore. Tra i massi che erano entrati dalla finestra in quella che era una cameretta a piano terra di questa villetta azzurrina a Cerro di Laveno in provincia di Varese, cercavano Adriana de Pena Moya, sedici anni, studentessa, le lenti grandi che non riuscivano a coprire i suoi occhioni, il sorriso solare come la Repubblica Dominicana da dove era venuta per morire poi sotto un cielo nero di pioggia. Travolta da una frana di fango e terra staccatasi dalla collina dietro casa. Suo nonno acquisito, Giorgio Lovati, 70 anni, uno degli ultimi pescatori di professione del lago Maggiore, uno che in paese conoscevano tutti, era nella stanza a fianco a dormire e forse, per fortuna, non si è accorto di niente. Non della frana che poco prima di mezzanotte sventra la villetta, che il giorno dopo, e sembra un miracolo, è ancora in piedi e a guardarla di fronte non pare nemmeno violata da quel mare di fango che la circonda e lambisce l’acero rosso e il box e l’auto rimasta parcheggiata con cura.
Quello che è successo lo racconta Lia Volpi, la moglie del pescatore e nonna acquisita della ragazzina, salva solo perché non aveva sonno, la televisione era al piano di sopra e fino a lì lo smottamento di terra provocato da 600 millimetri di pioggia caduti in pochi giorni non è arrivato. «Ho sentito un boato, sembrava un tuono, un temporale fortissimo, poi è arrivato un grande silenzio...», racconta questa donna stretta nell’impermeabile beige ora che non piove più. «Sono corsa nell’altra stanza e ho visto che c’erano almeno tre metri di fango e sassi. Lì sotto, sotto quella montagna, c’era mio marito...», ripete per l’ennesima volta a tutti quelli che vengono fino a qui, davanti a questa villetta costruita in fondo a un prato che non si vede nemmeno più, coperto da metri e metri di fango quasi secco dove adesso i carabinieri hanno steso il nastro bianco e rosso.
La villetta era stata costruita negli Anni Sessanta. Dove c’è il prato una volta c’era un bosco di pini ma è stato tagliato. Frane e piccoli smottamenti sono la norma in questa piccola frazione, cinquecento abitanti appena. Nel 1993 e nel 2000, qualcuno si ricorda, le frane erano state importanti. Dicono che pure il pescatore e sua moglie fossero preoccupati che venisse giù tutto ogni volta che i temporali si facevano più forti. «Quando piove la collina si inzuppa di acqua, il campo da calcio si allaga e fa paura. Ma non c’è mai stato uno smottamento così grave come l’altra notte», ripetono tutti perché tutti sapevano che la collina non era sicura e che forse il taglio degli alberi può aver reso ancora più instabile la collina.
Il magistrato di turno di Varese Giulia Troina ha già aperto un’inchiesta. Bisogna verificare se i lavori sui terreni attorno alla villetta erano a norma, se erano stati autorizzati e se era arrivata un’autorizzazione competente. Davanti alla villetta arriva anche il sindaco di Laveno Mombello Graziella Giacon: «In passato erano stati fatti lavori di consolidamento. Abbiamo raccolto le carte e le abbiamo consegnate ai carabinieri che stanno conducendo le indagini. Di certo non c’è stato alcun preavviso della frana». Le frasi di sempre in questi casi dove quando piove c’è uno smottamento, dove quando piove tanto viene giù una collina intera. «Il nostro è un territorio delicatissimo dal punto di vista del dissesto idrogeologico e non si riesce mai a fare una previsione».