Il Sole 24 Ore, 14 novembre 2014
Chi sta pagando il prezzo del mini-petrolio e del super-dollaro? Il Venezuela è nella posizione più critica. Anche la Russia, pur con tutt’altra solidità, inizia a stare scomoda. Ma è Kiev la vera vittima: ieri il suo titolo di Stato in dollari con scadenza nel 2017 ha visto il rendimento toccare il record del 17,67%
Il mini-petrolio e il super-dollaro rischiano di diventare una miscela esplosiva sui mercati finanziari: presto o tardi potrebbero mietere le prime vittime eccellenti.
Il Venezuela è nella posizione più critica. La sua economia dipende dagli idrocarburi, che contribuiscono per il 90% dell’export e per il 50% delle entrate fiscali. Al Paese, per sostenere la baracca, servirebbe un petrolio ben sopra i 100 dollari, non sotto gli 80 come ora. Il Governo ha provato con manovre espansive e con la svalutazione del bolivar a far ripartire l’economia, ma il risultato è stato di portare l’inflazione intorno al 60%. Al collasso dell’economia, si sommano quindi i contraccolpi sui mercati finanziari. Ieri i rendimenti dei titoli di Stato venezuelani hanno raggiunto i massimi dal 1998: lo «spread» rispetto ai T-Bond americani ha toccato i 1.920 punti base. Segno che il mercato vede nero. Anche la Russia, pur con tutt’altra solidità, inizia a stare scomoda. Ieri il rublo ha toccato il minimo degli ultimi 4 anni sul dollaro. E i rendimenti dei suoi titoli di Stato sono saliti sui massimi dal 2009. A pesare sono il calo del prezzo del barile ma anche le sanzioni per la guerra in Ucraina. Ma è Kiev la vera vittima: ieri il suo titolo di Stato in dollari con scadenza nel 2017 ha visto il rendimento toccare il record del 17,67%. I Cds (speciali polizze anti-crack) ormai attribuiscono al default dell’Ucraina una probabilità del 62% entro 5 anni.
Oltre agli Stati (si veda il Sole 24 Ore di ieri), ci sono poi le aziende del settore petrolifero a soffrire. Soprattutto quelle impegnate in America nell’estrazione dello «shale oil», il petrolio Usa. Si tratta di tante piccole aziende che per estrarre l’"oro” nero devono sostenere grandi investimenti. Per questo sono iper-indebitate. Ma il tracollo del prezzo del petrolio rischia di rendere insostenibili i 190,2 miliardi di dollari di debiti. E di mandarle in default.