il Fatto Quotidiano, 13 novembre 2014
Nella borgata romana di Tor Sapienza ormai è caccia al nero: «Te venimo a prenne, nun te preoccupà che entramo e ve svotamo». Esasperazione e violenza per il centro migranti, notti di guerriglia, nervi tesi
“Te venimo a prenne, nun te preoccupà che entramo e ve svotamo”. C’è una frenesia di botte, di spranghe e mortai di varia intensità nel corpo a corpo di Tor Sapienza, lungo i metri che separano i due muri di viale Giorgio Morandi, nel rettilineo di periferia che conduce dritti all’inferno. Nel primo blocco di case popolari, un serpentone appena più gentile di quello famoso, sono ospitati i romani residenti e acquisiti. Brava gente, famiglie di lavoratori insieme a teste calde di varia umanità e provenienza. Nel muro opposto, dentro stanze che oramai sono gabbie, resistono asserragliati nel centro di accoglienza una cinquantina di immigrati, il cui destino è però segnato. Dovranno sloggiare presto da qui. O ci pensa la polizia oppure provvedono loro, gli amici di Luciano, una lieve balbuzie, l’animo semplice e tanta voglia di farla finita con gli intrusi: “Nun ce l’ho con i negri ma con gli arabi. Gli arabi fanno schifo, sono stronzi, come pure i rumeni e questi sono arabi e li dovemo caccià”.
Borgata da 16 mila anime
Tor Sapienza conta 16 mila abitanti, è la borgata romana con più ordine apparente, resiste una geometria urbana, un decoro e una mitezza dei colori e degli alloggi tra la via Prenestina e la Collatina, a est di Roma. Trent’anni fa, il Campidoglio decise di posizionare un torrione di case popolari ai margini del quartiere. “Aveva ordine e gradevolezza, tanto che comprai casa lì vicino in una cooperativa”, dice Giuliano, 64 anni, pensionato. “Oggi però è l’inferno. È una rabbia sorda che monta, un’intolleranza che prende piede e ogni giorno si fa più dura. I miei figli mi supplicano di vender casa e trasferirmi in un luogo più tranquillo”.
L’ordine era già da tempo divenuto disordine, con una delinquenza organizzata al dettaglio, una piazza speciale nello spaccio di droga, traffici di crimini comuni, un’area eletta per i transessuali e il sesso en plein air. La politica ha fatto il resto e ha trasformato Tor Sapienza, già piegata e depauperata dalla crisi, in una discarica umana. Qui dietro i rom, nel campo selvaggio di via Salviotti, qui davanti gli immigrati.
Perfino il costruttore Caltagirone si è arreso all’evidenza e ha lasciato i suoi palazzi con lo scheletro a vista, senza tompagnature per paura delle occupazioni abusive. Cemento issato e invenduto. Meglio fuggire da qui. E dunque sono rimasti solo i nuovi poveri contro questi diseredati, nel più classico e conosciuto revival della disperazione. E le spranghe da due giorni sono iniziate a farsi sentire.
Luciana, del comitato di quartiere: “Ci pisciano addosso, fanno la doccia nudi”. Roberto, disoccupato: “M’hanno tirato un posacenere”. Carla, in auto: “Li dovete menà”. Roberto: “La situazione è insostenibile”. Signora in pantofole: “La nostra delinquenza ha rispettato ogni abitante di questo quartiere. Invece quelli...”. Ecco il punto. Lo spacciatore riconosce i condomini e non reca fastidio, il ladro ruba altrove, il cattivo resta quieto in casa sua. Invece il piccolo barcone di Lampedusa che alla fine ha attraccato qui ha rotto ogni equilibrio e spaventato, fatto incazzare tutti per una serie di ragioni.
Roberto: “Io sono disoccupato e m’arangio, loro prendono trenta euro al giorno”. Luciana: “Io so quaranta euri”. “Abbiamo le prove”. I soldi che lo Stato spende per il mantenimento provvisorio di questa disperazione umana sono stati visti come un affronto, un gesto offensivo, una incredibile provocazione. Facilissimo alimentare questa nube tossica con altro veleno, e testimoniare l’urgenza di darsi da fare con le proprie mani. Casa Pound ha una cellula attiva a Tor Cervara, due passi da Tor Sapienza, Giulio ha visto l’altra sera, negli scontri tra polizia e manifestanti, saluti romani. “Gridano viva il duce, c’è puzza difascismo lunga un chilometro in questa protesta. E dentro ci sono pure gli ultras dello stadio. Quelli vedono botte e accorrono”. Luciana: “Non ti permettere di scrivere che siamo fascisti. Noi siamo gente che vuole vivere in tranquillità. Hai sentito di quella ragazza violentata da un immigrato? È stata violentata e poi anche manganellata dalla polizia”.
La passerella dei fascio-leghisti
Botte a non finire due sere fa, la polizia che qui ha steso un cordone di protezione, ha usato i manganelli per resistere alle bombe carta e far fronte agli animi bellicosi, ai pugni mostrati, alle lame dei coltelli”. Ma era solo il primo round. Ieri sera un immigrato è stato preso a botte. Uno a caso, tanto per far capire qual è la musica.
Questi corpi di cemento armato ospiteranno presto il promo di ciò che prevedibilmente interesserà le altre periferie d’Italia. Il sindaco Ignazio Marino verrà nei prossimi giorni, dopo un Consiglio comunale straordinario sulla sicurezza. Ma non esiste la politica nazionale, nessuno si avventura quaggiù. Il premier Renzi tace. L’unica stella che fa capolino è quella di Matteo Salvini che in joint venture con Casa Pound monopolizza temi e simpatie, distribuisce parole d’ordine, accumula slogan e per adesso intenzioni di voto. “Tor Sapienza ha bisogno di noi. Il 23 novembre sarò lì”, ha subito dichiarato. Prima di lui ci sarà già passato il solito Borghezio (domani).
Sarà una marcia trionfale e anche il clou di una ribellione di massa, la miccia sul fuoco c’è e il quadrante di Roma attraversato dalla linea ad alta velocità è solo in attesa di mostrare dove la collera può portare e quale dono abbia fatto la crisi economica. Un mese fa un gruppo di abitanti di Corcolle, al di là della linea ferroviaria, avevano preso a sassate i rifugiati africani. Qui hanno alzato il livello e hanno dissotterrato le bombe carta, modelli guerreschi finora in uso alle curve, per “farsi giustizia”.
“Abbiamo paura di uscire e di entrare a casa, la vita si fa preoccupante in questa strada”, dice Valentina nel soggiorno a piano terra dell’appartamento. “Ci è costato 75 milioni trent’anni fa, e tanti sacrifici. Si starebbe bene se non ci fossero loro”. Loro chi? “Quelli delle case popolari. Ci sono tante teste calde e tanti fascisti.Vogliono far guerra e adesso hanno trovato il modo per giustificarla”. E allora che si fa? “Mia figlia dice che devo venderla e intanto non mettere il naso fuori. Per fortuna abbiamo il garage con due uscite. Prendiamo sempre quella più lontana e non facciamo mai tardi di sera”.