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 2014  novembre 12 Mercoledì calendario

In Giappone presto elezioni anticipate. Abe si prepara un doppio colpo di scena: il rinvio dell’aumento dell’Iva e la richiesta di un nuovo mandato

Che il conservatore Shinzo Abe si sia fatto convincere da Paul Krugman? L’economista beniamino delle sinistre è andato alcuni giorni fa dal premier giapponese a raccomandargli di non tradire la vocazione espansiva dell’Abenomics e quindi di rinviare il nuovo aumento dell’Iva al 10 per cento. Una linea sposata da alcuni autorevoli “consiglieri” economici del governo (Koichi Hamada e Etsuro Honda) e da non pochi esperti convocati in audizioni seriali.
Fatto sta che ormai le indiscrezioni sono precise: dopo la “sorpresa di Halloween” arrivata dalla Banca del Giappone (con l’ulteriore allentamento monetario varato il 31 ottobre), Abe prepara un doppio colpo di scena. Appena tornerà lunedì prossimo dal G-20 in Australia, il premier si leggerà i dati preliminari sul Pil del terzo trimestre, che si preannunciano fiacchi a causa dei prolungati effetti deprimenti sui consumi del rialzo dell’Iva dal 5 all’8% scattato in aprile (le previsioni sono di un modesto recupero intorno al 2% annualizzato dopo il crollo del 7,1% annualizzato del secondo trimestre). A quel punto farà un gran consulto e due giorni dopo non solo annuncerà lo sforamento dell’equivalente dei “parametri di Maastricht” che il Paese si era autoimposto – con il rinvio dall’ottobre 2015 al 2017 del già pianificato aumento dell’imposta sui consumi, equivalente al rinnegamento di ogni rigido impegno programmatico sul risanamento delle finanze pubbliche – ma scioglierà la Camera Bassa, indicendo le elezioni generali entro la fine dell’anno.
Più che i dati formali o i giudizi degli esperti, sembra contare un luciferino calcolo politico ormai sottoscritto dai maggiorenti del Partito liberaldemocratico di governo: se l’Abenomics è in affanno e la fiducia nel premier in calo, sarebbe suicida prendere una misura impopolarissima che rischia di far cadere il Paese in recessione; molto meglio farsi riconfermare il mandato dagli elettori, ora che l’opposizione è ancora in una fase iniziale di ricompattamento e sull’onda di presunti successi in politica estera (distensione con Cina e Corea, emersa al vertice Apec).
Ai rigoristi rintanati nel Ministero delle Finanze, Abe potrà controbattere che la paura di una “punizione” del Paese da parte degli investitori internazionali appare francamente eccessiva: ieri la Borsa è salita del 2,05% (con l’indice Nikkei sopra quota 17mila al nuovo massimo da oltre 7 anni) proprio sulle voci di nuove elezioni, che Abe con ogni probabilità vincerebbe, consentendogli un “fresh start” quadriennale e quindi un rilancio del programma di riforme, oggi in stallo anche a causa dell’indebolimento di una compagine governativa in difficoltà.
Una conferma del morale basso dei consumatori è arrivata ieri da un sondaggio governativo sulla fiducia delle famiglie: un altro calo a ottobre (il terzo consecutivo), di un punto percentuale a 38,9, tanto che la valutazione ufficiale ha dovuto riconoscerne il «tono debole». Secondo l’economista Robert Feldman di Morgan Stanley Mufg, il ricorso al voto – ipotizzabile per il 14 o il 21 dicembre – ridarà ad Abe il “momentum politico e burocratico” per tornare a rafforzare la sua leadership e la sua agenda. Per Gerry Curtis, esperto di affari giapponesi alla Columbia University, si tratterebbe comunque di una «scommessa rischiosa», al termine della quale la coalizione governativa perderà comunque seggi.
È probabile che al G-20 i giapponesi sondino policymaker e banchieri stranieri, molti dei quali appaiono preoccupati – più che di sforamenti sul debito – di una eventuale caduta del Giappone in recessione, ora che la Fed ha troncato gli stimoli monetari e molte aree economiche (Cina, Europa, vari Paesi emergenti) segnano il passo. Del resto, dopo che la BoJ si è impegnata ad acquistare 80mila miliardi di yen in bond statali ogni anno, il pericolo di un rialzo dei tassi non è alto, visto che la banca centrale, in pratica, farà incetta di tutte le nuove emissioni. Pazienza se l’opposizione griderà al semi-golpe: si sarà lasciata abbindolare, visto che il premier precedente, Noda, portò il Partito democratico a una catastrofica sconfitta proprio per aver introdotto – concordandolo con il partito di Abe – il piano di doppio rialzo dell’Iva.
Se questo scenario sarà confermato, non è detto che non abbia ripercussioni internazionali. Dopotutto, il Paese più indebitato del’Ocse deciderà di non rispettare i suoi parametri di rientro dal debito pubblico con l’argomento che una economia indebolita non può sostenere ulteriori rialzi della pressione fiscale. E se lo farà con l’approvazione dei mitici “mercati internazionali”, anche altri Paesi potrebbero porre la questione: perché noi no?