La Stampa, 17 novembre 2014
Elogio del nebulizzatore. Ormai a tavola la goccia non è più di moda...
La goccia non è più di moda. Forse perché troppo lenta, o piuttosto perché singolare. Oggi alla goccia in cucina si preferisce la nebulizzazione. Si stanno diffondendo, prima nei ristoranti poi anche nelle case, i nebulizzatori di olio, aceto e limone. Certo l’olio è diventato prezioso e ha raggiunto (e certamente raggiungerà con la prossima raccolta) prezzi così elevati che i ristoratori preferiscono mettere in tavola boccette, da cui si può diffondere il prezioso liquido giallo come se fosse un profumo. Di conseguenza, anche l’aceto, suo compagno, viene nebulizzato. L’azienda spagnola Lékué ha poi messo in vendita uno strumento da introdurre nel limone per ricavare piccole nuvolette del suo liquido da spruzzare su insalate o nei cocktail; particolarmente utile rende superflua l’azione della spremitura.
Certamente con il nebulizzatore il liquido è diffuso in modo più omogeneo su insalate o altri piatti, molto meglio che con l’oliera o l’acetiera tradizionale. Quante volte capita di versare troppo liquido – olio o aceto – su un piatto vegetale? Siamo entrati dell’epoca dei dispensatori sempre più precisi ed efficienti. Ora tocca all’olio. L’atto della nebulizzazione, spiegano i dizionari, è quello di ridurre un liquido in minutissime goccioline disperse nell’aria. Si tratta di un termine che si è diffuso dal 1872; di origine francese, deriva dal latino, da «nebula», «nebbia». Solo nel 1906 è entrato nell’uso corrente, ma i linguisti lo registrano in italiano attorno agli Anni Quaranta del XX secolo. All’inizio del Novecento i nebulizzatori erano in uso principalmente in campo medico, per insufflare rimedi per le vie respiratorie. Si curavano raffreddori, o altre affezioni bronchiali e delle prime vie con nebulizzatori in affitto nelle farmacie. Questo intorno al 1915.
Il processo della nebulizzazione avviene attraverso l’attrito con l’aria: facendo uscire dai fori degli augelli il liquido, questo si polverizza in modo sempre più fine in rapporto al diametro del foro d’uscita. Così più grande è la velocità d’uscita, più piccolo sarà il diametro delle gocce del liquido. In effetti, nella nebulizzazione le gocce non scompaiono, diventano solo molto piccole, quasi invisibili, come accade con la nebbia. Forse non è un caso che avvenga. Viviamo in anni nebbiosi, o meglio nebulosi: caliginosi, foschi, oscuri, incerti (questo il significato del termine). L’indeterminatezza perciò va nebulizzata. A tavola, per cominciare.