Libero, 11 novembre 2014
Considerazioni sull’esperimento partito da New York e poi arrivato anche a casa nostra di filmare la passeggiata di una donna e registrare i numerosi commenti maschili al suo passaggio. Un fischio non è molestia. Occhio al femminismo spiccio
Era qualche giorno che riflettevo su questo esperimento partito da New York e poi arrivato anche a casa nostra di filmare la passeggiata di una donna e registrare i numerosi commenti maschili al suo passaggio. C’era, nell’esperimento, qualcosa che non mi convinceva fino in fondo.
Poi ieri ho acceso la tv e guardando Sky Tg24 Pomeriggio mi sono imbattuta in un teatrino sconcertante. C’era un deputato della Lega, Cristian Invernizzi, che disquisiva di questioni politiche con una certa pacatezza. In studio, la conduttrice Paola Saluzzi e l’eurodeputato Lara Comi. A un certo punto, Invernizzi afferma che «in Italia c’è una democrazia stuprata». Apriti cielo. La chioma rossa della Saluzzi si incendia che manco la fiamma sull’altare della Patria e la conduttrice lo interrompe bruscamente, dando vita ad un inatteso cazziatone della serie «La prego, la invito a non utilizzare il termine stupro con tutto quello che questo termine significa per le donne… ritiri quello che ha detto non le consento di dire queste cose…». Invernizzi la guarda basito. Perfino la Comi, che da «il rossetto rosso invecchia» a «non è tanto il caldo, è l’umidità» quando c’è un po’ di populismo spiccio si butta a pesce, non capisce se la Saluzzi sia seria o abbia iniziato con gli psicofarmaci.
Dopo lo sconcerto iniziale, il deputato leghista le fa notare che dire «stuprare la democrazia» non offende le donne, non sminuisce una cosa seria come la violenza sessuale e che è in uso utilizzare tale verbo in maniera metaforica. A questo punto chissà cosa avrà pensato la Saluzzi di Matteo Renzi quando ha dichiarato «Io una maggioranza con chi mi accusa di stuprare la Costituzione non la farei» con riferimento a Sel. Come minimo si sarà convinta che il premier abbia utilizzato il libro della Costituzione per costringere ad atti contronatura il povero Vendola.
E insomma, terminato il teatrino surreale, sono tornata a pensare ai video delle passeggiate delle donne a New York e poi a Auckland e a Roma e a Napoli e così via e ho deciso di andare al di là dei titoli ad effetto (“100 molestie in dieci ore”) e di riguardarli con attenzione, perché fin dall’inizio mi era parso che “l’effetto Saluzzi” fosse dietro l’angolo, come uno stupratore seriale. E allora, andiamole ad analizzare queste molestie.
Le cento molestie newyorkesi sono sostanzialmente una decina di «Hey baby!», una ventina di «Hey beautiful», una decina di «Nice!», qualche «Damn!» («accidenti!») sparso, più di un «Have a nice day!» e così via. Il tutto pronunciato senza avvicinarsi alla ragazza, senza allungare una mano, senza una particolare insistenza. In un solo caso un tizio, decisamente inquietante e molesto, la segue affiancandola per alcuni minuti. Per il resto, io di individui degni di essere ribattezzati molestatori non ne ho visti. Ho visto qualche cretino, qualche innocuo bavoso, qualche gradasso. Ho visto qualche testa girarsi e qualche gomitata complice tra amici, ma onestamente nulla (a parte il tizio che l’ha seguita ) che possa turbare una donna. Infastidirla o imbarazzarla, forse, ma se quelle sono molestie, io dai tassisti in fila nelle varie stazioni ferroviarie di Italia sono stata stuprata più volte. I tassisti romani poi, col loro entusiasmo pirotecnico ogni volta che salgo sulla macchina di un collega, dovrebbero marcire a San Vittore dopo aver subito evirazione chimica per avermi stuprata più volte con i loro «Anvedi che fata!» o «Quanto sei bona!». E in effetti, il video girato a Roma non racconta una realtà tanto diversa. Le terribili molestie sono una sflilza di «Single?», «Ciao!», «Bellissima!», pure un aulico «Ma gli angeli non volano?». Più di un uomo chiede «Come stai?» o «Stai bene?», che voglio dire, io più che definire molestatore un uomo che si preoccupa di come sto, lo definirei «attento e premuroso», forse me lo porterei pure a casa. Insomma, finirei per molestarlo io.
Nel video girato a Napoli la ragazza in questione è decisamente più gnocca e appariscente delle altre. Eppure, i molestatori si limitano a qualche fischio, qualche bacio da lontano con schiocco, molti «Bellissima!», un improbabile «Sono lentine o occhi tuoi?» e un clamoroso «Nientedimeno!?». Con questo non voglio dire che sguardi addosso e commenti inopportuni non possano essere fastidiosi, ma bisogna distinguere tra molestia e colore, tra inopportuno e goliardico, tra invadenza e lusinga. Perché diciamolo: il «sei bella» detto da uno sconosciuto quel giorno in cui siamo uscite di casa sentendoci dei cessi a pedali, può anche far piacere, talvolta. Alimentare l’autostima. Una comitiva che urla volgarità al tuo passaggio è altro. È branco, molesto e urticante. Un uomo che ti segue continuando a chiederti il numero di telefono è un molestatore.
Ma ogni caso è a sé, e mettere insieme frasette innocue pronunciate dallo sfigato di turno con atteggiamenti realmente molesti banalizza un principio importante, che è quello del rispetto per le donne, toglie significato alla parola molestia e dà vita ad un femminismo spiccio che alle donne fa più male che bene. Io ho un’amica che è stata affiancata al semaforo da un ragazzo, abbagliato dalla sua bellezza, e un anno dopo se l’è sposato. Vi garantisco che non vi è stato abuso e non è stato un matrimonio riparatore.
Nel film Malena, le conturbanti camminate della Bellucci con gli sguardi allupati dei compaesani e gli apprezzamenti in dialetto sono entrate nella storia del cinema perché raccontavano il desiderio, non certo la molestia. In tante pellicole anni ’50 il fischio per strada alla Allasio di turno era folclore, non uno strizzare l’occhio allo stupro. Poi certo, in un mondo ideale dovremmo essere libere di girare per strada senza vedere strisce di bava sul marciapiede. Ma preferisco un «Sei bella» detto con garbo alla fermata dell’autobus che un «Non si dice democrazia stuprata!» pronunciato da una talebana del femminismo da bar.