il Giornale, 17 novembre 2014
L’asterisco assumerà un’importanza capitale in futuro. La neolingua di Orwell è arrivata tra noi. Ecco qualche esempio
«Fine specifico della neolingua non era solo quello di fornire, a beneficio degli adepti del Socing (Socialismo inglese), un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero. Si riteneva che, una volta che la neolingua fosse stata adottata in tutto e per tutto e l’archelingua dimenticata, ogni pensiero eretico sarebbe stato letteralmente impossibile, almeno per quanto riguarda quelle forme speculative che dipendono dalle parole». Così scrive George Orwell all’inizio dell’appendice di 1984 dedicata a I princìpi della neolingua.
I termini della neolingua escludevano ogni altro significato «compresa la possibilità di giungervi in maniera indiretta. Ciò era garantito in parte dalla creazione di nuovi vocaboli, ma soprattutto dalla eliminazione di parole indesiderate e dalla soppressione di significati eterodossi e, possibilmente, di tutti i significati secondari delle parole superstiti». Nel mondo del Socing descritto in 1984, l’intervento sulle parole per modificare la mentalità delle persone non era rivolto solo al presente, ma anche al passato, intervenendo sulla letteratura precedente. Così si cominciò a «tradurre» secondo i criteri della neolingua autori come «Shakespeare, Milton, Swift, Byron, Dickens e altri».
Nell’edizione di 1984 che Mondadori pubblicò proprio nel 1984 con l’introduzione di Umberto Eco, l’illustre semiologo affermò che nessuna delle catastrofiche precisioni di Orwell si era avverata. Oggi, a 65 anni dall’uscita del romanzo e a 40 dalla fatidica data, stiano vivendo l’incubo del mondo di Oceania dove il protagonista, Winston Smith, lavora al Ministero della Verità riscrivendo libri, documenti, articoli affinché non siano in contraddizione con le verità espresse dal Socing e dal Grande Fratello. Nuove parole introducono nuovi concetti e cancellano parole e concetti del passato per modificare il pensiero e la visione del mondo. È ciò che stanno cercando di fare il Dipartimento Pari Opportunità/Urar con gli interventi sulle fiabe e sugli orientamenti sessuali dei bimbi degli asili e delle elementari; l’Ordine dei Giornalisti con le sue regole per le parole riferite agli immigrati clandestini e zingari; le Università di Trieste e Udine con un «protocollo» contro le «dissimmetrie grammaticali e sintattiche» che si vorrebbe far adottare dallo Stato e dalle amministrazioni locali nei documenti ufficiali. Vale a dire proponendo l’uso di un femminile tutto particolare nei titoli di professioni e cariche: dottora invece di dottoressa, professora per professoressa, rettora per rettrice e così via. Si dovrà dire «giudicia»? Ci stanno pensando.
Si propone anche l’abolizione del maschile onnicomprensivo, che comprende anche il femminile. Alcune soluzioni avanzate sembrano uscite da una barzelletta: a esempio, sostituirlo con il femminile: «Carlo e Franca sono arrivate a Firenze». Bello, no? E non sarà una discriminazione al contrario? Un’altra proposta è da settimanale enigmistico: non mettere la vocale finale e sostituirla con un asterisco! Ecco il risultato: «Carlo e Franca sono arrivat* a Firenze». Straordinaria idea. L’asterisco assumerà un’importanza capitale in futuro, vedrete, allo scopo di non «offendere» nessuno. Perché non allora «arrivati/e», come già qualcuno usa? Non pare si possa, dato che, è accertato, di sessi non ce ne sono soltanto due, ma tre, quattro e forse dodici, qualcuno si sentirebbe escluso e si «offenderebbe». Leggeremo allora: «Car* amic* benvenut* a questa manifestazione». Ma a voce, come si esprimerà l’interlocutore anti-sessista per non «offendere» le persone presenti?
Inoltre rimane un altro problema: come riscrivere «umanità», dato che sembra riferirsi al solo «genere uomo»? Bella gatta da pelare per i gestori della neolingua.