La Stampa, 17 novembre 2014
Per non chiudere la sua vetreria, dorme in fabbrica, così risparmia anche sul custode notturno. Daniele Mazzacurato esportava in Siria, Iran e Egitto, un mercato oggi bloccato delle guerre. I suoi lampadari addobbano ambasciate, hotel, casinò e residenze dello Yemen ad Abu Dhabi, da Londra a Miami: «In Italia sono un evasore ma all’estero sono apprezzato: vengono da tutto il mondo a imparare il mestiere»
Daniele si sveglia quando fuori è ancora notte e accende una sigaretta. È nel buio della sua fucina a Murano, tra gli odori del vetro soffiato. Letto, cucina e tavolo in pochi metri quadri. Daniele ha 47 anni, è figlio dello scomparso Luciano, presidente del Venezia Calcio e da 20 anni è imprenditore: la vetreria Mazzuccato fabbrica lampadari da mille e una notte, stile classico veneziano che addobbano ambasciate, hotel, casinò e residenze dello Yemen ad Abu Dhabi, da Londra a Miami. Ma da qualche anno la vetreria è anche la sua casa: nel 2008 ha alienato ogni bene, casa compresa, per finanziarsi. Da allora dorme in azienda, risparmiando anche sul costo del guardiano notturno che pesava circa 70mila euro l’anno. «Oggi vediamo che giornata sarà», sospira. Una volta partivano dai 30 ai 40 colli al giorno via barca. Ora, 30 alla settimana, «se va bene». «Siamo diventati un magazzino, con la merce che cresce, cresce, cresce». Daniele tocca le scatole: «È il mio capitale. Il vero made in Italy». Imballi pronti per la Siria, mercato dove lavorava molto bene, oggi bloccato dalla guerra. Così come sono fermi Egitto e Iran. «In Italia sono un evasore ma all’estero sono apprezzato: vengono da tutto il mondo a imparare il mestiere. Fare il vetraio è storia, cultura, manualità e fatica, ma questa economia è stata distrutta. La gente non ha più cultura e non capisce il valore di un prodotto fatto ad arte, senza stampi: a mano».
«Ho tanta fame, sono povero» ha scritto un dipendente in un parafuoco appoggiato al muro. Un tempo, nella vetreria lavoravano in 35. Oggi sono in dieci, di cui cinque part time, senza stipendio da qualche mese. Il più giovane ha 25 anni e sta imparando il mestiere dal Maestro Paolo Polesel, 50 anni d’età, 35 di lavoro. «Un tempo chi era Maestro era un signore» spiega Mazzuccato «oggi si lavora per comprarsi il pane». «Imprenditore? Non lo sono più. Imprenditore è chi investe. Io sopravvivo e mi sento un’acrobata. Il mio è un fallimento morale, ma se spengo i forni, è finita. E sono nella stessa barca dei miei dipendenti, tutti amici».
Muranese doc, Daniele ha fondato l’8 marzo 1983 con Angelo, oggi 80enne, l’omonima vetreria che nel 2008 conosce il picco massimo di crescita e anche la più nera crisi. Mazzuccato vende solo fuori dalla Ue, per scelta. «In Europa non c’è tasca per il mio prodotto». Negli ultimi tre anni, in Italia, i ricavi scesi da un milione a 90mila euro; il fatturato da oltre 3 milioni a 700mila. «Sono una mosca bianca. Le fabbriche a Murano non esistono più, solo show-room che mostrano il vetro» denuncia. Sull’isola tutti gli dicono che ha coraggio per andare a lavorare all’estero, ma lui risponde che il coraggio serve per restare qui. Negli ultimi anni di offerte per delocalizzare ce ne sono state: Mazzuccato è stato chiamato a Teheran per aprire lì la sua attività con una promessa di 20mila euro al mese di guadagno esentasse, autista e appartamento pagato. A portarlo via dalla Laguna ci hanno provato anche Slovacchia e Praga, un gruppo cinese gli ha perfino mostrato sito, fabbrica e un contratto da 100mila euro. Ma Mazzuccato ha detto no a tutti e ha venduto casa per finanziarsi, aumentare le quote di export, la presenza a fiere, cercare nuovi clienti. «Non ho il coraggio di tradire l’Italia. Resto qui a combattere».