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 2014  novembre 13 Giovedì calendario

Sei indizi per il golpe europeo che avrebbe fatto cadere Berlusconi nel 2011. Per il Giornale fu un patto Merkel-Sarkozy, dopo la conferma di Geithner al Financial Times non ci sarebbero più dubbi. E il ruolo di Napolitano fu decisivo

Che sia stato un complotto ormai non vi sono più dubbi. E pensare che nell’autunno 2011 chi scriveva o affermava pubblicamente che la caduta del governo Berlusconi fosse frutto di una congiura orchestrata all’estero era considerato un folle in preda al delirio. Tre anni dopo, tutti quei deliri si sono magicamente trasformati in verità inoppugnabili. È stato un complotto, anzi, un «colpo di stato» per abbattere Silvio Berlusconi, con il pieno appoggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
L’ultima testimonianza sulla congiura è arrivata dalle rivelazioni che il Financial Times attribuisce dall’ex segretario del Tesoro americano Timothy Geithner, il quale rivela l’esistenza di un «patto» per disarcionare il premier italiano. Geithner era presente al fatidico vertice del G-20 a Cannes, il 3-4 novembre 2011, e descrive i tedeschi come «furibondi» con l’Italia. L’ex segretario Usa racconta che alcuni leader europei (Merkel e Sarkozy in primis) invitarono l’America a non sostenere un prestito del Fmi all’Italia «se Berlusconi rimane primo ministro». «Era pazzesco, interessante – racconta Geithner – Dissi di no». Lo stesso presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, conferma che a quel G-20 c’erano alcuni paesi che «volevano mettere l’Italia sotto il controllo del Fondo monetario». Ma neppure lui frenò il fronte Merkel-Sarkozy, anzi, a un ministro italiano disse che «era necessario staccare la spina a Berlusconi».
Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del board della Bce, sostiene addirittura che la minaccia del Cavaliere di abbandonare la moneta unica generò «un clima di sfiducia». «Non è un caso che le dimissioni di Berlusconi siano avvenute dopo che l’ipotesi di uscita dall’euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi degli altri Paesi». Ma su quel vertice di Cannes i racconti postumi sono numerosi, come quello dell’ex premier spagnolo Luis Zapatero, che parla di clima ostile nei confronti del governo italiano. Un’atmosfera esplosiva. «Nei corridoi si parlava di Mario Monti», rivela Zapatero.
A sostenere la tesi del piano ben congegnato è soprattutto il reporter americano Alan Friedman. Conversando con Monti, Friedman ricostruisce gli eventi del 2011. Alla domanda «lei non smentisce che, nel giugno-luglio 2011, il presidente della Repubblica le fatto capire o chiesto esplicitamente di essere disponibile?», l’ex premier replica: «Sì, mi ha dato segnali in quel senso». Quindi, il capo dello Stato allertò Monti addirittura cinque mesi prima che Berlusconi si dimettesse. «La discussione sul fatto che Napolitano sia andato oltre i suoi poteri costituzionali può essere lasciata agli storici», è stata la conclusione di Friedman.
Inevitabile il riesplodere delle polemiche, con Forza Italia furiosa dopo l’ennesima conferma del «golpe». «Crediamo di aver documentato sin dal 2011 il grande imbroglio che stava alla base di una strategia tesa a speculare sul debito sovrano del nostro paese e a cancellare la democrazia in Italia, costringendo Berlusconi alle dimissioni, sulla base dell’invenzione dello spread», afferma il presidente dei deputati azzurri Renato Brunetta. «Aumentano di giorno in giorno le testimonianze e i riscontri oggettivi. Proprio per questo motivo, diventa sempre più urgente l’istituzione, da noi richiesta, di una Commissione parlamentare d’inchiesta», sottolinea Brunetta, il quale ora chiede risposte: «Il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, ha niente da dire? Ha niente da dire il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano?».