11 novembre 2014
Catasto, dopo anni di attesa parte la riforma per il calcolo del valore: non più vani ma metri quadri e poi la qualità dell’immobile, l’anno di costruzione e il suo stato di conservazione, l’affaccio dell’appartamento e tutta una serie di altre variabili. Ma chi pagherà di più?
La Stampa,
I metri quadri anziché i vani, i valori reali di mercato invece delle rendite fissate un quarto di secolo fa, e poi la qualità dell’immobile, l’anno di costruzione e il suo stato di conservazione, l’affaccio dell’appartamento e tutta una serie di altre variabili (computate sia nel bene che nel male). Cambia – tranquilli, non da oggi, ma serviranno anni per mettere a regime l’intera macchina – il meccanismo di calcolo delle rendite catastali. Parte insomma l’ennesima riforma del Catasto. Obiettivo mettere ordine una volta per tutte nella classificazione degli immobili e far emergere le cosiddette «case fantasma» ancora sconosciute al Fisco.
Impresa titanica: si tratta infatti di attribuire un nuovo valore, più vicino a quello reale, colmando le tante disparità ancora esistenti tra un immobile e l’altro della stessa zona, a ben 63,5 milioni di beni, tra cui 35,2 milioni tra abitazioni e uffici, 26,4 milioni tra negozi ed edifici commerciali, ed un milione di «immobili speciali» (alberghi, teatri e cinematografi, ospedali, impianti industriali, ecc). Scontato il riflesso di questa operazione sulle tasse, non necessariamente al rialzo, anche perché la legge delega prevede che il gettito resti invariato.
Le nuove commissioni
Il primo passo il governo l’ha compiuto ieri dando il via libera definitivo al decreto legislativo che in applicazione della legge delega sul fisco d’inizio anno, riforma e riattiva le vecchie commissioni censuarie provinciali introdotte addirittura nel 1886 e da anni in disarmo. Il loro compito sarà quello di verificare e convalidare i nuovi valori catastali ottenuti a partire dai valori medi per metro quadro rilevati dall’Osservatorio del mercato immobiliare. Attraverso un algoritmo sarà elaborata la nuova rendita che avrà come riferimento principale i valori di locazione medi.
Macchina complessa
I tempi non si annunciano brevi, si parla di 3-5 anni almeno. Perché il meccanismo da mettere in moto è alquanto complesso. Ogni commissione «locale» sarà organizzata in 3 distinte sezioni (con competenze su revisione degli estimi, fabbricati e terreni). Vi faranno parte rappresentanti delle Entrate e degli enti locali, professionisti, tecnici, docenti ed esperti di statistica e di econometria, indicati da ordini e associazioni di categoria. I componenti di ciascuna sezione, in totale 6, saranno scelti dal presidente del Tribunale cui spetterà anche indicare il presidente della Commissione locale, scegliendo tra i magistrati o tra i presidenti delle commissioni tributarie. Le commissioni locali (organizzate di fatto ancora su base provinciale) avranno il compito di approvare i nuovi quadri tariffari e di collaborando alle revisioni del catasto urbano. Alla Commissione centrale, di fatto emanazione delle Entrate, spetterà invece il compito di valutare i ricorsi.
Le prossime tappe
All’appello mancano almeno altri 2 decreti attuativi a cominciare da quello che fissa i criteri per la messa a punto dell’algoritmo che servirà effettuare i calcoli, quindi dovranno essere rivisti i cosiddetti «ambiti territoriali» per superare vecchie zone censuarie e microzone. Verrà poi ridotto il numero delle categorie catastali e dalle attuali 45 si passerà a circa 30: solamente 3 per il settore residenziale contro le 10 attuali, 8-9 per le categorie ordinarie e 17-18 per quelle speciali. Infine dovranno essere fissati i criteri per calcolare in ogni nuovo ambito i parametri dell’«immobile tipo» per ogni tipologia e qualità di edificio. Come detto, un lavoro enorme, che richiederà anni.
I metri quadri anziché i vani, i valori reali di mercato invece delle rendite fissate un quarto di secolo fa, e poi la qualità dell’immobile, l’anno di costruzione e il suo stato di conservazione, l’affaccio dell’appartamento e tutta una serie di altre variabili (computate sia nel bene che nel male). Cambia – tranquilli, non da oggi, ma serviranno anni per mettere a regime l’intera macchina – il meccanismo di calcolo delle rendite catastali. Parte insomma l’ennesima riforma del Catasto. Obiettivo mettere ordine una volta per tutte nella classificazione degli immobili e far emergere le cosiddette «case fantasma» ancora sconosciute al Fisco.
Impresa titanica: si tratta infatti di attribuire un nuovo valore, più vicino a quello reale, colmando le tante disparità ancora esistenti tra un immobile e l’altro della stessa zona, a ben 63,5 milioni di beni, tra cui 35,2 milioni tra abitazioni e uffici, 26,4 milioni tra negozi ed edifici commerciali, ed un milione di «immobili speciali» (alberghi, teatri e cinematografi, ospedali, impianti industriali, ecc). Scontato il riflesso di questa operazione sulle tasse, non necessariamente al rialzo, anche perché la legge delega prevede che il gettito resti invariato.
Le nuove commissioni
Il primo passo il governo l’ha compiuto ieri dando il via libera definitivo al decreto legislativo che in applicazione della legge delega sul fisco d’inizio anno, riforma e riattiva le vecchie commissioni censuarie provinciali introdotte addirittura nel 1886 e da anni in disarmo. Il loro compito sarà quello di verificare e convalidare i nuovi valori catastali ottenuti a partire dai valori medi per metro quadro rilevati dall’Osservatorio del mercato immobiliare. Attraverso un algoritmo sarà elaborata la nuova rendita che avrà come riferimento principale i valori di locazione medi.
Macchina complessa
I tempi non si annunciano brevi, si parla di 3-5 anni almeno. Perché il meccanismo da mettere in moto è alquanto complesso. Ogni commissione «locale» sarà organizzata in 3 distinte sezioni (con competenze su revisione degli estimi, fabbricati e terreni). Vi faranno parte rappresentanti delle Entrate e degli enti locali, professionisti, tecnici, docenti ed esperti di statistica e di econometria, indicati da ordini e associazioni di categoria. I componenti di ciascuna sezione, in totale 6, saranno scelti dal presidente del Tribunale cui spetterà anche indicare il presidente della Commissione locale, scegliendo tra i magistrati o tra i presidenti delle commissioni tributarie. Le commissioni locali (organizzate di fatto ancora su base provinciale) avranno il compito di approvare i nuovi quadri tariffari e di collaborando alle revisioni del catasto urbano. Alla Commissione centrale, di fatto emanazione delle Entrate, spetterà invece il compito di valutare i ricorsi.
Le prossime tappe
All’appello mancano almeno altri 2 decreti attuativi a cominciare da quello che fissa i criteri per la messa a punto dell’algoritmo che servirà effettuare i calcoli, quindi dovranno essere rivisti i cosiddetti «ambiti territoriali» per superare vecchie zone censuarie e microzone. Verrà poi ridotto il numero delle categorie catastali e dalle attuali 45 si passerà a circa 30: solamente 3 per il settore residenziale contro le 10 attuali, 8-9 per le categorie ordinarie e 17-18 per quelle speciali. Infine dovranno essere fissati i criteri per calcolare in ogni nuovo ambito i parametri dell’«immobile tipo» per ogni tipologia e qualità di edificio. Come detto, un lavoro enorme, che richiederà anni.
Paolo Baroni
***
Corriere della Sera,
Per capire la portata della decisione, valgono le parole di Luca Dondi, responsabile del settore immobiliare e direttore generale di Nomisma: «Di riforma del catasto se ne parla da vent’anni, prima di cantare vittoria, sarei un tantino cauto». Se di riforma però si ricomincia a parlare è a causa del via libera definitivo di ieri del Consiglio dei ministri al decreto legislativo per le «commissioni censuarie». Due parole dietro cui in realtà si nasconde un’accelerazione verso la suddetta riforma.
Il Consiglio dei ministri infatti ha rimesso in moto le “dormienti” commissioni censuarie la cui nascita viene fatta risalire in Italia addirittura al 1886. Le commissioni saranno chiamate a validare i criteri su cui si baseranno le nuove valutazioni di calcolo delle rendite non più fatte in base ai vani ma ai metri quadri. Partendo dai valori di mercato rilevati dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate e tenendo conto di posizione e caratteristiche degli immobili, sarà elaborato un algoritmo per calcolare la rendita, partendo questa volta dai redditi di locazione medi e attraverso una formula matematica che intreccerà tutti i dati.
Fino ad oggi con il sistema di calcolo dei vani poteva succedere che un’abitazione, magari di 2-300 metri quadrati, venisse classificata in categorie con rendite molto inferiori. «Con i metri quadri le cose possono cambiare in meglio perché si prenderà in considerazione la dimensione effettiva degli immobili - conferma Dondi -. Ma sui nuovi valori di riferimento il processo sarà lungo e farraginoso». Per vedere attuata la "rivoluzione" sulle valutazioni catastali degli immobili serviranno ancora diversi anni, tre secondo i più ottimisti, almeno cinque per alcuni addetti ai lavori.
Accanto all’avvio dei lavori per rivedere i metodi di calcolo, su cui ci sarà un apposito decreto, dovrebbe infatti arrivare anche la riforma delle zone del catasto in modo da superare le micro aree attuali, con cui si dovrebbero ridefinire anche le categorie catastali (attualmente 45). Poi partirà il "censimento" dei circa 66 milioni di immobili italiani, con l’obiettivo di fare emergere le "case fantasma" ancora sconosciute al fisco. Quel che è certo è che il valore delle rendite catastali continuerà a determinare quello delle imposte (Imu e Tasi) e quello sulla compravendita. Questione non proprio marginale. «Attorno a questa riforma ruotano diversi temi - continua Dondi - primo fra tutti quello delle imposte sulla casa su cui hanno fatto leva gli ultimi governi per esigenze di gettito». Anche se nella delega fiscale l’impegno assunto è di lasciare invariata la pressione fiscale sui proprietari.
Per capire la portata della decisione, valgono le parole di Luca Dondi, responsabile del settore immobiliare e direttore generale di Nomisma: «Di riforma del catasto se ne parla da vent’anni, prima di cantare vittoria, sarei un tantino cauto». Se di riforma però si ricomincia a parlare è a causa del via libera definitivo di ieri del Consiglio dei ministri al decreto legislativo per le «commissioni censuarie». Due parole dietro cui in realtà si nasconde un’accelerazione verso la suddetta riforma.
Il Consiglio dei ministri infatti ha rimesso in moto le “dormienti” commissioni censuarie la cui nascita viene fatta risalire in Italia addirittura al 1886. Le commissioni saranno chiamate a validare i criteri su cui si baseranno le nuove valutazioni di calcolo delle rendite non più fatte in base ai vani ma ai metri quadri. Partendo dai valori di mercato rilevati dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate e tenendo conto di posizione e caratteristiche degli immobili, sarà elaborato un algoritmo per calcolare la rendita, partendo questa volta dai redditi di locazione medi e attraverso una formula matematica che intreccerà tutti i dati.
Fino ad oggi con il sistema di calcolo dei vani poteva succedere che un’abitazione, magari di 2-300 metri quadrati, venisse classificata in categorie con rendite molto inferiori. «Con i metri quadri le cose possono cambiare in meglio perché si prenderà in considerazione la dimensione effettiva degli immobili - conferma Dondi -. Ma sui nuovi valori di riferimento il processo sarà lungo e farraginoso». Per vedere attuata la "rivoluzione" sulle valutazioni catastali degli immobili serviranno ancora diversi anni, tre secondo i più ottimisti, almeno cinque per alcuni addetti ai lavori.
Accanto all’avvio dei lavori per rivedere i metodi di calcolo, su cui ci sarà un apposito decreto, dovrebbe infatti arrivare anche la riforma delle zone del catasto in modo da superare le micro aree attuali, con cui si dovrebbero ridefinire anche le categorie catastali (attualmente 45). Poi partirà il "censimento" dei circa 66 milioni di immobili italiani, con l’obiettivo di fare emergere le "case fantasma" ancora sconosciute al fisco. Quel che è certo è che il valore delle rendite catastali continuerà a determinare quello delle imposte (Imu e Tasi) e quello sulla compravendita. Questione non proprio marginale. «Attorno a questa riforma ruotano diversi temi - continua Dondi - primo fra tutti quello delle imposte sulla casa su cui hanno fatto leva gli ultimi governi per esigenze di gettito». Anche se nella delega fiscale l’impegno assunto è di lasciare invariata la pressione fiscale sui proprietari.
Corinna De Cesari