La Stampa, 13 novembre 2014
Alla direzione del Pd Massimo D’Alema ha preferito la presentazione del suo vino in un ristorante romano. Perché incupirsi ad ascoltare Renzi se la vita riserva nuove occasioni di trionfo e brindisi?
Anche qui si è presa una direzione, e decisamente più piacevole: aperitivo con rosé frizzante e resto della serata con Sfide e Pinot nero, bicchieri di rosso che sono passati sopra un menù di tartare di manzo, ravioli di carne e stracotto.
Su quest’ultimo piatto, Matteo Renzi ci avrebbe fatto della feroce ironia, visto che il grande protagonista della serata è stato Massimo D’Alema: perché incupirsi in Direzione – in questo caso con la d maiuscola – se la vita riserva nuove occasioni di trionfo?
Diluvia a Roma, via Boito, ristorante Mamma Angelina: qui ieri sera l’ex premier ha organizzato – da qualche settimana, quindi da tempi non sospetti – la sua serata di gloria enologica.
Poco meno di un centinaio di amici, ristoratori, esperti, stampa specializzata e tre o quattro parlamentari (Luca Sani e Cristina Bargero) come lui più interessati ai retrogusti che ai retroscena. In fondo D’Alema è ormai un politico a tempo perso, sebbene conservi il cattivo umore di sempre.
A fine agosto, per esempio, era finalmente una pasqua sulla piazza di Otricoli, borgo umbro sulle sponde del Tevere, col suo banchetto per la sagra VinOtricolando, e le bottiglie in vendita. «Massimo, il frizzantino è buonissimo» gli dicevano i paesani con meritata familiarità. Niente acidità di stomaco, prodotta dal riflettere e discutere del giovane usurpatore fiorentino. Certo, fa un pochino impressione che D’Alema diserti proprio l’occasione ufficiale per dire al presidente del Consiglio, e dirglielo in faccia, tutto quello che pensa di lui. Ma ormai il pallino del produttore lo ha preso quantomeno per maggior soddisfazione. Gli capita persino di scaricare le cassette d’uva, dice con goduria da riscoperta della fatica da peone. Il suo vino, prodotto con una certa serietà, a decine di migliaia di bottiglie, va giù che è uno spettacolo, dicono i commensali rapiti e morbidosi. La segretissima cena è stata messa in piedi con la speranza di piazzare il prodotto in qualche ristorante, ma non soltanto: lui vorrebbe varcare le frontiere, se non più per i tavoli delle trattative senz’altro per quelli del rifocillarsi. Ieri sera si è alzato e – mentre all’altro capo della città Renzi si saziava di potere – ha parlato di solfiti e sapori tannici e soprattutto di invecchiamento, settore in cui è ancora un pregio.
Ecco, gli applausi li ha avuti anche lui, nonostante abbia chiuso il discorso di apertura, prima di darci dentro con le forchette, con uno splendido «A noi». Gastronomicamente parlando.