la Repubblica, 17 novembre 2014
Matteo contro Matteo vincenti da telequiz adesso Renzi e Salvini si contendono l’Italia
Provvida o improvvida che sia risuonata la designazione, giusto un anno fa, Bobo Maroni proclamò Salvini «il nostro Renzi». Entrambi divennero segretari nello stesso dicembre 2013. A distanza di quasi un anno, con un occhio ai sondaggi si può azzardare che nell’Italia populista del marketing e della post-politica quello dei due Mattei è un inedito caso di concordanza asimmetrica o asimmetria concorde. Nel senso che più il Matteo leghista conquista attenzione, più il Matteo democratico acquista un potenziale consenso.E siccome nei giochi del potere a volte non è nemmeno necessario incontrarsi e fare patti, si può anche dire che più Salvini strilla in tv, gira minaccioso per campi rom, soffia sul fuoco della xenofobia, si contorna di fanatici, insomma più viene pompato dai media come l’unica alternativa a Renzi, più questi ha tempo, modo e opportunità di presentarsi come un premier riformatore sì, ma moderato, prudente, ragionevole e buono, addirittura.L’inconfessabile spartizione dell’immaginario è quindi completa, a beneficio dei due omonimi leader e a discapito di tutti gli altri. Così il Matteo neo-lepenista si becca l’esclusiva del cattivismo; mentre al Matteo pseudo-blairiano si rivolgeranno, senza fare tanto gli schizzinosi, quanti hanno paura dei barbari alle porte (come in Francia nel 2002, quando Chirac vinse per paura della vittoria del Front National) Poi sì, certo, è difficile che i protagonisti siano disposti ad ammetterlo. Ma una volta inseriti in un quadro di manicheismo consensuale, oltre al nome di battesimo e alla data di esordio Salvini e Renzi mostrano diverse altre cosette in comune.L’appartenenza alla medesima generazione: 41 anni il Matteo verde e nero, 39 il Matteo bianco-rosa. Poi un comune imprinting da vincenti in telequiz (l’evocativo “Doppio slalom” e la machiavellica “Ruota della fortuna”). Quindi una assai scarsa esperienza di lavoro, una modesta militanza di base e una rapida promozione nei ranghi alti del partito e degli enti locali. Tutti e due leggeri come i tempi postideologici in cui si sono forgiati. Perciò la distanza fra La Pira e il Jobs Act corrisponde a quella fra il separatismo di Pontida e l’alleanza con i giovani “nazionali” di Forza nuova. Si può aggiungere che Renzi e Salvini non paiono aver molto coltivato letture e studi, storici e umanistici meno che meno; e che anzi entrambi diffidano di intellettuali, studiosi, professori, spiriti critici e bastian contrari. La loro è una cultura eminentemente televisiva, legata alle immagini, influenzata dalla pubblicità e dai consumi, molto, ma molto calcistica nel senso di identità tifosa. Comune predisposizione alla musica, canzonette, fumetti, cartoni.Se la cavano magnificamente con i social media: rapide sintesi, brillanti pensieri un po’ corti, qualche inciampo narcisistico. E come vengono bene in tv! Grande empatia, grande chiacchiera, ma nell’uno né l’altro ammetterebbero mai di avere grandi doti di attori; né di voler sembrare l’un l’altro più ostili di quello che sono. In realtà i due Mattei si bastano, e poco o nulla avanza in una contrapposizione così ben congegnata da risultare vantaggiosa per entrambi.