la Repubblica, 17 novembre 2014
Putin dice la sua sulla crisi in Ucraina, parla del G20, della crescita russa e delle sanzioni: «Difficile calcolarne i costi. In parte sono virtuali, ma esistono. Esistono però anche vantaggi per noi russi: i limiti all’acquisto di merci, di prodotti industriali europei o americani, ci incoraggiano a produrre quei beni da soli»
Signor presidente, l’Occidente ha escluso la Russia dal G8. Poi Usa, Regno Unito e altri Paesi hanno imposto massicce sanzioni contro Mosca. In questo clima, che cosa si aspettava dal G20? Quanto a crescita e occupazione, le cose vanno male in Russia: la crisi è controproducente per voi?
«In Ucraina, lavoriamo a un miglioramento della situazione, per chiudere la crisi. Vogliamo rapporti normali con tutti i nostri partner: anche con gli Usa e l’Europa. Quanto accade nel quadro delle sanzioni penalizza l’economia globale e va a danno di tutti. Intanto incrina i rapporti Ue-Russia, e questo contrasta con il diritto internazionale, con i valori costitutivi del Wto, con le intese raggiunte nel G20. E poi ci sono i costi causati all’economia globale dalle nostre contromisure per difendere l’economia russa. Nei calcoli della Commissione Ue, sono di 5 o 6 miliardi di euro».
Qual è il peso delle sanzioni sulle banche?
«Le banche russe hanno finora concesso a Kiev crediti per 25 miliardi. Se i nostri partner europei e gli Usa vogliono aiutare l’Ucraina, è forse perché vogliono seppellire il nostro sistema finanziario che la sorregge? Cosa vogliono conseguire, insisto? Se crollano le nostre banche, crolla anche l’Ucraina. Siete ciechi? I tedeschi e gli altri europei dovrebbero valutare anche le conseguenze a lungo termine delle sanzioni: solo in Germania, se le nostre aziende potranno commerciare meno con il Paese, ci saranno in gioco 300 mila posti di lavoro. In Germania, non in Russia».
E i costi generali delle sanzioni per la Russia, invece?
«Difficile calcolarli. In parte sono virtuali, ma esistono. Esistono però anche vantaggi per noi russi: i limiti all’acquisto di merci, di prodotti industriali europei o americani, ci incoraggiano a produrre quei beni da soli. È comodo pensare solo a vendere gas e petrolio, e poter comprare il resto. Questo tipo di vita in parte appartiene già oggi al nostro passato. Adesso noi russi dobbiamo pensare anche a come produrre da soli prodotti industriali, macchinari, beni di consumo. Abbiamo una buona base scientifica. Possiamo padroneggiare da soli, indipendenti, tutte le sfide, anche nel campo delladifesa».
Ma la crescita?
«Quest’anno avremo una crescita moderata, 0,5-0,6%. Per il 2015 prevediamo l’1,2; per il 2016 il 2,3; per il 2017 il 3%. Vorrei cifre maggiori, ovvio, ma comunque cresciamo».
E la stabilità finanziaria?
«Mi aspettavo colloqui concreti, ma questi vertici non portano a decisioni imperative. Il tema vero è l’architettura dei mercati finanziari internazionali e il ruolo degli Stati in via di sviluppo. Il G20 aveva deciso di dare più peso, nel Fmi, a realtà come i Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica); ma il Congresso Usa ha bloccato tutto. La problematica non è nata ieri: c’è un eccesso di capitale nei Paesi industrializzati e un eccesso di merci nelle nuove economie. Non è facile accordarsi su come lavorare insieme: le Nazioni in via di sviluppo restano diffidenti».
(copyright @ Ard Ndr)