la Repubblica, 14 novembre 2014
Con la missione della sonda Rosetta si è riaccesa l’attenzione verso l’esplorazione dello spazio, ricordandoci quanta emozione e quanta meraviglia è in grado di farci provare. Dal 2021 il primo volo che potrebbe aprire allo sbarco storico su Marte
Lo straordinario successo della sonda europea Rosetta, che l’altro ieri ha fatto scendere per la prima volta un lander sulla superficie di una cometa, ha riacceso l’attenzione verso l’esplorazione dello spazio, ricordandoci quanta emozione e quanta meraviglia è in grado di farci provare.
Ma l’avventura umana oltre i confini della Terra ha molti aspetti, e non tutti stanno procedendo allo stesso modo e con le stesse prospettive e promesse. Prendiamo il volo umano. Nei 53 anni trascorsi dal lancio di Gagarin abbiamo imparato parecchio su come liberarci dalla gravità terrestre e sopravvivere in orbita: gli esseri umani che sono stati nello spazio sono più di 500 e il record di permanenza è di 800 giorni e rotti. Tuttavia, i viaggi nello spazio non sono affatto arrivati alla portata di tutti, come si sperava mezzo secolo fa. Gli shuttle della Nasa, anziché fare i due lanci al mese previsti dai primi progetti, sono in pensione, e anche il turismo spaziale non se la passa molto bene. E soprattutto, spingere il volo umano al di là della cosiddetta orbita bassa terrestre – quella, per intenderci, dove vivono e lavorano da 14 anni gli astronauti della Stazione spaziale internazionale (Iss), a circa 400 km di quota – si sta rivelando una sfida più formidabile del previsto. Un importante contributo alle capacità di sopravvivere al lungo viaggio per Marte e ritorno sta comunque venendo dagli esperimenti scientifici e biomedici a bordo della Iss: dove, è bene ricordarlo, il 23 novembre sta per arrivare l’italiana Samantha Cristoforetti, la prima europea a raggiungere la Stazione.
Molte speranze sono inoltre riposte sul nuovo sistema di trasporto spaziale della Nasa. Dopo un radicale cambio di strategia e svariati tagli ai bilanci, l’ente spaziale americano è finalmente vicino al primo test senza uomini a bordo dell’Orion, il nuovo modulo per equipaggi con il quale, in prospettiva, andare alla conquista di Marte. Il test è fissato per il 4 dicembre, ma per i voli con equipaggio la faccenda si fa più vaga: il primo forse sarà nel 2021, o più genericamente «dopo il 2020». Nemmeno la meta è molto sicura. Se Marte è sempre l’obiettivo finale, la frontiera da superare a ogni costo, c’è chi propone di arrivarci più gradualmente, magari facendo base sulla Luna oppure su Deimos, uno dei due satelliti del Pianeta Rosso.
Ma se il volo umano è in attesa della rivoluzione tecnologica che permetta di conquistare il resto del sistema solare o spingersi addirittura oltre i suoi confini, le prospettive dell’esplorazione robotica sono più rosee, e decisamente più vicine. Il prossimo anno, per esempio, sarà lanciato il Lisa Pathfinder, una missione che serve a dimostrare un nuovo concetto per la rivelazione diretta delle onde gravitazionali, le increspature nello spazio-tempo prodotte da eventi cosmici estremi come la collisione di due buchi neri, previste da Einstein nella sua teoria della relatività generale quasi cent’anni fa.
Nel 2016, poi, l’Agenzia spaziale europea (Esa), in collaborazione con la giapponese Jaxa, lancerà verso Mercurio la missione BepiColombo, intitolata allo scienziato italiano Giuseppe Colombo, a cui si deve la cosiddetta “fionda gravitazionale”, la tecnica che sfrutta la gravità dei pianeti comunemente usata dalle sonde interplanetarie. Sempre nel 2016, partirà la prima parte della missione ExoMars, anche questa europea e con un’importante presenza scientifica e industriale dell’Italia: prima un orbiter, per avanzare nello studio di Marte, seguito nel 2018 da un rover che scenderà sulla superficie del pianeta per prelevare e analizzare campioni del suolo.
Ancora più di frontiera sarà poi il James Webb Space Telescope, lancio previsto nel 2018. Realizzato dalla Nasa in partecipazione con Esa e Canada, sarà il successore del telescopio spaziale Hubble, rispetto al quale sarà almeno due volte più potente. Gigantesco (il suo specchio primario è grande 6,5 metri, contro i 2,4 di quello di Hubble) e complicatissimo (date le dimensioni, lo specchio partirà piegato in segmenti che dovranno aprirsi e comporsi nello spazio con millimetrica precisione), osserverà nell’infrarosso per studiare con un dettaglio senza precedenti tutte le fasi della vita dell’universo, a partire dai primi vagiti dopo il Big Bang.
E poi ci sono le tante sonde già in giro per il sistema solare, capaci di portare panorami alieni fino agli schermi di casa nostra, come ha appena dimostrato Rosetta (un progetto costato un miliardo duecento milioni di euro), e che ci regaleranno ancora molte sorprese. La nostra avventura nello spazio, in fondo, è appena iniziata.