la Repubblica, 14 novembre 2014
Jens Nergaard, 24 anni, toscano, donatore di seme per l’eterologa fai-da-te su Facebook. Dal 2011 si offre sul web come “fornitore” di seme. «Eccoli qui i bambini nati dalle mie donazioni, belli vero, sono già nove, ma ci sono altre due gravidanze in corso, così fanno undici, e alcuni mi somigliano in modo incredibile...»
«Eccoli qui i bambini nati dalle mie donazioni, belli vero, sono già nove, ma ci sono altre due gravidanze in corso, così fanno undici, e alcuni mi somigliano in modo incredibile...». Jens fa scorrere le immagini sul cellulare, sfilano tutine rosa, tutine blu, quasi tutti hanno occhi e capelli castani, c’è anche una foto di famiglia, mamma e papà sorridenti con due figli in braccio, «Sì, con loro ho fatto più donazioni di seme, si chiamano Pietro e Lorenzo, ci sentiamo spessissimo, adesso vivono in Brasile, ma siamo rimasti grandi amici».
McDonald’s, stazione di Bologna, Jens, o Marco, Davide, Francesco, come di volta in volta decide di farsi chiamare, sceglie un tavolo appartato nella sala satura di odori di fritto e formaggio fuso. «In questo porto di mare – scherza – l’anonimato è sicuro». Ventiquattro anni, studente di medicina, bei lineamenti, occhi marroni e aspetto gentile, Jens Nergaard, in realtà un italianissimo ragazzo toscano, è il fondatore del più grande gruppo online di “eterologa maschile privata”. Ossia un mondo a parte. Fenomeno nato negli Stati Uniti e che oggi attecchisce anche da noi. Frontiera organizzata del concepimento artificiale, ma in cui donatori e “riceventi” si guardano negli occhi. Dove senza cliniche né ospedali, né liste d’attesa, né banche dei gameti sottozero, ma anche senza tutele né regole, domanda e offerta si incontrano: donne che vogliono diventare madri e uomini che offrono il loro seme. Quasi sempre in provetta. Ogni tanto con contatti più ravvicinati. Coppie dove lui è sterile, single, lesbiche: non importa se oggi in Italia l’eterologa è possibile, sono tante le categorie escluse dalla legge. Tre anni fa Jens Nergaard, «ho scelto questo pseudonimo – dice – perché i donatori sono quasi tutti nordici», lancia su Facebook “Donazione di seme: Dono di vita” e si propone come “fornitore” di sperma per chi ne ha bisogno. È giovane, sano, “potente”. È un boom. Nove bambini nascono con il suo seme. E nel 2015 saranno undici.
Jens ordina Coca Cola e patatine. «Vivo ancora a casa con i miei genitori e non lo faccio per soldi, non ne ho bisogno, chi vuole mi può dare un rimborso spese, alcuni mi hanno fatto dei regali, quello che mi appaga è aiutare chi desidera un figlio, e nello stesso tempo dare una continuità alla mia vita. Il contatto avviene su Facebook, ormai nel gruppo siamo oltre 400, ci si conosce, si parla, fornisco le mie analisi su Hiv, Epatite, il mio spermiogramma e poi si prende un appuntamento, di solito in albergo». La prima a nascere, tre anni fa, è stata S. una bimba di Ancona. «La madre spesso mi chiama e mi manda i suoi disegni, dopo due anni di matrimonio il marito aveva scoperto di avere una malattia genetica che l’ha reso sterile, in Italia non c’era ancora l’eterologa, e la clinica spagnola a cui si erano rivolti gli aveva chiesto una cifra impossibile...». Così la mamma di S. calcola i giorni, aspetta il picco dell’ovulazione e poi incontra Jens in un albergo poco fuori Bologna. «Tutto deve avvenire in tempo reale, di solito lascio la provetta in bagno e me ne vado, in modo che la donna, da sola, o con il suo o la sua partner possano procedere alla auto-inseminazione con una siringa». Un incredibile artigianato del concepimento, che farebbe rabbrividire medici e specialisti, e invece, miracolosamente, a volte riesce. Jens parla con pacatezza, nel frastuono incessante di Mc Donald’s. Cosciente o forse incautamente temerario. «No, non cerco l’anonimato, anzi sono felice di restare in contatto con le coppie e le donne che ho aiutato. Paura che un giorno qualcuno possa volere qualcosa da me, magari il riconoscimento di un figlio? Il rischio c’è, ma sono ottimista che non accada».
Difficile entrare più a fondo in una scelta tanto particolare, ermetica, anche incomprensibile, che Jens condivide con altri “donatori seriali”, anche loro approdati nel gruppo fondato su Facebook. La mamma di S. scherza al telefono: «Mi fa ridere quando qualcuno guarda la mia bambina e dice che non sa proprio a chi assomigli... Sì, è nata in modo “diverso”, ma l’unica particolarità è che noi il donatore lo conosciamo, mentre la banca del seme è anonima». Triangoli di vite che si muovono sul filo della legge, in Italia la vendita di gameti è vietata, «ma non c’è passaggio di denaro», assicura il fondatore dell’eterologa italiana fai-da-te, «soltanto un rimborso di treni o aerei se devo spostarmi, o magari qualche regalo».
Jens, cioè Marco, o Davide, o Francesco, continua a mostrare le foto sul cellulare. «Ecco questi sono Pietro e Lorenzo, hanno cinque mesi e due anni, e guarda come assomigliano a me da piccolo... Sentimento di onnipotenza? Sì, lo ammetto forse, ma è meraviglioso vedere la propria continuità. Cerco l’anonimato perché la mia famiglia non sa nulla, non capirebbero». E scorrendo la pagina di Facebook ecco che i certificati di Jens appaiono in bella vista: analisi cliniche perfette, virilità alle stelle. «So che esiste il rischio della consanguineità, ma è lo stesso delle banche del seme, e poi in Italia siamo sessanta milioni di persone, mi sembra difficile che proprio i miei bambini si incontrino tra loro». Chissà.
Andreina e Valeria, così le chiameremo, sono una coppia lesbica, madri di una bimba nata con la donazione di Jens. È Andreina che prova a restare incinta. «Avevamo già tentato in Spagna, ma era andata male, tre inseminazioni ed una Fivet. Ero gonfia di ormoni, a pezzi. Stavamo per rinunciare quando su Internet abbiamo trovato il gruppo, e contattato Jens. La legge italiana non ci avrebbe mai permesso di accedere alle banche del seme, nemmeno adesso dopo l’abolizione del divieto di eterologa. Ci sono voluti due tentativi. Oggi la nostra piccola ha un anno ed è il fiore della nostra vita». Jens, donatore seriale, fa scorrere ancora le foto. Tutine rosa e tutine blu, undici l’anno prossimo e chissà quanti altri.