Il Sole 24 Ore, 12 novembre 2014
Unicredit aumenta i profitti a 1,8 miliardi: «Maxi utili e target 2014 confermati». Federico Ghizzoni commenta i conti del gruppo
«Con un utile di 1,8 miliardi nei primi nove mesi dell’anno abbiamo battuto le attese e, soprattutto, possiamo in anticipo confermare al mercato che raggiungeremo il target di utili di 2 miliardi al 2014. Consegnare agli investitori la “merce” promessa a inizio anno, mi si passi il termine, non era scontato dato il persistente difficile quadro macroeconomico in Italia e in Europa». Pochi minuti dopo la fine del board che ha approvato i conti del terzo trimestre (+79% a 722 milioni), l’amministratore delegato di UniCredit Federico Ghizzoni commenta con Il Sole 24 Ore i conti del gruppo.
Avete battuto le attese degli analisti, ma in Borsa il titolo ha ceduto il 3,3%. Come lo spiega?
Lasciamo al mercato il tempo di analizzare i conti che sono stati superiori a tutte le attese.
Per quanto ci riguarda siano soddisfatti perché l’andamento del terzo trimestre, così come i dati dei primi nove mesi dell’anno, è positivo per profittabilità, riduzione dei costi, contenimento del costo del credito sia a livello di gruppo che in Italia, dove è tornata ad aumentare l’erogazione dei prestiti.
In che settore migliora la domanda di credito in Italia?
Il totale delle nuove erogazioni a medio termine ha raggiunto 8,7 miliardi nei primi nove mesi dell’anno, con un incremento del 51,9%, trainato dalla crescita dei mutui residenziali (+134%) e dei crediti alle imprese (+65%).
Il dato non incorpora la Tltro a tasso “agevolato” promossa dalla Bce a settembre. Per l’Italia avete già chiesto il massimo di 7,75 miliardi. A che punto sono le erogazioni?
In poche settimane abbiamo già approvato erogazioni per 3 miliardi, sulla base del lavoro di pre-marketing che avevamo condotto in precedenza, e abbiamo altri 2 miliardi circa in lavorazione. Contiamo di assegnare l’intero ammontare entro i primi mesi del 2015.
Sulla base dei contatti recenti col mondo delle imprese, si intravedono segnali di ripresa dell’economia?
Vediamo una sempre più netta divaricazione tra aziende che crescono e che stanno uscendo vincitrici dalla lunga crisi e altre che restano in difficoltà. Se la vediamo in positivo, il fatto che alcune aziende ricomincino a correre è un segnale di fine-crisi. Ed è naturale che le banche si concentrino su chi è più competitivo.
Oltre metà del gruppo UniCredit è fuori Italia. Come vanno il resto delle attività in Europa?
In Germania e in Austria il costo del rischio sul credito è minimo, anche se dato il livello dei tassi il margine di interesse si assottiglia. Nella Central Eastern Europe abbiamo risultati sorprendenti in Polonia e molto positivi in Turchia. Bene anche la Russia, malgrado le sanzioni, mentre l’unica area critica è l’Ucraina.
Avete superato senza problemi gli stress test severi della Bce. Che prospettive avete per i coefficienti patrimoniali?
L’esito degli stress test ha dimostrato che abbiamo un capitale “robusto” e a fine settembre il Cet1 ratio fully loaded era pari al 10,4%. Segnalo che siamo usciti dalla prova europea con posizioni di leadership anche come liquidità e leverage.
A che punto sono le trattative per le cessioni di Uccmb e di Pioneer e che contributi pensate di ricevere a livello patrimoniale?
Per Uccmb siamo in trattativa in esclusiva con la cordata Perlios-Fortress. Il tema, come abbiamo sempre detto, non sono i benefici di capitale ma di riduzione dei risk weighted assets e, in particolare, dei crediti in sofferenza. Per quanto riguarda Pioneer, continuiamo la trattativa con Santander senza un termine prefissato. E abbiamo già detto di attenderci benefici sul capitale pari a 20-30 punti di Cet1.
UniCredit fa parte delle banche sistemiche a cui il Finacnial Stability Board, già nel prossimo G-20 del prossimo week end, propone di alzare nuovamente, sia pure a partire dal 2019, l’asticella sul capitale. Che ne pensa?
Ci adegueremo alle richieste, come le altre grandi banche. Ma credo sia opportuno analizzare cosa succederà nei prossimi anni per effetto dei nuovi provvedimenti, che colpiranno soprattutto le banche europee. Il rischio è di un ulteriore riduzione del credito all’economia. Si tratta di un tema serio, su cui sarebbe opportuna un’attenta riflessione da parte dei Governi, delle imprese e del mondo del lavoro, perché una delle conseguenze indotte dalle nuove regole è che le banche debbano procedere a ulteriori razionalizzazioni.
Le banche americane saranno meno colpite?
In generale, le banche anglosassoni sono già organizzate con strutture operative finanziariamente più pronte a emettere bond subordinati. Ma aldilà delle tecnicalità, vedo un problema economico. Gli Usa sono un’economia più orientata al mercato dei capitali e le aziende risentono meno di eventuali strette regolatorie sul capitale delle banche. E nessuno pensi che il problema riguardi solo le banche di importanza sistemica. Una volta che si impongono nuove regole, il mercato fa presto a pretenderle per tutte le banche.