La Stampa, 13 novembre 2014
Fabio Capello, ct della Nazionale russa, è senza stipendio dal giugno scorso e, per ammissione di un alto dirigente della federazione di Mosca, di soldi non se ne parla perché le casse piangono. Ora il divorzio sembra inevitabile
Fabio Capello amico della Russia e del suo calcio, zar in panchina e fuori perché a lui un intero popolo affidava le speranze di un pallone in cerca di gloria. Così recitavano la piazza, la stampa e la politica: erano i giorni della firma del primo contratto che legava Capello alla panchina della nazionale fino ai Mondiali in Brasile. Cinque o sei i milioni di euro di stipendio all’anno dal 2012 al 2014 che, nonostante il posso falso a Rio e dintorni (Russia neanche agli ottavi di finale) si sono trasformati in otto al momento del rinnovo contrattuale nel gennaio scorso fino al 2018, anno del Mondiale fatto in casa.
Fin qua, le cifre. Ma sui numeri è calato il sipario: Capello è senza stipendio dal giugno scorso e, per ammissione di un alto dirigente della federazione russa, di soldi non se ne parla perché le casse piangono. «Vi dico, con responsabilità, che l’Unione calcistica russa semplicemente non ha i soldi per pagare il salario del tecnico della nazionale. Si tratta – così Serghiei Stepashin, membro della stessa Unione – di una questione sconveniente, tuttavia quando il contratto fu firmato era necessario pensare alle fonti per finanziarlo e ora queste fonti vanno cercate. E, in generale, credo che il pagamento debba basarsi sui risultati...».
Che cosa farà l’allenatore fra i più vincenti in circolazione adesso che la resa russa sembra arrivata al punto di non ritorno? Capello è in Austria e nella testa ha il duello in agenda fra 48 ore, una sfida dal peso specifico rilevante sul cammino verso gli Europei del 2016: la sua Russia non decolla, l’1-1 contro la Moldova a Mosca ha fatto scattare l’allarme in un girone che vede proprio gli austriaci in testa (7 punti), i russi e gli svedesi a quota 5 e il Montenegro un punto dietro. Fino a sabato notte, dunque, nessuna contromossa, perché prima di tutto c’è il calcio giocato. Poi, però, qualcosa accadrà.
Capello e il pool dei suoi legali sono in stretto e continuo contatto. A far drizzare le antenne è stata la diserzione, giustificata da un lavoro (gratis) negli ultimi mesi senza neppure uno straccio di contratto, di due dei suoi collaboratori, Christian Panucci e Massimo Neri, assenti nel ritiro austriaco della Russia. Di venir meno al suo dovere Capello non ha la benché minima intenzione, perché se è diventato, sulla carta, il ct più pagato al mondo è stato per volontà della federazione russa che, dopo quasi due settimane di trattativa, ha scelto una strada dorata per legarsi al tecnico friulano. In questi giorni Capello ha scelto di muoversi sotto traccia frenando in alcuni casi anche le intenzioni più bellicose dei suoi avvocati, ma il confine della pazienza sta per essere superato.
Dopo la sfida in Austria e l’amichevole di martedì in Ungheria dovrà arrivare una svolta: in una direzione o nell’altra, la storia conoscerà uno strappo. Le parole dell’alto dirigente russo e le turbolenze «politiche» all’interno della federazione e nei rapporti fra questa e il ministero dello sport rischiano di trasformare il caso Capello in qualcosa di più grande. Sullo sfondo avanza anche l’ipotesi di un divorzio: per inadempienza contrattuale che darebbe vita a una causa o per scelta consensuale dopo un accordo sulla liquidazione.