Corriere della Sera, 13 novembre 2014
Il processo all’America nel discorso di Putin a Sochi. Per il leader russo gli Stati Uniti impongono unilateralmente le loro regole, fanno un uso egemonico della loro moneta, sorvegliano e ricattano amici e nemici con una rete globale di ascolto e intercettazione. I nemici contro cui devono battersi, come il fanatismo islamico, sono spesso quelli creati dalla loro stessa politica
Il presidente Putin, il 24 ottobre, ha tenuto un interessante discorso programmatico. Mi sembra che nessun giornale italiano ne abbia parlato. Lei certamente lo ha letto. Perché non ce lo commenta?
Ettore Visca
rimmaettore@yahoo.it
Caro Visca,
Il discorso è stato pronunciato a Sochi in occasione di uno dei periodici incontri del Club Valdai, un foro russo di analisi e discussioni, simile per molti aspetti a quello svizzero di Davos e creato per iniziativa di Vladimir Putin nel 2011. Hanno partecipato a questo appuntamento alcuni uomini politici (fra cui un ex premier francese, Dominique de Villepin, e un ex cancelliere austriaco, Wolfgang Schüssel), giornalisti, direttori di istituzioni accademiche e di centri di studio sulla politica internazionale.
Putin ha colto l’occasione per uno sguardo d’insieme al mondo dopo la fine della Guerra fredda. È convinto che gli Stati Uniti, autoproclamandosi vincitori, si siano altezzosamente sbarazzati di tutti gli strumenti che erano stati costruiti nel corso degli anni per garantire, nei limiti del possibile, l’equilibrio del potere e la convivenza di sistemi politici diversi. L’America impone unilateralmente le sue regole, fa un uso egemonico della propria moneta, sorveglia e ricatta amici e nemici con una rete globale di ascolto e intercettazione. I nemici contro cui deve battersi, come il fanatismo islamico, sono spesso quelli creati dalla sua stessa politica. All’origine di Al Qaeda vi sono i generosi finanziamenti garantiti dall’America alla resistenza antisovietica in Afghanistan negli anni Ottanta. Il vertiginoso aumento del commercio della droga sarebbe collegato alla lunga guerra contro i talebani nello scorso decennio. Gli Stati Uniti sostengono di essere i paladini della libertà dei mercati, ma impongo sanzioni che contraddicono i loro presunti principi liberali.
L’America, secondo Putin, vuole un mondo unipolare, ma deve disporre, per meglio giustificare il proprio potere e la propria leadership, di un «centro del male». Oggi il nemico potrebbe essere la Cina, l’Iran o la Russia. Nelle parole di Putin il processo all’America è molto severo, ma l’analisi non è priva di passaggi interessanti e persuasivi. Il discorso di Sochi merita di essere letto integralmente.