Il Sole 24 Ore, 12 novembre 2014
Gli interessi di Berlusconi che non coincidono con quelli di Forza Italia
Quello dell’altra sera è stato un vertice di maggioranza particolarmente affollato. La cosa curiosa è che il tema in discussione era una riforma elettorale il cui obiettivo è quello di abolire la necessità in futuro di vertici del genere.
Infatti, il pezzo forte del nuovo Italicum concordato ieri dentro la maggioranza di governo è il premio alla lista. Con questo meccanismo il vincitore delle elezioni non sarà più una coalizione di partiti e partitini litigiosi, ma un solo partito. Con il premio alla lista e il doppio turno il partito vincente avrà la maggioranza assoluta dei seggi e governerà da solo. Punto. Non ci saranno più vertici. Ci saranno ancora conflitti e mediazioni, ma saranno tutte interne al partito di governo. Come avviene in tante democrazie occidentali.
Qualcuno farà notare che questo non è del tutto vero. Le piccole formazioni che puntano al governo, a differenza di quelle che preferiscono l’opposizione, faranno di tutto per ottenere posti nelle file di uno dei grandi partiti per assicurarsi qualche seggio. In questo caso si faranno dei listoni. È possibile che questo accada, ma anche se così fosse la decisione dei piccoli di cercare posti nelle fila dei grandi non sarà che il preludio alla loro sparizione definitiva. Si confonderanno con i partiti ospitanti e alla fine spariranno lì dentro. Per evitare questa fine dovranno correre da soli e puntare a superare la soglia di sbarramento. Staranno in Parlamento, ma non al governo.
La soglia unica al 3% è uno degli ingredienti dell’accordo dell’altro ieri. È bassa ma non ha importanza. Era noto che Ncd avrebbe proposto a Renzi il premio alla lista in cambio di una soglia bassa. L’obiettivo prioritario di Alfano è quello di non essere costretto a fare alleanze, soprattutto con Berlusconi. Con un premio alla lista, inserito in un sistema elettorale decisivo, una soglia bassa non fa danni. Farebbe danni solo se il sistema non fosse decisivo, cioè se le elezioni non determinassero con certezza un vincitore con la maggioranza assoluta dei seggi. In tal caso i partitini sopravvissuti alla soglia avrebbero un notevole potere di ricatto. Per questo motivo non sarebbe una buona idea far rientrare questo potere di ricatto con il meccanismo dell’apparentamento tra primo e secondo turno nel caso sia necessario un secondo turno.
E adesso Berlusconi che farà? L’accordo dell’altra sera non si discosta per molti aspetti da quello che lui stesso aveva fatto con Renzi al Nazareno e dopo. Molte delle modifiche concordate, come la soglia al 40% per il ballottaggio e la reintroduzione delle preferenze, sono cose su cui c’era già un’intesa di massima tra Renzi e Berlusconi. Il nodo è il premio alla lista.
Come abbiamo scritto più volte, questo meccanismo non va bene a Forza Italia. Berlusconi, dalle voci che circolano, lo aveva promesso a Renzi già a settembre. Ma non aveva fatto i conti con il suo partito. Oggi gli interessi del cavaliere non coincidono con quelli di Forza Italia. Il conflitto è evidente. Da una parte ci sono i suoi interessi di imprenditore, dall’altra quelli del partito che lui ha fondato. In questo momento la Mediaset di Berlusconi è come la Fiat di una volta: non può che essere governativa. Sono troppi i rischi legati alla regolamentazione del settore delle tv e delle telecomunicazioni in un momento in cui tutto sta cambiando e il centrodestra non ha vere chance di vincere le prossime elezioni. E poi c’è il legittimo desiderio di non finire ai margini delle decisioni politiche che contano, Quirinale in primis. Insomma dal suo punto di vista Berlusconi ha ragione a voler mantenere un buon rapporto con il premier. Il problema è che il suo partito non ne vuole pagare il prezzo. Per esempio, sotto forma di premio alla lista.
Dopo tanti anni durante i quali il conflitto di interessi di Berlusconi è stato additato come uno dei mali della politica italiana, oggi le cose sono cambiate. Gli interessi del Berlusconi imprenditore coincidono con quelli del Paese. Può sembrare curioso ma è così. Il Paese ha bisogno di riforme. L’Italicum è una buona legge elettorale. Con il premio alla lista sarebbe anche migliore. La riforma costituzionale si deve fare. Il Paese ha bisogno di collaborazione tra le forze politiche orientate a governare. Siamo convinti che anche dopo il vertice dell’altra sera ci siano margini di trattativa sia sulla soglia di sbarramento che sulle preferenze. Una soglia al 4% non sarebbe uno scandalo. E a maggior ragione si può trovare un compromesso sul mix preferenze-lista bloccata. Tutto sta a vedere se Berlusconi riuscirà a convincere il suo partito che stare al gioco con Renzi vale la candela. Non dovremo aspettare troppo. Il premier appare deciso a sbloccare l’impasse sulle riforme, a cominciare da quella elettorale. E fa bene.