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 2014  novembre 12 Mercoledì calendario

La questione di Marino e della sua goffagine. Un vertice di maggioranza per discutere della Panda Rossa

Quando, per evitare le Iene, è caduto dalla bici tutti hanno capito che la goffaggine di Marino non è reato, ma politicamente è peggio, perché il delitto si persegue e la goffaggine si deride. È stato facile rimpiangere le mascalzonate vere dei sindaci d’antan quando Marino è scappato dall’uscita di emergenza di Palazzo Valentini sbattendo la testa sullo stipite.C’era forse la grandezza del castigo nell’orizzonte degli amministratori ladri di una volta, sicuramente la solennità dei giudici e delle leggi. E invece Marino, gridando ai giornalisti che aveva «cose ben più importanti di cui occuparsi», è finito nella comicità da barzelletta quando ieri sera ha convocato un vertice di maggioranza per discutere della Panda Rossa, che non è la Uno Bianca degli assassini, ma la sua utilitaria multata nove volte dal sistema automatico che registra gli ingressi delle auto nel centro storico senza guardare in faccia nessuno. La spietata telecamera si è infatti comportata alla Otello Celletti, il Vigile interpretato da Alberto Sordi che, inflessibile, multò il sindaco Vittorio De Sica e ovviamente finì male, proprio come è finito male il sistema informatico del Comune che Marino ha denunciato ai carabinieri e che sarebbe ora che chiudesse un occhio (elettronico).Il fatto è che, per non pagare le contravvenzioni, il sindaco di Roma si è inventato un pass cancella multe e poi ha cercato di applicarlo retroattivamente. E quando, maldestro, non lo ha più trovato nel sistema informatico del Comune è andato dai carabinieri ad accusare i soliti ignoti che lo perseguitano: «Mi hanno teso una trappola». Non c’era stato nessun furto ma, nel frattempo, come nei film di Steno e di Monicelli, Marino scappava, sbatteva e cadeva. Andava infatti in confusione ogni volta che i giornalisti gli chiedevano chi davvero stesse alla guida della famigerata Panda non solo ha violato nove volte la zona proibita ma è stata pure lasciata posteggiata per un anno e mezzo nel parcheggio del Senato senza che il sindaco ne avesse il diritto, visto che non è più senatore. E dunque ogni mattina, uscendo di casa, il tapino non rischiava di affrontare le manifestazioni degli operai licenziati, o degli studenti, o dei vi- urbani in rivolta, come può capitare ai sindaci di Milano, Bologna e Palermo. No, il sindaco si trovava sotto casa quelli che urlavano contro la sua Panda. Certo, un altro le avrebbe pagate tutte quelle nove multe, magari facendo notare il paradosso del sindaco che non può circolare nella città che è stato chiamato a governare, anche se la macchina è privata, il permesso era scaduto e lui aveva dimenticato di rinnovarlo. E come sempre avviene nella comicità, ora c’è chi dice che guidava la moglie, chi corregge «no, era la domestica filippina», e c’è anche chi si spinge più in là. Così la farsa diventa gossip, nello stile di Roma, perché Marino non parla, non spiega, ha balbettato quattro differenti ricostruzioni, tirando in ballo gli hacker e «il complotto politico». Mancano solo la Spectre e il Bilderberg. E veniva voglia di dargli una mano, l’altra mattina, quando ha inaugurato la Metro C. È entrato agitando il biglietto e dicendo «l’ho comprato», ma subito le porte si sono chiuse, le luci si sono spente e il treno non è partito: inaugurazione rimandata. La chiamano “sfiga”, e non solo a Roma. Ma certo è Roma che Marino sfida. E infatti sembra davvero il marziano di Flaiano, con la bici a posto dell’astronave, e poi l’ossessione dei curricula e quell’aria da americano nella città del «maccarone, tu m’hai provocato e io me te magno». Quando gli ho chiesto perché sfidava l’ironia dei romani mi ha risposto che «il senso civico va costruito con i simboli» e mi ha pure raccontato che «a San Francisco mi hanno fatto la domanda che mi fa lei e io ho risposto che abroad mi applaudono, ma a Roma fatico». Ieri per la verità ha fatto fatica a salvarlo, dai frizzi e dai lazzi dell’opposizione, la maggioranza politica che, malgrado tutto, lo sostiene in consiglio comunale: Pd, Sel e Lista Civica. Sembra quasi che Marino lavori per gli avversari, per il senatore Augello per esempio che si dà arie da king maker della destra romana benché sia stato il consigliere fallimentare di Alemanno e anche di Fini, e ora a Marino dedica interrogazioni indignate e conferenze stampa irridenti.A Marino l’ho detto: a sinistra circola l’idea maligna che proprio lui stia riconsegnando Roma alla destra, e si fa il nome di Giorgia Meloni. «Mi vuole spaventare? È la destra xenofoba, omofoba, la peggiore…». Appunto, sindaco Marino, è lì che può portarci la sua goffaggine, tra le braccia della reginetta di Coattonia. Dunque si ricomponga, chieda scusa, paghi le multe e, per far capire che davvero vuol ricominciare daccapo, per favore scenda da cavallo, nel senso della bici.