Libero, 14 novembre 2014
I sauditi hanno distrutto il 95% degli edifici storici della Mecca per farci alberghi, centri commerciali e appartamenti. Ora voglio seppellire anche la casa dove nacque il profeta Maometto
C’è da stupirsi se i Taleban distrussero i Buddha giganti di Bamiyan, gli Ansar Dine se la presero con i mausolei sufi di Timbuctu e l’Isis ha mandato in briciole le chiese di Mosul, quando perfino la casa dove il Profeta Maometto nacque sta per essere cancellata da un centro commerciale? Un centro commerciale voluto da quella monarchia saudita che dal punto di vista geopolitico è oggi alleata dell’Occidente contro i jihadisti: e per fortuna! Ma dal punto di vista ideologico non solo condivide in pieno la loro selvaggia iconoclastia, ma ne è addirittura alle stesse origini.
L’allarme rimbalza almeno da febbraio, ma adesso a rilanciarlo con più forza è lo stesso Gulf Institute di Washington: noto think tank per la difesa dei diritti umani in Medio Oriente, il cui direttore e fondatore è l’oppositore saudita Ali al-Ahmed. Il 95% degli edifici millenari della Mecca è già stato distrutto per essere sostituito con alberghi di lusso, appartamenti e centri commerciali, nell’ambito di un progetto il cui obiettivo è di aumentare le dimensioni della Grande Moschea e la capacità di ospitare i milioni di musulmani che oggi anno compiono il pellegrinaggio alla città santa. E adesso centri commerciali di lusso e un enorme palazzo reale rischiano di «seppellire sotto il marmo» il luogo stesso dove il fondatore dell’islam è nato, nel 570 dopo Cristo.
Un’altra segnalazione viene dalla Islamic Heritage Research Foundation, associazione saudita con sede alla stessa Mecca e volta alla preservazione dei luoghi di interesse storico e culturale. Secondo quanto ha infatti denunciato il suo direttore Irfan Alawi all’Independent, la scorsa settimana la distruzione è arrivata ai resti delle colonne che gli ottomani avevano messo 500 anni fa per commemorare l’ascesa di Maometto al Cielo.
La Casa di Mawlid, dove Maometto nacque, è sotto terra, e per conservarla nel 1951 vi ci costruì sopra una biblioteca. Ma dovrebbe fare la stessa fine entro fine anno. «Il luogo di nascita del Profeta è sotto la minaccia imminente di essere dimenticato per sempre sotto il cemento e il marmo», è il grido di disperazione di Alawi. «Ora che l’Hajj è finito, sono ripresi i lavori di costruzione. Il palazzo reale, che sarà cinque volte più grande rispetto all’attuale, sarà costruito sul fianco di una montagna e si affaccerà sulla moschea. Da qui a dicembre, la biblioteca e le sale della Casa di Mawlid saranno probabilmente distrutte. È inevitabile». Custode formale della moschea, il re saudita Abdullah sarebbe stato preso dal ghiribizzo di dormire e fare shopping con tutte le comodità della modernità proprio là dove il Profeta venne al mondo.
Ve l’immaginate il Papa che ordina di mettere un’Ikea o un McDonald’s al posto di San Pietro o magari della Basilica del Santo sepolcro? Ma il fatto che in Arabia Saudita l’ideologia ufficiale è il wahabismo: una interpretazione dell’Islam sunnita particolarmente estremista, e che interpreta in modo particolarmente estremista il divieto coranico del culto di qualsiasi oggetto o “santo”. Anche mostrare il luogo dove chi ha dettato il Corano è nato viene considerato a rischio di shirq, “idolatria”. Per questo lo stesso Gran Mufti dell’Arabia Saudita Sheikh Abdul Aziz bin Abdullah al-Sheikh approva le distruzioni di siti storici, spiegando che sono necessarie.
Già 12 anni fa, peraltro, il governo turco aveva protestato per il modo in cui le autorità avevano demolito una fortezza ottomana che si trovava a ridosso della Grande Moschea della Mecca, per mettere aul suo posto un orrendo centro residenziale: undici palazzoni con un migliaio di appartamenti, e in più un hotel a cinque stelle da 1200 posti. Che, se vogliamo, non è che una versione soft di quello che i wahabiti avevano fatto quando all’inizio dell’800 avevano per la prima volta fuggevolmente conquistato La Mecca, facendo a pezzi le maioliche, asportando oro e argento, lacerando e dando alle fiamme stoffe e reliquie, rovesciando le steli funebri, incendiando le tombe, seminando distruzione, ferro e fuoco per tutta l’estensione del sacro territorio. Al-Qaida e Isis nascono da una predicazione a 360 gradi del wahabismo che l’Arabia Saudita ha finanziato a colpi di petroldollari, e che le è poi scappato di mano. Ma l’imprinting resta quello.