Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 11 Martedì calendario

Si dà molta importanza alla sentenza di ieri sulle minacce a Saviano e alla Capacchione, non so se poi la sentenza, di condanna per l’avvocato e di assoluzione per i boss, sia davvero così decisiva, così epocale

Si dà molta importanza alla sentenza di ieri sulle minacce a Saviano e alla Capacchione, non so se poi la sentenza, di condanna per l’avvocato e di assoluzione per i boss, sia davvero così decisiva, così epocale.

Che cosa si doveva giudicare?
Si dovevano giudicare le minacce contro Saviano e Rosaria Capacchione pronunciate durante un’udienza del famoso processo Spartacus... Mi rendo conto che può risultare tutto molto confuso. Partiamo dall’inizio. Indagini molto lunghe, molto complesse, cominciate addirittura nel 1993, avevano portato alla luce il sistema di potere del clan camorristico dei Casalesi, guidato da gente come Michele Zagaria, Francesco Bidognetti, Antonio Iovine, Francesco Schiavone, nomi che le dovrebbero suonare in qualche modo familiari perché entrati, da allora ad oggi, in un’infinità di storie criminali. Costoro e la loro organizzazione vennero messi alla sbarra il 1° luglio 1998, il dibattimento andò avanti fino al 15 settembre 2005, la sentenza constava di 3187 pagine contenute in 550 faldoni, i condannati furono 95, gli ergastoli 16, le assoluzioni una ventina, quasi tutte di politici.  

Che importanza ha ricordare tutto questo?
La sentenza mezzo assolutoria di ieri va inquadrata nell’enormità di quell’indagine. Il libro di Saviano uscì l’anno dopo, la Capacchione scriveva ogni giorno sul “Mattino” le imprese di questi delinquenti, da tutto questo - processo, libro, articoli - avemmo per la prima volta contezza che la criminalità organizzata, a Casal di Principe ma non solo a Casal di Principe, era stata capace di penetrare ovunque, di tenere sotto controllo politico un intero territorio, di determinare scelte economiche e politiche nazionali. I condannati ricorsero in Appello e le minacce a Saviano e alla Capacchione furono un momento di questo processo d’Appello.  

Come andò?
Durante l’udienza del 13 marzo 2008, l’avvocato Michele Santonastaso, a nome di Bidognetti e Iovine, lesse un documento in cui chiedeva il trasferimento del processo a Roma, in base a quanto previsto dalla legge Cirami sulla legittima suspicione, accusava Saviano di aver tentato, con il romanzo Gomorra, di influenzare i giudici dell’Appello, in particolare accusando i giornali per non aver dato il dovuto risalto al dibattimento e alle relative sentenze di primo grado, sosteneva che le inchieste della Capacchione avrebbero favorito la Procura di Napoli, accusava anche Raffaele Cantone (l’uomo che oggi sta a capo dell’anticorruzione) di aver tentato di influenzare i magistrati dell’Assise. Tutti interpretarono quel documento come un’intimidazione ai protagonisti della lotta alla camorra, alla Capacchione fu data la scorta (Saviano ce l’aveva già), Napolitano telefonò al "Mattino" per solidarizzare. Partì un nuovo procedimento e questo nuovo procedimento è arrivato a sentenza ieri, dopo sei anni.  

I boss sono stati assolti.
I magistrati hanno giudicato non bastevoli le prove per condannare Bidognetti. Mentre su Iovine si è andati con mano leggera perché nel frattempo si è pentito. Tutti e due escono assolti «per non aver commesso il fatto». La colpa del clamoroso documento letto in aula nel 2008 (una sfida al mondo della gente perbene) è stata data tutta a questo avvocato Michele Santonastaso, condannato per minacce con l’aggravante della finalità mafiosa a un anno (pena sospesa) e al pagamento di ventimila euro alla Capacchione. Saviano ha commentato: «Assolti i boss, guappi di cartone che si sono nascosti dietro il loro avvocato. Non sono imbattibili,  non sono invincibili e la sentenza lo dimostra». Saviano spera che, grazie a questa condanna, sia possibile togliergli la scorta, che gli ha reso la vita molto difficile (se ne sta la maggior parte del tempo in America, quando va a prendere un caffè in un bar di Napoli lo fa in mezzo a una selva di armi spianate). «Dare la scorta a chi scrive significa permettere di scrivere e garantire un diritto costituzionale. Spero che questa sentenza possa essere un primo passo verso la libertà, che ora ci possa essere una mia vita nuova. L’Italia è un Paese complicato, non ho la sensazione che la battaglia antimafia sia una priorità». Antonello Ardituro, oggi al Csm, che condusse a suo tempo l’inchiesta come pm della Divisione antimafia di Napoli, ha detto che «si è trattato comunque di una condanna mai vista prima. L’avvocato del boss minaccia i giornalisti nel processo al fine di favorire il clan. Un pezzetto di storia».  

Chi è questo Santonastaso?
È in carcere ed è sotto inchiesta perché accusato di aver corrotto uno o forse più giudici di Napoli in modo da mandare assolto, per esempio, Antonio Iovine. È lo stesso Iovine, pentito, che lo accusa. Accusa lui, accusa un giudice, accusa un avvocato. La camorra era presente a Palazzo di Giustizia.