Corriere della Sera, 13 novembre 2014
Dopo quasi due ore di incontro a Palazzo Chigi tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi sulla legge elettorale è arrivato l’annuncio: «L’Italia ha bisogno di un sistema istituzionale che garantisca governabilità, un vincitore certo la sera delle elezioni, il superamento del bicameralismo perfetto, e il rispetto tra forze politiche che si confrontino in modo civile, senza odio di parte»
«L’impianto dell’accordo è oggi più solido che mai». Dopo quasi due ore di incontro a Palazzo Chigi tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi sulla legge elettorale, una nota congiunta di Pd e Forza Italia dirada solo parzialmente le nebbie della politica italiana. Perché restano le «differenze sulla soglia minima di ingresso e sul premio di maggioranza alla lista invece che alla coalizione». Ma sono differenze che, a detta dei due leader, non impediranno l’ok dell’Italicum al Senato entro dicembre e alla riforma costituzionale entro gennaio 2015. Smentendo, quindi, qualunque ipotesi di rottura del patto del Nazareno.
Un finale agrodolce, che fa intravedere un lieto fine, ma che non esclude colpi di scena dell’ultima ora. Anche perché nel quadro politico va considerato l’accordo raggiunto nel vertice di maggioranza con il Nuovo centrodestra e gli altri partiti. E vanno considerate le altre variabili, dalle resistenze della minoranza Pd, alle divisioni all’interno di Forza Italia, fino alla partita delle possibili urne anticipate e del capo dello Stato, che potrebbe anche annunciare le dimissioni alla fine dell’anno. Ma le prime reazioni sembrano positive, come dimostra il tweet di Angelino Alfano (Ncd): «Bene, molto bene, direi ottimo incontro Renzi-Berlusconi». Seguito dall’hashtag «#avantitutta».
Nella nota si spiega che tra Pd e FI c’è la «comune volontà» di alzare al 40% la soglia per il premio di maggioranza (era al 37) e di introdurre le preferenze dopo il capolista bloccato nei 100 collegi previsti dall’Italicum. E si ricostruiscono le ragioni del patto del Nazareno: «L’Italia ha bisogno di un sistema istituzionale che garantisca governabilità, un vincitore certo la sera delle elezioni, il superamento del bicameralismo perfetto, e il rispetto tra forze politiche che si confrontino in modo civile, senza odio di parte. Queste sono le ragioni per cui Partito democratico e Forza Italia hanno condiviso un percorso difficile, ma significativo, a partire dal 18 gennaio scorso con l’incontro del Nazareno». E quell’accordo, dice la nota, è «più solido» che mai. Renzi e Berlusconi scelgono quindi di sottolineare gli aspetti positivi dell’intesa, nonostante i punti di contrasto, che permangono. E che sono le soglie minime di ingresso (3 o 5 per cento) e il premio di maggioranza alla lista, come vorrebbe il premier, o alla coalizione come vuole l’ex Cavaliere.
E concludono la nota così, trasformando il patto del Nazareno in una sorta di patto di legislatura: «Dovrà proseguire fino alla scadenza naturale del 2018, costituisce una grande opportunità per modernizzare l’Italia. Anche su fronti opposti, maggioranza e opposizioni potranno lavorare insieme nell’interesse del Paese nel rispetto condiviso di tutte le Istituzioni».
A cominciare dall’elezione del nuovo capo dello Stato, dopo che è emersa la possibilità che Giorgio Napolitano possa lasciare in anticipo il suo incarico. Circostanza che non è irrilevante rispetto alla prospettiva (ufficialmente esclusa) di tornare alle urne prima della scadenza naturale della legislatura. Al presidente, del resto, preme la stabilità, come ha ripetuto anche ieri ad un incontro sull’Expo: «L’Italia detiene il record mondiale di cambiamenti di governo. Volentieri vorrei che lo cedessimo ad altri».
E nell’attesa di sciogliere gli ultimi nodi, i lavori sul decreto di riforma elettorale cominceranno martedì prossimo in commissione Affari costituzionali del Senato. A favore della calendarizzazione hanno votato tutti i gruppi, tranne il M5S che si è astenuto e l’ex grillino Francesco Campanella che ha votato contro. L’analoga commissione della Camera, contemporaneamente, ha stretto i tempi sulla riforma costituzionale, che approderà nell’Aula di Montecitorio il 10 o l’11 dicembre.
Qui le opposizioni proveranno a dare battaglia. Tra loro, il Movimento 5 Stelle, che ieri provava a insinuare il dubbio, con Danilo Toninelli: «Nulla di fatto tra Renzi e Berlusconi. Il patto del Nazareno scricchiola: nessun accordo su premio di lista e soglie. Renzi dormirà sonni tranquilli?».