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 2014  novembre 13 Giovedì calendario

La sinistra del Pd ha perso la pazienza contro il patto del Nazareno. Si avvia una fase in cui niente più può essere dato per scontato, nemmeno il voto sul Jobs act. Ma la minoranza che fa capo a Bersani e D’Alema deve stare attenta a non ripetere gli stessi clamorosi errori che già le costarono il controllo del partito. Con l’aggravante che stavolta non rischierebbe solo in proprio, ma metterebbe a repentaglio la credibilità del governo Renzi in Europa

Pare proprio che, come aveva minacciato D’Alema in tv, la sinistra pd abbia perso la pazienza. L’alzata di scudi di ieri notte contro il patto del Nazareno bis (o tris) avvia una fase in cui niente più può essere dato per scontato, nemmeno il voto sul Jobs act. È probabile che le piazze sindacali abbiano restituito coraggio e allo stesso tempo costretto a una accelerazione della lotta politica contro Renzi. Ma nel combatterla la minoranza che fa capo a Bersani e D’Alema deve stare attenta a non ripetere gli stessi clamorosi errori che già le costarono il controllo del partito. Con l’aggravante che stavolta non rischierebbe solo in proprio, ma metterebbe a repentaglio la credibilità del governo Renzi in Europa, già in bilico di suo.
Il sospetto di una deriva politica è lecito. Appena qualche giorno fa, con un virtuosismo della litote certamente appreso alla scuola dei padri («Il vivente non umano» di Ingrao e «La non vittoria elettorale» di Bersani), Stefano Fassina è arrivato a proporre sul Foglio non l’uscita dall’euro, come un qualunque Grillo o Salvini, ma «il superamento cooperativo dell’euro», che poi è la stessa cosa, visto che non sembra esserci nessuno in giro disposto a cooperare con noi per farci uscire in modo indolore dalla moneta unica. Così più di vent’anni di zelante europeismo, nuova ideologia di una sinistra che trasferiva a Bruxelles il sol dell’avvenire tramontato all’Est, vengono buttati a mare in un sol colpo. Al posto dell’integrazione europea, cui hanno dedicato la vita leader fino a ieri venerati come Spinelli, Prodi e Napolitano, ecco che si propone la «dis-integrazione ordinata» della moneta unica, così da farne due, o tre, o quindici, come se questo risolvesse il nostro problema cruciale: il costo di un enorme debito.
Il fatto è che il gruppo dei Fassina e dei Cuperlo ha letto fin dall’inizio male il segno politico della crisi economica mondiale, interpretandolo come una potente spinta a sinistra dell’elettorato. Su questa base ha indotto Bersani a fare una campagna elettorale perdente in stile cgil, mentre il suo popolo se ne andava da tutt’altre parti. Ora è sotto choc per aver scoperto che quello stesso popolo segue Renzi, pur bollato come una Thatcher col lifting da Susanna Camusso. Non resta che l’ultimo populismo, quello antieuropeista. Pericoloso ovunque, ma molto di più quando alligna all’interno del partito di maggioranza e di governo di un Paese a rischio come l’Italia.
Non è certo così, facendo i proto-grillini o gli pseudo-leghisti solo un po’ più colti, che la sinistra pd può sperare non dico di riprendersi, ma nemmeno di correggere la barra del timone che ha perso.