La Stampa, 12 novembre 2014
I robot ci rubano il lavoro... ma solo quello pagato peggio. I posti più sicuri sono quelli che richiedono competenze creative e specializzate: le macchine non replicano ancora il pensiero umano
Nei prossimi 10 anni, 10 milioni di posti di lavoro verranno persi in Gran Bretagna perché a svolgerli non saranno più esseri umani, ma robot. In un Paese che ha 30 milioni di persone occupate sembra a prima vista una brutta notizia, ma non è così.
Il rapporto sui riflessi della tecnologia sui posti di lavoro è stato stilato dall’Università di Oxford e da Deloitte, la prima azienda di servizi di consulenza nel mondo. Il dossier è finito sul tavolo del primo ministro a Downing Street, spingendo il governo a riflettere seriamente sulla necessità di indirizzare i giovani a scegliere il giusto percorso di studi per i lavori completamente nuovi che si creeranno in futuro al posto di quelli che saranno fatti dalle macchine.
I vecchi lavori più a rischio sono quelli oggi pagati peggio, che danno un reddito inferiore alle 30 mila sterline (38 mila euro) annue. I posti più sicuri sono quelli retribuiti oltre le 100 mila sterline, quelli cioè che richiedono competenze creative e specializzate: le macchine non replicano ancora il pensiero umano, anche se sono molto più vicine a farlo di quanto si creda. Secondo il rapporto, che ha preso in esame tutta la Gran Bretagna, ma si è focalizzato di più sulla città di Londra, a essere cancellati saranno i lavori più ripetitivi: chi lavora nei trasporti, nelle costruzioni, alle vendite, nelle amministrazioni, nelle miniere e nel settore dell’energia lascerà il suo posto alle macchine nei prossimi anni. Chi è impiegato nella progettazione e gestione dei computer, nella scienza, nell’arte, nei media, nella legge, nell’educazione, nella sanità e nella finanza ha molte più probabilità di mantenerlo.
I ricercatori si sono stupiti nel verificare con quanta rapidità molti lavori siano recentemente scomparsi: dal 2001, il 65% dei bibliotecari è sparito e lo stesso è accaduto a molte altre categorie di lavoratori. Ma non bisogna considerarlo un fenomeno negativo. Tim Worstall, di «Forbes», ha accolto il rapporto con grande entusiasmo: «Due secoli fa – osserva – l’80% delle persone lavorava in agricoltura. Questi posti di lavoro sono andati persi, ma se ne sono creati ancora di più in settori completamente nuovi. Ha ancora senso impiegare esseri umani per scavare buche nelle strade, piantare patate o mietere il grano? Meglio fare cose più interessanti».
La ricerca servirà a orientare il governo inglese su decisioni importanti. Se molti lavori non ci saranno più fra 10 o 20 anni è essenziale che chi sceglie oggi un percorso scolastico conosca la situazione che troverà quando l’avrà concluso. I vecchi posti di lavoro perduti saranno sostituiti da nuovi: se molti oggetti saranno costruiti da macchine con le stampanti in 3D, è inutile imparare oggi a realizzarli. Meglio specializzarsi nel printer design, nell’engineering delle macchine 3D e nella loro manutenzione.
E soprattutto, conclude il rapporto, i ragazzi che vanno oggi a scuola dovranno essere pronti a una vita professionale fatta di molte carriere, perché la realtà del mondo del lavoro cambierà sempre più in fretta e vincerà chi riuscirà ad adattarsi per primo. Come è sempre avvenuto nella storia della Terra, prima della breve e illusoria era del posto fisso.