il Fatto Quotidiano, 14 novembre 2014
Ascesa e caduta di Jean-Claude Juncker, dalle acciaierie alla Commissione europea, passando per i servizi segreti e la bottiglia. Dello scandalo LuxLeax ne parlava già Time Magazine nel dicembre 2012. Sottraendo gettito fiscale agli Usa e agli altri Paesi europei il Lussemburgo è diventato uno degli Stati più ricchi del mondo
Sapete quante tasse paga la filiale inglese di Amazon? Soltanto 10,7 milioni di dollari, con un’aliquota dello 0,009 per cento. Il trucco: dichiara in Gran Bretagna un fatturato di soli 330 milioni di dollari, mentre la controllata in Lussemburgo ha ricavi per oltre 12 miliardi. Non lo rivelano i documenti segreti LuxLeax del Centro internazionale di giornalismo, ma lo scriveva Time Magazine nel dicembre 2012, quando il Gran Ducato era saldamente in mano a Jean Claude Juncker, oggi presidente della Commissione europea sotto attacco. Sottraendo gettito fiscale agli Stati Uniti e agli altri Paesi europei Juncker ha reso il Lussemburgo uno degli Stati più ricchi del mondo: Pil di soli 35 miliardi, ma reddito pro capite di oltre 100 mila euro, banche che custodiscono un tesoro di 370 miliardi (secondo alcune stime 720), è un centro finanziario ma anche un paradiso fiscale, definizione che Juncker ha sempre contestato. Ma le prime aperture di trasparenza sono arrivate soltanto quando, dopo 18 anni, Juncker ha perso il potere e al suo posto è arrivato Xavier Bettel, del Partito democratico locale, avversario dei conservatori di Juncker. Bettel, a marzo si è arreso e ha annunciato l’inizio della fine del segreto bancario per il Lussemburgo. Ma il Parlamento lussemburghese limita i danni, Juncker ha lasciato in eredità un progetto di legge per un nuovo tipo di trust che garantisce “un adeguato livello di confindenzialità alle ricchezze private”, come nota la società KPMG. E a settembre 2014 è stato aperto un Freeport, “un deposito in uno ambiente privo di tasse e di dazi” ottimo per riciclare denaro sporco, denuncia il network di Ong Eurodad in un report. Anche Juncker sembra beneficiare della discrezione lussemburghese sulle ricchezze private: nelle dichiarazioni consegnate alla Commissione alle voci “interessi finanziari” e “patrimonio” non è indicato nulla. Non un’azione, non una casa, non un titolo di Stato.
Dalle acciaierie al potere assoluto
Per capire Juncker bisogna raccontare la sua caduta. Ma anche la sua carriera: Juncker non è soltanto un premier del Lussemburgo. È il potere incarnato del Gran Ducato, tuttora è “primo ministro onorario”. Wikileaks ha rivelato un cablogramma dall’ambasciata Usa in Lussemburgo all’allora segretario di Stato Hillary Clinton che riassumeva il percorso di Juncker, pronto a insediarsi con l’ennesimo governo nel quale il premier conservava la carica di ministro dell’Economia per non rinunciare alla presidenza dell’Eurogruppo, il coordinamento dei Paesi della moneta unica. Ecco la sintesi: nasce nel 1954, a Redange-sur-Attert, nel Lussemburgo occidentale, zona di immigrazione e di sinistra, suo padre lavora in una acciaieria. Va a Strasburgo, studia legge “senza entusiasmo”, dirà lui stesso, diventa avvocato ma non esercita, e in Francia conosce la moglie Christiane Frising (non hanno figli). Juncker entra in politica nel 1974, con il partito dei Cristiano Sociali CSV e si afferma “grazie al suo talento di oratore e alla mente analitica”. Nel 1982 il suo mentore, Jacques Santer (allora ministro delle Finanze e poi presidente della Commissione europea), convince il primo ministro Pierre Werner a nominare il 27enne Jean Claude sottosegretario al Lavoro, due anni dopo è ministro. Juncker è in ascesa, ma nel 1989 la sua carriera rischia di finire nel modo peggiore: dopo un incidente d’auto resta in coma per due settimane, poi si riprende quasi del tutto, anche se zoppica un po’. Dal 1989 al 1995 rappresenta il Lussemburgo al Fondo monetario internazionale e alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Finalmente, nel 1995, diventa premier e, dal 2004, guida l’Eurogruppo. Il suo potere è assoluto: nel 2006 fa assumere il suo storico autista Roger Mandé dallo SREL, il servizio segreto del Lussemburgo, nonostante le resistenze dei vertici dell’intelligence che temevano fosse una mossa del premier per avere informazioni privilegiate dallo spionaggio. L’aneddoto è citato dal Financial Times per sollevare dubbi sullo “stile gestionale” del futuro presidente della Commissione.
Dubbi rafforzati dai documenti della commissione d’inchiesta parlamentare che ha portato alle dimissioni di Juncker e di tutto il suo esecutivo un anno fa. Al centro c’è lo SREL e un intreccio tra spionaggio, guerra fredda, bombe e ricatti. Il 19 novembre 2012 la radio RTL rivela che nel 2007 l’allora direttore dei servizi segreti Marco Mille ha registrato (illegalmente, su un cd criptato) una conversazione con Juncker, e anche un incontro del premier con il Gran Duca Henri Guillaume. Alla commissione parlamentare Marco Mille rivela che lo SREL ha 300 mila dossier individuali, eredità dello spionaggio ai tempi della Guerra Fredda. In Lussemburgo ci sono in totale 500mila persone. Molti cittadini vengono intercettati, ma lo SREL non ha il controllo pieno dei destini di queste registrazioni. Mille aveva una registrazione anche della conversazione di Juncker e il ministro delle Finanze nel 2007 sul presunto riciclaggio di soldi dell’ex presidente del Congo Pascal Lissouba, che aveva in Lussmeburgo un conto con 144 milioni di dollari. Juncker e Mille parlano di questioni penali, non di intelligence, e secondo il Parlamento vanno oltre le loro competenze. Il cd, dice Mille, è stato distrutto. Chissà.
Gli attentati, Stay Behind e perfino Licio Gelli
Ma le rivelazioni che turbano di più i lussemburghesi sono quelle sull’affaire Bommeleer, 21 attentati esplosivi che hanno colpito il Lussemburgo tra il1984 e 1986. Nel 2008 Juncker incarica la commissione parlamentare di controllo sullo SREL di indagare sui possibili rapporti tra la rete occulta filo-americana della Nato “Stay Behind” e le bombe. Ma “in nessun momento i membri della commissione furono informati che lo SREL aveva sviluppato una sua propria teoria, consegnata sotto forma di un rapporto e che il primo ministro ne era al corrente”, si legge nei documenti parlamentari del 2013 della commissione sullo scandalo SREL. In sintesi: lo SREL si convince che dietro gli attentati c’era Stay Behind, che in Italia si è declinata nella struttura di Gladio, i servizi segreti conducono un’inchiesta che, secondo il Parlamento lussembughese, si sovrappone all’inchiesta giudiziaria (non si parla di depistaggio ma il confine è sottile). Juncker sa tutto, ma non ne informa la commissione parlamentare sulla vicenda che lui stesso ha insediato e nasconde un’informazione che i parlamentari giudicano fondamentale per dimostrare la responsabilità di Stay Behind : “I membri del governo sono informati della presenza probabile di Licio Gelli sul territorio lussemburghese durante gli anni Ottanta”, e il gran maestro della loggia P2 è sempre stato il referente degli ambienti anticomunisti più estremisti.
Juncker ha anche appoggiato il discusso progetto di un dirigente dello SREL, Frank Schneider, di usare le informazioni sensibili accumulate negli anni per mettersi in proprio con una società di intelligence economica privata, Sandstone. Juncker, da premier, ha organizzato un viaggio in Kurdistan giustificato come “strategico per l’economia del Lussemburgo”, ma “era soprattutto destinato a impressionare un investitore che doveva diventare un azionista importante di Sandsone”, scrive la commissione d’inchiesta.
L’alcol e l’opposizione di Cameron
Niente di tutto questo ha però pesato sulla decisione del Partito popolare europeo di scegliere Juncker come proprio candidato alla Commissione. Le uniche critiche che sono arrivate a giugno, quando il britannico David Cameron e l’ungherese Viktor Orban hanno votato contro la sua indicazione per la Commissione, riguardavano la nota propensione dell’ex premier lussemburghese per gli alcolici. Il suo successore all’Eurogruppo, Djeroen Dijssebloem ha detto in un talk show olandese che Juncker “beve e fuma pesantemente”. Delle disinvolture fiscali e di intelligence del Lussemburgo gestione Juncker non interessava a nessuno. Il maestro di Juncker, Jacques Santer, si è dovuto dimettere nel 1999 da presidente della Commissione dopo “accuse di frode, di cattiva gestione e di nepotismo alla Commissione europea” da parte del Parlamento Ue.
Chissà se al suo allievo andrà meglio.