la Repubblica, 17 novembre 2014
Aldo Buzzi e le sue lettere sul brodo e sulla vita. L’arte ironica del maestro della divagazione
Una decina di anni fa Repubblica chiese ad Aldo Buzzi di scrivere qualcosa sulla vecchiaia. La scelta non era casuale: Buzzi aveva allora 95 anni. Non fu facile convincerlo, ma poi mandò un racconto e una poesia. Il racconto comincia dal barbiere che con le forbici in mano chiede al cliente che cosa si prova a 95 anni e lui risponde che, a parte i malanni, tutto è uguale a dieci anni prima: è la stanchezza la vera caratteristica dell’età. «Una stanchezza che non passa riposando perché anche il riposo stanca». Il racconto si intitola Parliamo d’altro e confluì in un piccolo libro con lo stesso titolo (Ponte alle Grazie, 2006). C’è dentro anche la poesia che così comincia: «Vedi, questa è la goccia / che fa traboccare il cammello…».Parliamo d’altro potrebbe essere l’insegna di tutta l’opera di Aldo Buzzi, ironico maestro della divagazione, che esordì con un Taccuino dell’aiuto regista poco dopo la Seconda guerra mondiale. Buzzi era architetto e aveva lavorato nel cinema con Soldati e Lattuada. Con la sorella di Lattuada, Bianca, visse per cinquant’anni ma non si sposarono mai. «La mia non-moglie», diceva. Era stato amico fraterno di Saul Steinberg che aveva lasciato Milano per via delle leggi razziali e gli scriveva dall’America. Le lettere ad Aldo Buzzi, curate dal medesimo, sono diventate un libro Adelphi. Il dieci agosto Buzzi compiva gli anni e se gli telefonavi per gli auguri rispondeva un po’ imbronciato che era stanco e insomma, sembrava dire, «parliamo d’altro». Non potevo sospettare che proprio negli ultimi anni Buzzi avesse trovato un interlocutore fraterno, una sorta di ammiratore alter ego, in Mario Nicolao, scrittore, biografo di Rossini e molto altro ancora: ed ecco che un nutrito manipolo di lettere tra i due esce ora da Archinto con il titolo Lettere sul brodo.Sono lettere in cui l’ ars divagandi, se così posso dire, imperversa. Nicolao vive tra la Liguria e Parigi, dove abita suo figlio, che dirige la rivista Chorus, ma ha anche casa a Milano. Buzzi sta a Milano in zona Lambrate, via Bassini. Buzzi è fortemente lombardo per ascendenza e cultura. (Gadda, Dossi, Manzoni…) E fortemente internazionale, ma sempre, alla fine lombardo. Tra i suoi libri c’è anche Cechov a Sondrio. Ho un debole per quasi tutto …, confessa una volta. Fa da esca Mallarmé di cui Buzzi ricorda alcuni versi a memoria. Nicolao gli trova il libro da cui provengono. Sono poesie d’occasione, quanto di più “buzziano” (odiava quell’aggettivo) possa esserci. E siccome quei versi contengono un indirizzo parigino (22 Boulevard de Courcelle), ecco affiorare ricordi di Buzzi sulla Parigi anni Sessanta, quando abitava vicino a Place Pigalle e dalle finestre uscivano suoni di sassofoni, trombe, clarinetti di jazzisti neri ancora sconosciuti e forse mai affermati. «Mangiavo spesso alla tavola della portiera e mangiavo bene».Dunque gli argomenti di conversazione epistolare crescono: libri (Buzzi consiglia a Nicolao di leggere Allegro ma non troppo di Cipolla), poeti, cinema e naturalmente cucina. Nicolao racconta di aver incrociato a suo tempo il critico marxista Guido Aristarco e di essere fuggito. Buzzi ricorda di aver avuto accanto come secondo assistente di Lattuada, Dino Risi. I due interlocutori duettano volentieri e avranno anche incontri ravvicinati in casa Buzzi. Naturalmente non c’è nulla di sistematico nell’epistolario, dove si dice che l’Italia si rispecchia bene nella Gazzetta dello Sport, nella Settimana enigmistica e nell’immortale Almanacco di Frate Indovino, oltreché nella rivista La cucina italiana alla quale collabora Nicolao e collabora Buzzi. Di cibo si parla dunque molto opponendo la cucina delle donne alla cucina degli chef, con netta preferenza per la prima. Nicolao sa tutto degli chef. Buzzi, autore de L’uovo alla kok ( Adelphi), ma anche della Lattuga di Boston (Ponte alle Grazie) è un maestro riconosciuto della conversazione culinaria e ad un certo punto ecco fare la sua comparsa il brodo.Viene discusso a lungo il modo migliore di farlo, la carne e l’osso giusti, il colore. Si va da diversi macellai per cercare di carpire un segreto in più. Intanto Buzzi regala a Nicolao i versi di Ragazzoni. Affiorano dubbi sulla grandezza di Bellow. Meglio Gaddis? Ormai si danno del tu. Ma la stanchezza avanza, Buzzi muore a 99 anni. Nell’ultima lettera aveva scritto «L’Italia non va presa sul serio, è una specie di spettacolo» e poco dopo: «possono capitarmi cose orribili».