Corriere della Sera, 14 novembre 2014
Se è stata una bici a far scalare il colle del Campidoglio a Marino, una Panda rossa rischia di farlo cadere. Anche se, a quanto pare, al volante c’era la moglie
In principio fu una bicicletta. Una vecchia Schwinn rossa, con la quale – il 12 giugno 2013, data della proclamazione dopo la vittoria al ballottaggio di due giorni prima – il neosindaco di Roma Ignazio Marino «scalò», nel senso letterale del termine, il Campidoglio, uno dei sette colli capitolini, quello che domina i Fori e che è dominato da Palazzo Senatorio. Foto, applausi, curiosità. Era il sindaco «ciclista», quello che incontravi per strada ai semafori, con caschetto e vigili pedalatori al seguito. Quello che, una volta, finì per terra a villa Borghese, per aver dato il «cinque» ad una famiglia a bordo di un risciò.
Ora, però, dopo una settimana di pasticci, errori, confusione, il simbolo del multa-gate (e in qualche modo l’immagine che resterà attaccata a lungo al chirurgo dem) è un altro, sempre rosso, ma a quattro ruote: la famosa, o famigerata, Panda del sindaco, che si è trasformata nel più fiero oppositore politico di Ignazio Marino. Da quando è comparsa sulla scena, qualche mese dopo il successo elettorale, gli ha creato solo grattacapi. Prima la sosta davanti a San Luigi dei Francesi, nei posti riservati (in orario d’ufficio) ai senatori, dove la Panda è rimasta per un anno e mezzo, notte e giorno. Un parking privato, e gratuito, a cielo aperto, in pieno centro, mentre per tutti i romani parcheggiare dentro la Ztl è diventato un salasso: tariffe alle stelle per il pass, e parcometri aumentati ad 1,5 euro l’ora, senza più «facilitazioni» o prezzi forfettari. Fino a quel giorno, non si sapeva neppure che Marino avesse un’auto. Neppure, forse, che avesse la patente. E nessuno, anche ora, lo ha mai immortalato al volante.
Eppure la Panda era lì, con una «strisciata» sulla fiancata periziata dai Cinque Stelle (graffio da 18 centimetri, fatto probabilmente con una chiave), coperta da un’autorizzazione rilasciata dal Senato su «invito» della Prefettura, a causa «degli atti vandalici e delle minacce ai familiari» denunciati dallo stesso Marino in un esposto. Scoppiato il caso, trenta senatori (tutti i partiti, tranne il Pd) scrissero a Pietro Grasso, e la Panda per qualche giorno sparì dalla circolazione. Salvo, però, ricomparire poco dopo, nell’ormai noto multa-gate. E, allora, sono cominciare a fioccare le domande. La prima, forse la più importante: ma chi usa la macchina del sindaco? Lui, visti gli impegni che ha e le abitudini di vita (c’è una «scorta» di vigili che lo va a prendere sotto casa, oppure va in bici), pochissimo. La moglie, la signora Rossana, magari un po’ di più. Tanto che le otto contravvenzioni prese ai varchi Ztl, a causa del permesso scaduto, sono tutte in orari difficilmente compatibili con quelli del sindaco che, quasi sempre, era impegnato altrove. Lei, la signora Marino, neppure smentisce: «Tanto sapete già tutto, non c’è bisogno che vi aiuti...». E anche dallo staff del primo cittadino arrivano mezze verità: «Ma anche se guidava la moglie, qual è il problema?». Una popolarità inaudita, per una comunissima Panda rossa, 875 di cilindrata, alimentazione a benzina, 14 cavalli fiscali. Marino l’ha acquistata quando era ancora senatore (l’immatricolazione è del 18 gennaio 2013), pagandola circa 14 mila euro. È l’unica auto di famiglia, e ormai spopola sulla Rete: le foto (anche le ultime, quando è stata avvistata in divieto di sosta) sono ovunque, le trasmissioni tivù ci scherzano sopra («Panda della Magliana», uno dei refrain lanciati). Però, dall’ultimo filmato delle Iene, l’auto è sparita. Che diventi lei, alla fine, il capro espiatorio di questa storia?