Il Sole 24 Ore, 11 novembre 2014
Al G20 la questione delle banche "troppo grandi per fallire". Un financial stabily board con nuove regole per evitare che i salvataggi passino per i contribuenti come nel 2008
Il G-20 tenta di risolvere il problema delle banche “troppo grandi per fallire”, evitando che eventuali salvataggi debbano essere finanziati con il denaro dei contribuenti, come è avvenuto nella crisi finanziaria globale del 2008-2009.
Il Financial Stability Board, che riunisce le autorità di controllo delle banche e dei mercati dei maggiori Paesi industriali e dei Paesi emergenti, ha pubblicato ieri una proposta, che sarà presentata il prossimo fine settimana al vertice del G-20 a Brisbane e che conta di vedere approvata entro il summit dell’anno prossimo, in base alla quale 30 banche, considerate di “interesse sistemico globale”, dovranno detenere capitale e debito per far fronte a eventuali perdite, in misura molto maggiore rispetto agli altri istituti di credito.
Secondo il documento dell’Fsb, queste banche (le più importanti sono Hsbc e J.P.Morgan; l’unica italiana nell’elenco è Unicredit; le tre banche cinesi saranno inizialmente esentate dai requisiti) dovranno avere una capacità di assorbimento totale delle perdite (Tlac) fra il 16 e il 20% dell’attivo ponderato sulla base del rischio. Questa percentuale può salire al 21-25%, tenendo conto di altri cuscinetti addizionali di capitale già previsti per le grandi banche. I regolatori nazionali potrebbero imporre requisiti più alti.
La proposta è aperta a commenti fino al febbraio del prossimo anno e le misure entrerebbero in vigore progressivamente, non prima dell’inizio del 2019. È uno “spartiacque” nel mettere fine al problema delle banche “troppo grandi per fallire”, ha detto ieri il governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, succeduto alla guida dell’Fsb a Mario Draghi, quando questi ha assunto la presidenza della Banca centrale europea. Il problema delle banche che con il loro fallimento possono mettere a repentaglio l’intero sistema globale, e che nel corso della crisi sono state salvate in molti casi con l’uso di denaro pubblico, è sul tavolo dell’Fsb da anni. “Una volta che questi accordi saranno messi in atto – ha detto Carney – avranno un ruolo importante nel fare in modo che le banche sistemiche di importanza globale possano essere portate a risoluzione senza il ricorso a sussidi pubblici e senza danni al sistema finanziario in generale”.
La Tlac dovrà essere anche almeno il doppio dell’indice di leva finanziaria fissato dal Comitato di Basilea delle autorità di vigilanza bancaria, cioè del rapporto del capitale di una banca a fronte dell’attivo totale. Questo ratio è temporaneamente fissato al 3%, ma potrebbe essere rivisto prima della decisione finale nel 2015. Oltre al capitale azionario di più alta qualità, Cet1, le banche possono utilizzare per creare questo cuscinetto debito subordinato che possa essere assorbito facilmente a fronte di perdite. Per evitare il contagio da una banca all’altra, i regolatori vogliono inoltre scoraggiare le banche, nota l’Fsb, dal detenere obbligazioni di altri istituti che possono essere utilizzate nei salvataggi in caso di crisi.
Le disposizioni potranno creare maggiori costi di raccolta per le grandi banche, costi che, sostiene l’Fsb, potranno essere trasferiti in parte sulla clientela. Nei prossimi mesi, l’Fsb condurrà uno studio sull’impatto delle nuove regole. Queste potranno avere come effetto, ammette l’organismo del G-20, la riduzione dei dividendi o dei bonus al personale.
È probabile che fra le critiche delle banche alla proposta ci sia appunto la questione di come remunerare gli azionisti, dovendo creare un cuscinetto di capitale sempre maggiore. Secondo diversi analisti del settore, l’onere più pesante di adeguarsi alle nuove regole ricadrebbe soprattutto sulle banche europee.