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 2014  novembre 14 Venerdì calendario

Pupo e il demone dell’azzardo che lo lega a Marco Baldini: «Per il momento ne sono uscito, ma non canto vittoria. Nel 1989 avevo perso molti soldi al casinò, dovetti emettere assegni scoperti. Stavo per buttarmi da un viadotto, ma passò un camion e lo spostamento d’aria mi scosse. Le posso dire quanto ho perso in tutto: tre milioni e 200mila euro»

Ripete tre parole: «Per il momento». «Per il momento ne sono uscito», «per il momento sto bene», «per il momento ce l’ho fatta». Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, cantante, conduttore televisivo, toscano con la battuta pronta, quando parla del gioco d’azzardo diventa serio. Serissimo. A Saint-Vincent, la notte del 1983, chiama al tavolo dello chemin de fer un banco record, l’equivalente di mezzo milione di euro. È stato nelle mani degli strozzini, ha pensato al suicidio: «Nel 1989 avevo perso molti soldi al casinò, dovetti emettere assegni scoperti. Stavo per buttarmi da un viadotto, ma passò un camion e lo spostamento d’aria mi scosse». Ha tenuto i conti: «Sì, le posso dire quanto ho perso in tutto: tre milioni e 200mila euro». È in Russia per un concerto, si prepara a salire sul palco. «Lo so che Marco Baldini ha lasciato il programma con Fiorello, so tutto».
Enzo, che impressione le ha fatto questa storia?

«Mi addolora. Sono molto affezionato a Marco, è un amico, ero al suo matrimonio. È toscano come me, c’è sempre stato un feeling: la passione per l’azzardo ci ha unito. Uscire da questa patologia non è per niente semplice. Io ho avuto la fortuna di sentire l’amore della famiglia e delle mie donne».
Baldini aveva provato a smettere?
«Sì. Non ci è riuscito per colpa sua ma anche perché nell’ambiente non capivano il vizio, lo sbeffeggiavano. A volte il giocatore – essendo protagonista attraverso il suo problema – si esalta. Forse è stato circondato da persone che non lo hanno sostenuto abbastanza».
Uscire dalla dipendenza del gioco è così difficile?
«Non può immaginare quanto, non ne esci mai. Per il momento ne sono uscito perché non gioco e ho ritrovato nel lavoro l’adrenalina, la motivazione. Essere vittima del gioco significa combattere la tentazione. Il successo, la recuperata autostima, mi consentono di starne fuori. Non canto vittoria. È come per gli alcolisti che tengono il conto dei giorni da sobri. Quando un demone è dentro di te è endogeno, sai che lo stai controllando e controlli te stesso. Ma hai paura che riesploda».
Quando ha sentito di aver toccato il fondo?
«L’ho raccontato nel Diario di un giocatore chiamato Pupo : volevo farla finita. Ho potuto contare su guadagni enormi, ma avevo accumulato 3 milioni e 200 mila euro di debiti. Sono stato nelle mani degli strozzini romani e spero che Marco non sia nelle stesse mani».
Come viveva in quel periodo?
«Il gioco ti toglie non solo il denaro, ti succhia la creatività, la vita, quando giocavo a chemin de fer e a poker pensavo solo a quello. Non fai più sesso, non t’importa niente di nessuno. Ho pensato di chiedere aiuto ma non l’ho fatto. Non sono un esempio. Dico: fatevi aiutare, ci sono strutture specializzate».
Allora cosa l’ha salvata?
«Ho la fortuna di avere un carattere positivo. Tutti mi chiedono: come si vive con due donne? Anche quella è una strada da non percorrere... ma ci sono riuscito».
Nel 2008 ha restituito centomila euro a Gianni Morandi, saldando un debito del ’92. «Gianni non mi ha mai chiesto niente, ma avevo bisogno di chiudere un cerchio. Ho voluto farlo durante un concerto, non sapeva niente».
Entra ancora nei casinò?

«A cantare. Sono stato a Las Vegas, ad Atlantic City, in Slovenia, ovunque mi chiamano. Non gioco più da anni ma per precauzione – mai fidarsi di se stessi – non tocco il denaro. Il compenso lo prende la mia compagna. Ci vuole razionalità e molta umiltà».